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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Napoli e il Cenone di Natale, Marino Niola: “Ad ogni piatto un significato che coniuga sacro e profano”

“I cibi comandati si chiamano ancora oggi “devozioni”, come nei banchetti sacri dell’antica Grecia. Questo perchè la nostra “abbuffata” natalizia è l’erede moderna delle antiche orge rituali”. L’intervista all’antropologo e scrittore napoletano

- Grandi protagonisti del Cenone sono anche i frutti di mare…

“Sono protagonisti come tutto il pesce in generale, perchè alla Vigilia è prevista una cena di magro, senza carne. Ma poi l’obbligo del mangiare di magro si rovescia nel suo contrario, in un’abbuffata. Le nostre tavole durante le vacanze di Natale diventano nature morte, traboccano di cibi di ogni tipo, di ostriche, cannolicchi, cozze, vongole. E poi c’è il pesce ricco e quello povero. Il baccalà era anche esso immancabile, in quanto pesce secco e quindi povero: oggi continua a essere presente sulle tavole ma come “sfizio”, perchè accanto vengono serviti anche pesci molto più costosi. La cena della Vigilia si basa sul principio del magro, ma di fatto è una Vigilia “rivissuta” dalla Società dell’abbondanza come la nostra. Per i nostri nonni il Natale era una festa dell’abbondanza, ma il resto dell’anno no, non era la Viglia tutti i giorni. Noi, invece, abbiamo spalmato la Vigilia su tutto il calendario”.

- Carica di valore simbolico è anche la minestra maritata del pranzo di Natale..

“La minestra è un piatto molto importante perchè rappresenta l’uscita dalla Vigilia, l’uscita dal magro, il trionfo, dove persino la verdura viene maritata con la carne. La verdura si “marita” con la carne che è il principio dell’abbondanza, un principio maschile. In altre zone di Italia si preparano minestre di erbe senza carne (il principio maschile), e per questo si chiamano minestre “vedove”".

- Il cibo - come ha anche detto lei - rappresenta anche la socialità, e non solo a Natale. Come può la tavola continuare a rappresentare il luogo, per antonomasia, delle relazioni sociali, anche in questo periodo in cui i legami sono vissuti prevalentemente a distanza?

“La tavola rappresenterà comunque il luogo delle relazioni sociali, in parte in presenza - mi riferisco ai nuclei familiari ristretti - e in parte a distanza. Sarà un Natale “mononucleare”, ma potremo comunque connetterci con le persone care anche in altri modi. Potremo mettere insieme la presenza reale con quella virtuale. In questo la tecnologia ci aiuterà molto. Dovremo coniugare il “desk” e il “desktop”. E’ anche questo un modo per far fronte all’emergenza”.

- Alla luce di questa situazione difficile e di isolamento forzato, quale messaggio vuole mandare ai napoletani per questo Natale?

“Resta comunque Natale. Facciamo appello alla nostra capacità di far fronte alle emergenze. Prepariamoci a trascorrere un Natale “diverso” che, però, deve continuare a conservare lo spirito della festa. Non dimentichiamo che spesso queste adunate familiari, che ora rimpiangiamo, l’eccesso di parenti stipati in piccoli spazi, ci infastidivano. Ricordiamo a quel “made in Italy” della vita che è l’arte di arrangiarsi, e troviamo soluzioni per far fronte a questa emergenza, sperando di lasciarci alle spalle il 2020 e di iniziare un 2021 che ci consenta di tornare ad essere quelli di sempre”.

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