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“'O suffritt” napoletano, storia e ricetta del piatto tipico partenopeo

La zuppa forte veniva preparata dalle venditrici di “zuffritto” e venduta in strada ai lavoratori che usavano fermarsi, a prima mattina, con il "palatone" per imbottirlo di soffritto e mangiarlo durante la pausa pranzo

La zuppa forte, o soffritto, è un antico piatto della tradizione culinaria napoletana, generalmente preparato nella stagione invernale. Servito su fette di pane casereccio raffermo o utilizzato come condimento per la pasta, il soffritto è una pietanza della “cucina povera” napoletana: per preparalo venivano utilizzate le interiora del maiale (polmone, cuore, reni, milza, trachea, cotenna, scarti carnei, lardo) - era usanza delle famiglie povere riciclare in cucina tutte le parti di questo animale -, sugo, rosmarino, peperoncino e alloro. Un tempo lo si preparava in casa, oggi è possibile trovarlo già pronto dal macellaio, basta solo aggiungere dell’acqua e scaldarlo sul fuoco. Ma quali sono le sue origini? La ricetta originale, risalente agli inizi dell’800, viene riportata nel primo vero ricettario napoletano, “La Cucina Napoletana”, scritto da Jeanne Carola Francesconi nel 1965. L’autore descrive così questo piatto delizioso: "Quando non avevamo il pomodoro e nemmeno i peperoni, mangiavamo il zuffritto, una zuppa tradizionale napoletana, povera e proletaria. Si preparava, infatti, con gli scarti della macellazione del maiale ovviamente d’inverno, e si mangiava tradizionalmente in filoni di pane casereccio raffermo, svuotati dalla mollica ed usati a mo' di contenitore”.

“'O zuffritt” veniva venduto nella Napoli antica dalle venditrici di “zuffritto”, casalinghe che preparavano la zuppa forte e poi la vendevano in strada per guadagnare qualche soldo. Cominciavano la mattina presto (per cucinare la zuppa ci vogliono almeno 2 ore), ponevano la "fornacella" fuori dalle loro abitazioni - i cosiddetti "vasci" (i bassi) - e cuocevano le frattaglie in grossi pentoloni. Le persone che si incamminavano a quell’ora verso il luogo di lavoro usavano fermarsi dalle donne con il "palatone" (grosso e lungo pezzo di pane) per imbottirlo con il soffritto e mangiarlo durante la pausa pranzo.

Ad aver amato in modo particolare il soffritto fu il poeta napoletano Salvatore Di Giacomo. Per omaggiare la taverna “La Paglairella”, al Vasto 65, nel quartiere Vicaria, scrisse questa parole: “…Qui veniva a mangiare gente più fine, che sollevava a onori non più immaginati il suffritto…”. Il soffritto veniva chiamato anticamente anche “tosciano". I garzoni delle taverne, dove veniva servita la pietanza, erano soliti richiamare l’attenzione dei passanti con le loro voci riportate in una commedia di Pietro Signorelli dallo studioso Ulisse Prota-Giurleo: “Currite cannaruti (affamati), ca mo’ propriol′accuppatura de lo tosciano.E’ cuotto, e tengo pure na veppetella d’amarena che co l′addore te rezorzeta (resuscita) no muorto;currite ‘mbreacune, a sei trise(tornesi) la carrafa e tengo la mangiaguerra pure a doje trise.”

Lo stesso Ulisse Prota-Giurleo sostiene, inoltre, di aver ritrovato la ricetta del soffritto manoscritta sul retro di uno strumento notarile risalente al 1743, probabilmente dettata da una certa Annarella, proprietaria di una taverna a Porta Capuana, frequentata soprattutto da legali: “Prendi un polmone di porco, taglialo a pezzetti e mettilo in una cassarola a soffriggere con inzogna (strutto) abbondante, e se ti piace un senso d’aglio e qualche fronna (foglia) di lauro. Quando s’è ben soffritto aggiungi un paio di cucchiaiate di conserva di peparoli (peperoni) rossi dolci, per darli un bel colore, e cerasielli (peperoncini piccanti a forma di ciliege) in polvere quanti ne vuoi, per darli il forte, aggiungendovi una competente quantità d’acqua col sale o di brodo, e continua a far cuocere tutto a fuoco lento. Se dapprincipio non ci hai posto le fronne di lauro e vuoi darli sapore, mettici a questo punto un mazzetto di erbe aromatiche, cioè Rosmarina, salvia, lauro, majorana e peperna. Quando vuoi servirlo, togli dette erbe e spargilo fumante nei piatti, sopra croste di pane”.

RICETTA DEL SOFFRITTO NAPOLETANO

INGREDIENTI PER 4 PERSONE:

  • 800 gr di "frattaglie di maiale” (interiora: fegato, cuore, milza, polmoni e trachea)
  • 1 spicchio d’aglio olio evo 
  • 50 gr di sugna  
  • 1 bicchiere di vino rosso
  • 50 gr di concentrato di pomodoro
  • 200 gr di passata di pomodoro San Marzano
  • 1-2 peperoncini piccanti
  • 2 foglie di alloro
  • sale q.b.

PREPARAZIONE:

Sciacquate le frattaglie per eliminare tutti i residui di sangue. Tamponatele con un panno e tagliatele a dadini non troppo piccoli. In una pentola fate rosolare piano l'aglio, il peperoncino spezzettato e l'alloro con olio e sugna, poi aggiungete le interiora del maiale. Cuocete per qualche minuto a fuoco vivace e poi aggiungete il vino rosso. Mescolate, lasciate evaporare ed unite anche la passata di pomodoro e il concentrato (che avrete diluito con un pochino d'acqua). Salate a piacere e proseguite la cottura per circa un'ora (il sugo, dovrà restringere all'incirca della metà). Servite il soffritto a zuppa con crostini o pane tostato oppure usatelo per condire la pasta (spaghetti).

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