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Un anno con Carlo, ci sono persone che non vanno via. Restano per sempre

La scomparsa di Carlo Longobardi

Sono trascorsi 395 lunghi giorni dalla morte di Carlo Longobardi, uomo di cultura, giornalista, grande conoscitore di calcio e di musica, potremmo dire influencer visto il seguito che aveva sui social con le sue scanzonate e lucide analisi dei principali fatti di cronaca. Soprattutto uno degli ultimi, rari napoletani veri: di quelli che ti aprono il cuore e le porte di casa, che ci sono sempre e sanno farti ridere anche nei momenti più tragici.

Fu lui, durante il primo lockdown, ad organizzare per il cognato Arturo, ucciso dal Covid, il primo, commovente, funerale via social con gli amici collegati, in silenzio e lacrime, mentre dal terrazzo della sua casa diffondeva le note più struggenti di Pino Daniele tra i Quartieri Spagnoli e via Toledo. A febbraio 2021 era toccato quindi a lui fronteggiare il Covid che, entrato subdolamente nella sua casa, non era stato indolore e aveva lasciato strascichi, fino alla rimonta del male che aveva tenuto a bada per 8 anni, e al ricovero al Policlinico federiciano.

Ascolto musica come se niente fosse

Il mese scorso la moglie Melania Tramaglino lo ha ricordato alla Basilica della Pietrasanta, piena zeppa di amici, presentando il suo libro postumo “Ascolto musica come se niente fosse”: la visione di Carlo della Terra “come grande, lenta palla, clamorosamente variegata e chiaramente tonda... un mondo visto con gli occhi di un bambino sereno, di un adolescente "tritematico" (pallone, musica e...), di un uomo pieno di dubbi, circondato d'amore eppure indifeso come in un guscio di noce in mezzo al mare, di un poetucolo che mette insieme versi con la traballante convinzione di trasferire emozioni, che entrano dentro, scavano l'anima, lasciano tracce indelebili. Ognuno di noi, spesso, cerca diversivi indossando maschere. Io... ascolto musica, come se niente fosse”.

L’ho conosciuto a poco più di 20 anni. Anche se ci si vedeva sempre più di rado, è stato una presenza costante, con la sua aria sorniona, capace di comprendere i silenzi come solo i veri, grandi amici sanno fare.

Volevo esserci alla Pietrasanta e ancora di più oggi, alla commemorazione organizzata dalle sue splendide sorelle, Fortuna e Nunzia, alla Chiesta  di San Luigi Gonzaga dei Padri Gesuiti, a via Petrarca. Ma non sono andata. Perché oggi, come ieri, come sarà domani, per me Carlo c’è. Non se ne è “andato”. Non è “scomparso”. Io non l’ho perso. E’ accanto a me, con me, ogni giorno. Quando il Napoli segna e quando delude. Ogni volta che mi arrivano le note di una canzone di Pino Daniele. E anche quando alzo lo sguardo in cucina e vedo in cima a un pensile il biberon di Cristina che è rimasto là come se il tempo non fosse mai trascorso.

E passato un anno e un mese, ma con Carlo, non senza di lui.

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