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Covid-19, plasma iperimmune, anticorpi monoclonali e vaccino: il dott. Bruno Zuccarelli spiega le differenze

“Il vaccino ha uno scopo preventivo, serve a immunizzare l’organismo. Il plasma iperimmune viene somministrato, invece, come ausilio terapeutico, in combinazione con altri farmaci, a pazienti infetti con sintomi non molto gravi”. L’intervista al direttore del Centro Trasfusionale dell’ospedale Monaldi

Mentre buona parte delle ricerca scientifica sta concentrando i suoi sforzi per trovare al più presto un vaccino efficace contro il Covid-19, proseguono di pari passo le sperimentazioni per creare farmaci in grado di curare l’infezione in corso. Tra le migliori strategie terapeutiche, in fase di sperimentazione, c’è il plasma iperimmune, già utilizzato nel 2002 e nel 2009 nella cura della SARS e della MERS con ottimi risultati. Si tratta di un ausilio terapeutico utile, se usato in combinazione con altri farmaci, a trattare i pazienti con sintomi non molto gravi. Per valutare la sua efficacia già a maggio è partito lo studio “Tsunami” (TranSfUsion of coNvalescent plAsma for the treatment of severe pneuMonIa due to SARS-CoV-2), autorizzato dal Comitato Etico dell’INMI “L. Spallanzani” di Roma, cui ha aderito anche l’Azienda Ospedaliera dei Colli (Cotugno, Monaldi e CTO). Il protocollo sperimentale, riavviato qualche settimana fa, prevede il reclutamento di donatori volontari che presentano un'elevata carica anticorpale contro il Covid-19 e la somministrazione del plasma raccolto in pazienti infetti. Non tutti, però, sono idonei per la raccolta. Possono donare solo i pazienti, sottoposti a screening, ritenuti “ideali” perché senza patologie concomitanti e con un alto livello anticorpale. Ma oltre al vaccino e al plasma iperimmune, c’è anche un’altra strada che la ricerca sta percorrendo per contrastare il nuovo Coronavirus: gli anticorpi monoclonali, una vecchia strategia terapeutica che la medicina usa per i tumori e le malattie autoimmuni, e che potrebbe servire sia come cura che come profilassi. Ma per capire se queste “armi” siano davvero efficaci contro il Covid-19 bisogna attendere che la sperimentazione completi il suo corso. Nel frattempo abbiamo raggiunto e intervistato il dott. Bruno Zuccarelli, direttore del Centro Trasfusionale dell’ospedale Monaldi di Napoli, per capire a che punto è la sperimentazione del plasma iperimmune, in che modo viene prelevato e a quali pazienti viene somministrato.

- Plasma iperimmune, anticorpi monoclonali e vaccino anti-Covid. Quali sono le differenze?

“Il plasma iperimmune è il plasma contenente le immunoglobuline, cioè gli anticorpi contro il virus preformati nell’organismo del donatore che ha avuto il Covid in forma sintomatica o asintomatica ed è guarito clinicamente. Il plasma viene prelevato solo dopo avere sottoposto il candidato donatore a esami specifici che abbiano rilevato l’idoneità clinica più importante: la negatività al nuovo Coronavirus. Il paziente per essere “idoneo” deve risultare negativo anche ad altre patologie quali l’Epatite B, Epatite C, AIDS, Epatite A, Epatite E , ecc. Dopodichè si procede con la rilevazione nel sangue degli anticorpi contro il Covid-19: se sono presenti, si verifica che questi siano capaci di neutralizzare il virus in questione. In caso positivo, viene raccolto il plasma del donatore e poi somministrato al paziente infetto. Con il vaccino, invece, viene iniettato il virus attenuato o in amplificazione da un punto di vista laboratoristico per stimolare la produzione di anticorpi contro il virus. Il vaccino richiede un tempo di latenza per produrre gli anticorpi (10/15 o anche 20 giorni). Con il plasma iperimmune, invece, gli anticorpi sono già pronti: hanno, quindi, un’efficacia immediata. Gli anticorpi monoclonali sono, invece, farmaci selettivi, preparati in laboratorio, che agiscono sul clone specifico interessato, in questo caso, dal virus Covid-19”.

- Quali funzioni hanno e dopo quanto tempo dalla somministrazione hanno effetto?

“Il vaccino viene somministrato in via preventiva per immunizzare l’organismo. Sono necessari – come dicevo prima – circa 15/20 giorni, in genere, per l’immunizzazione totale o parziale. Il plasma iperimmune viene somministrato, invece, a quei pazienti infetti, sintomatici, che non si trovano in uno stadio molto avanzato della malattia, ma che sono ricoverati in ospedale, quindi necessitano di cure ospedaliere. Entro 7/10 giorni dal ricovero, come ausilio terapeutico, insieme ad altri farmaci quali antivirali, cortisone, eparina, ecc,. può essere usato anche il plasma iperimmune”.

- Alcuni vaccini, i più promettenti, stanno per giungere alla fase conclusiva della sperimentazione. A che punto è la sperimentazione del plasma iperimmune e degli anticorpi monoclonali?

“Al momento lo studio sui monoclonali non ha ancora dato risultati, non sono stati validati e immessi in commercio, sono oggetto di sperimentazione ma non sono disponibili come terapia. Sul plasma iperimmune ci sono, invece, già molti studi seri avviati, tra cui “Tsunami”, al quale ha aderito anche l’AORN- Ospedali dei Colli. L’obiettivo del protocollo sperimentale è la raccolta di dati per dimostrare un’efficacia da validare clinicamente”.

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