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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cultura

Presentato Robinù, il film documentario sulla paranza dei bambini

Michele Santoro: "Sono le storie di ragazzi che non hanno altre possibilità. Killer spietati che convivono con la morte, ma hanno una grande passione per la vita"

Alla Mostra del cinema di Venezia è stato presentato il film documentario Robinù, inchiesta sui baby boss della camorra. Mattatore dell'occasione Michele Santoro, che spiega così il cuore della pellicola: "Rispetto alla fiction, che è costretta a tipizzare i personaggi, qui esce fuori una dimensione sentimentale, più profonda. Questi baby boss sono killer spietati ma la cosa sorprendente è che la convivenza con la morte è associata ad una grande passione per la vita". Il documentario sarà nelle sale nella seconda metà di ottobre, distribuito da Videa.

Girare nei quartieri, conquistare la fiducia delle persone, è stato un lavoro particolarmente articolato. Al centro, la paranza dei bambini, cui si devono oltre 60 morti. "Siamo partiti da questa grande notizia dimenticata – spiega Santoro – approcciandola con curiosità ed attenzione e ci siamo trovati di fronte una lezione pasoliana. Una realtà in cui tra quartiere e carcere c'è una continuità quasi urbanistica. Abbiamo seguito le storie di quattro di questi baby boss, che oltre al cinismo resistituiscono uno spaccato di grande umanità: le famiglie, i figli, gli amici, il quartiere. Una sorta di welfare criminale, che si regge sul pil prodotto dalla grande 'fabbrica' della droga".

Il problema è che "questi ragazzi – prosegue il giornalista – non hanno una possibilità diversa"."Raccontare questa realtà non vuol dire essere assolutori – precisavuole dire credere nella Costituzione di questo paese e sentire il rimorso per quello che dovremmo fare e non facciamo. Il carcere purtroppo non è un luogo di recupero ma parte della 'carriera' degli aspiranti boss".

"Mi farebbe piacere che la Rai lo trasmettesse in prima serata, sarebbe una scelta editoriale – ha aggiunto il giornalista – I nuovi vertici dell'azienda hanno tutti gli strumenti culturali per farla, senza scambiare questo per una provocazione, la tv è innanzitutto una scelta politica: in che modo creare attrito con la realtà?, sarebbe un peccato che prima si vedesse sulla pay tv".

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