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‘Il buco in testa’, la sofferenza lasciata dal terrorismo degli anni ’70 vista da Capuano

Presentato in anteprima mondiale a Torino l’ultimo film del regista napoletano ispirata alla vicenda di Antonia Custra. Protagonisti Teresa Saponangelo, Francesco Di Leva e Tommaso Ragno.

Un tuffo nel dolore che gli anni di piombo hanno lasciato, attorno a questo si costruisce Il buco in testa, l’ultimo film del regista napoletano Antonio Capuano presentato fuori concorso alla 38esima edizione del Torino Film Festival che quest’anno a causa dell’emergenza sanitaria si svolge interamente in streaming. Prodotto da Eskimo con Rai Cinema in associazione con Minerva Pictures e Mad Entertainment, Il buco in testa è ispirato alla storia vera di Antonia Custra, scomparsa nell’agosto del 2017 a soli 40 anni, che decise di perdonare Mario Ferrandi, l’uomo condannato per l’omicidio del padre, il vicebrigadiere di Pubblica Sicurezza, assassinato a Milano nel maggio del 1977 durante una manifestazione di militanti di estrema sinistra qualche mese prima che Antonia nascesse. La ragazza, inoltre, scelse di dare parere favorevole quando Ferrandi chiese e ottenne la riabilitazione.

Avevo solo sentito la sua voce alla radio, un’intervista. Il racconto che ne faceva era semplice, spedito, quasi allegro. I media le stavano prestando attenzione, perché questa ragazza aveva voluto incontrare, caso unico, l'assassino del padre” racconta Capuano e continua “Mi misi subito a cercare i suoi recapiti, il numero di telefono. E le telefonai. Le dissi che l'avevo sentita alla radio e quanto mi era piaciuta. Da allora più di una volta la chiamai, e sempre parlammo cordialmente. Poi le dissi che avrei voluto, dalla sua storia, tirar fuori un film. Lei cominciò a difendersi, sottrarsi. Diceva che la sua storia era troppo brutta. Ma io non la mollai e dopo un po' lei mi chiese di dirle il motivo vero che avevo. E a che, e a chi, sarebbe servito un film così. Se non raccontiamo queste cose al cinema a che ci serve il cinema? dissi ad Antonia”

Attori di teatro per raccontare la sofferenza di Antonia Custra

Per raccontare il trauma dal quale non si è mai davvero ripresa quella ragazza ‘nata morta’, come la definisce lo stesso Capuano, il regista sceglie un cast di attori provenienti dal teatro come Tommaso Ragno, attualmente in tv con la quarta stagione di Fargo, Francesco Di Leva e Teresa Saponangelo che incarna in modo toccante Antonia che nel film è chiamata Maria Serra.

Il buco in testa è portato avanti dalla Saponangelo animando, con uno sguardo denso di malinconia e un linguaggio aspro, le frustrazioni, le zavorre e la rabbia di un’esistenza che sembra essere irrisolta, bloccandola in una sofferenza più grande di lei e che l’accompagnata dalla nascita.

Intervista a Teresa Saponangelo

Teresa, come è andato questo primo passaggio de Il Buco in Testa al Torino Film Festival?

Ci sono stati bellissimi riscontri apprezzando il rigore ma al tempo stesso il calore del film. Sono felice perché significa che la storia emoziona toccando le corde giuste”.

Vivere online una vetrina importante come quella di Torino per il lancio di un film che effetto fa?

L’ho interpretata come una forma di resistenza. Fa bene che ci sia, perché l’assenza totale di eventi del genere metterebbe una totale angoscia. Ben vengano scelte alternative finché non si ritorna in sala. È un modo per avvertire la presenza del pubblico e come reagiscono a una prima visione. Ovviamente adattarsi alla dimensione digitale deve essere momentanea…”

La storia di Maria Serra è ispirata alla vicenda di Antonia Custra. Hai avuto modo di parlare con qualcuno che l’ha conosciuta?

No, ho avuto modo di parlarne solo con Antonio Capuano che l’aveva conosciuta. La sua è stata davvero una vicenda molto triste, lei ci ha messo tutta la vita a ricostruire l’immagine del padre e a trovare pace con sé stessa e quando ci è riuscita è morta prematuramente di cancro. In principio, non voleva nemmeno che si facesse un film che parlasse della sua storia. Avrebbe voluto solo un po’ di serenità”.

È un personaggio costruito meticolosamente anche nelle piccole azioni che sembrano quasi liturgici come mettersi il rossetto o accendersi la sigaretta. Come ti sei preparata per questo ruolo?

Ho seguito le indicazioni di Antonio. L’abbiamo costruito insieme sul set, man mano che andavamo avanti. È stato come quando si monta uno spettacolo in teatro. Infatti, nel film non manca un impianto teatrale: i lunghi monologhi presenti in sceneggiatura; Maria che si rivolge spesso al pubblico, infatti lo sguardo dello spettatore è attaccato al suo volto. È molto stimolante per un attore”.

È come se Maria Serra avesse conosciuto solo il brutto del mondo. Dal lavoro che hai fatto è come se tu dessi corpo a tutto questo, tanto che lo spettatore condivide la sua angoscia…

Grazie, sono contenta di questo. Non è facile costruire un personaggio duro, a tratti respingente. A volte, Maria è poco gradevole in ciò che dice. La sua durezza arriva dalla sua grandissima fragilità. La sua vita è bloccata, infatti non riesce ad afferrare nulla, non un lavoro, non una relazione serena…”

È la storia di un'ossessione, che si trasforma in una missione per placare quella sofferenza e per curare ciò che la dilania, nel tentativo di trovare il posto nel mondo. Qual è stata la tua prima sensazione quando hai letto il copione?

Quando mi capitano storie così forti, il mio primo impatto è quello di ammorbidire. Mentre leggevo la sceneggiatura pensavo: ‘Ma perché deve dire tutte queste parolacce?’ (ride ndr) Ovviamente, non sono pretestuose, il regista le ha inserite proprio per evidenziare quella rabbia che la spezza. L’amore per un personaggio non è immediato dopo la prima lettura, a volte nasce sul set. Io l’ho compresa nel mezzo delle riprese, quando l’ho tradotta fisicamente. Ciò mi accade spesso. Io capisco un personaggio quando lo vivo. Maria, l’ho capita durante le riprese. Poi alcune cose le ho apportate anch’io quando a un certo punto ho avvertito una vicinanza, poiché, come lei, ho perso da piccola mio padre. Come Maria, anch’io avevo pochi racconti di mio padre”.

La Pandemia, con la crisi e i problemi che ha portato con sé, sembra aver preso il sopravvento sugli argomenti mettendo in secondo piano altri. Oggi, che valore ha un film che affronta un tema di questo tipo?

Io credo che ci sia il bisogno di spostare l’attenzione anche su altro, anche per non restare schiacciati psicologicamente da questo momento drammatico che stiamo vivendo. Il nostro film sollecita a riflettere a un periodo storico che non è concluso. Difatti, alcune tematiche attuali fanno da sfondo nella storia del Buco in Testa come il confronto, talvolta aggressivo, tra gruppi di estrema destra e sinistra che non sono spariti nella nostra attualità. La differenza è che nel passato lo scontro era frontale, invece, adesso è mediatico oppure, c’è un’aggressività violenta presente, soprattutto, nelle periferie.

Bisogna parlare della Pandemia ma, al tempo stesso, non bisogna parlare meno di altri temi importantissimi che riguardano problemi che non sono risolti. In Italia abbiamo da anni delle situazioni critiche che la Pandemia ha accentuato, partendo proprio dalla sanità pubblica che è sempre stata ingiustificabile a causa dei tagli fatti in alcune regioni e che adesso è intollerabile. Potremmo farne tanti di esempi, la lista è lunghissima”.

I cinema per ora sono chiusi. Quale potrebbe essere il cammino di un film come Il buco in testa se dovessero verificarsi ulteriori complicazioni legate alle riaperture?

Spero di sbagliarmi, ma sono scettica su un’eventuale apertura dopo il 3 dicembre. Per ora ci sono dei problemi forti che riguardano le distribuzioni delle pellicole. Ci sono film importanti che restano fermi senza sapere quando usciranno. Io spero che si ritorni nelle sale cinematografiche e che il pubblico abbia voglia di ritornarci, che non si disabitui a vedere un film al cinema visto che in questi mesi le piattaforme si sono imposte in modo massiccio. Questo nuovo tipo di fruizione resterà e tenderà a crescere sempre più, ma spero che ci saranno dei film come Il buco in testa che si vorrà visionare sempre in sala”.

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