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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Omicidio Materazzo: sull'arma del delitto il dna dell'imputato

La scientifica incastra Luca in aula. Tracce anche sul casco. Lui si difende: «Non sono il mostro di Firenze»

Profili genetici sia dell'imputato che della vittima trovati su un pugnale da sub. È quanto sono stati in grado di isolare gli agenti della polizia scientifica nel corso delle indagini per l'omicidio di Vittorio Materazzo. A testimoniarlo sono stati gli stessi poliziotti durante l'udienza di oggi del processo a carico del fratello dell'ingegnere ucciso, Luca Materazzo, unico imputato per il delitto del 28 novembre 2016. Secondo la dottoressa Elena Improta della polizia scientifica le tracce di dna della vittima e del fratello sono state ritrovate sia sul coltello utilizzato per l'omicidio che su un casco di cui Luca denunciò la scomparsa. Inoltre altre tracce sono state ritrovate su alcune buste in un vicolo vicino al luogo del delitto.

Un quadro indiziario chiaro, anche alla luce delle precedenti testimonianze che parlavano proprio di un uomo con il volto coperto da un casco oltre che delle numerose coltellate subite dalla vittima. La testimonianza della scientifica non è stata l'unica della giornata. Dinanzi ai giudici della Corte d'Assise è intervenuta anche Valentina Guglielmi, l'amica dell'imputato che gli ha dato ospitalità dopo il delitto e con cui è andata da un avvocato. Secondo la teste l'avvocato interpellato disse: «Se fosse mio cliente le consiglierei di andarsene».

Una circostanza che lo stesso Materazzo ha voluto smentire ribattendo che invece il legale gli aveva detto che la vicenda processuale non dipendeva dalla sua presenza. Così Materazzo decise di darsi alla latitanza anche perché non si sentiva al sicuro a Napoli e né tantomeno nella sua abitazione. L'imputato si è lasciato andare alla fine ad un «non sono il mostro di Firenze». La prossima udienza, prevista per il 25 ottobre, verranno ascoltati gli ultimi testimoni tra cui la moglie della vittima, Elena Grande.

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