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Domenica, 28 Aprile 2024

I Napoletani? "Brutti, sporchi e cattivi"

Quanto fa paura lo scudetto del Napoli

Era il 1976 quando uscì nelle sale “Brutti, sporchi e cattivi”, il film di Ettore Scola con un magistrale Nino Manfredi che ritraeva impietosamente una enorme famiglia povera della periferia romana e tutte le sue infinite miserie, materiali e morali, che non avevano possibilità di riscatto e neanche lo cercavano perché non erano in grado di capire cosa fosse. Ed è proprio così che da qualche giorno dobbiamo apparire noi napoletani felici per la possibilità che la squadra di calcio che porta il nome della città riesca – finalmente – ad aggiudicarsi il campionato.

Tra l’allarmato e il paternalistico, prontamente è intervenuto il primo cittadino (sarà un caso che da ragazzino tifava Juventus?) dichiarando "Dobbiamo rispettare la città. Sono d'accordissimo che ci sia gioia, festa, che ci siano degli striscioni e interventi creativi... si vedono delle cose molto belle che si stanno facendo partendo dal basso. Di questo sono molto contento. Se poi si dipingono monumenti, edifici che poi restano e che devono essere rimessi a posto con risorse pubbliche penso che questo non sia giusto". Peccato che di monumenti dipinti – allo stato – non se ne siano visti. E se qualche murale celebrativo è spuntato, è stato in zone decisamente prive non solo e non tanto di arredo urbano, ma dei più elementari servizi, tanto da essere periferia nel cuore della città, dimenticata, trascurata, ignorata: è il caso, ad esempio, di Piazzetta Miracoli, dove i tifosi e gli abitanti e i commercianti si sono tassati per fare realizzare il bel murale che ritrae Maradona da uno dei più gettonati street artist del genere nella speranza – dichiarata - di portare un po’ di gente tra concittadini e turisti in un luogo ricco di potenzialità ma lasciato praticamente a se stesso.

A rincarare la dose ci pensa quindi la campagna di civiltà partita sui social, di cui certamente i napoletani, lazzari e beceri, necessitavano contro i verniciatori abusivi che stanno colorando di bianco ed azzurro con pittura indelebile muri, strade e marciapiedi.

Napoletani incivili e sozzoni, dunque. Ma non è tutto.

Al di là del vandalismo da festeggiamenti, che metterà a rischio monumenti, edifici, auto parcheggiate in strada - c’è anche allarme perché i fenomeni criminali registrano un incremento quando ci sono grandi assembramenti di persone: il timore è quello di un’impennata di rapine, ma anche di fatti di sangue, riportano diversi giornali on line evidentemente andando coi ricordi all'11 novembre del 1980, quando il terremoto nel carcere di Poggioreale fu l'occasione per agire per i sicari della NCO.

Dunque napoletani vandali, rapinatori e assassini. E ancora non è finita.

“Le strade stracolme di tifosi permetteranno il passaggio dei mezzi di soccorso per le emergenze ordinarie?", si chiedono tantissimi commentatori.

Napoletani selvaggi e criminali

Altro che brutti, sporchi e cattivi: siamo selvaggi senza decenza, barbari assassini, ignobili decerebrati senza cultura e senza educazione e senza rispetto per la vita altrui.

Lo siamo davvero? Tutti? Tutta la metropoli partenopea?

È una narrazione a dir poco molto pericolosa, per una Napoli che faticosamente ha lottato e lotta per riscattare la sua immagine e il suo nome, e in questi 33 anni ha creduto di riuscirci aprendo la sua sconfinata bellezza a migliaia di turisti che finalmente passeggiano sul lungomare, nel Centro storico, per i Quartieri Spagnoli. Una Napoli che ha lottato e lotta seguendo l’esempio del suo idolo e profeta, D10s Maradona che ha insegnato  che è possibile andare oltre gli stereotipi, i pregiudizi, i razzismi e vincere. Vincere su tutto e tutti.

Un ritratto di un popolo e una città che sinceramente risulta più orribile e durevole della vernice con cui è stato dipinto il meraviglioso scudetto a Salita Paradiso, fino a una manciata di giorni fa sconosciuta ai più e ora meta di turisti e cittadini e segno di integrazione di un altro pezzetto di città, o dei mille e mille festoni azzurri che ricoprono le fessure di cielo tra i vicoli e gli spazi tra balconi e palazzi.

Fin troppo facile del resto, gettare su un’intera città e su un popolo che ritrova nel calcio unità e entusiasmo e gioia e soddisfazione l’incapacità di cogliere questa occasione per fare di Napoli una meta come Rio o Venezia al Carnevale, o New York alla Maratona o Parigi al Capodanno. Invece di programmare e incanalare la voglia di fare festa, meglio lanciare appelli drammatici e dire o far capire che chi viene a Napoli nei giorni dello scudetto rischia la vita o, nella migliore delle ipotesi, il portafogli.

Non è stata persa invece l’occasione per creare nuovi confini, frontiere e sbarramenti tra napoletani di serie A e serie B: da Palazzo san Giacomo, oggi, l’annuncio – freddo, quasi obtorto collo - di una festa istituzionale. "È chiaro che da un lato ci sarà una festa spontanea, un entusiasmo spontaneo nel quale c'è chiaramente un problema di ordine pubblico e anche di responsabilità dei cittadini - ha spiegato il sindaco Gaetano Manfredi - dall'altro c'è la festa, che probabilmente sarà il 4 giugno, che, per una scelta fatta anche da parte mia, sarà una festa policentrica per coinvolgere tutta la città e ci sarà un palco in ogni municipalità oltre a quello centrale in piazza Plebiscito": ovviamente blindata, a numero chiuso, con ingressi contingentati, su prenotazione. Dunque da un lato la gente, la gioia, la felicità, la festa spontanea dei napoletani per un sogno rincorso 33 anni e dall’altro chi quella gente dovrebbe rappresentarla, chiuso a difesa dietro recinti, da contemplare su un palco previa prenotazione a posti limitati e contingentati.

Festa a numero chiuso? Solo chi non conosce Napoli può pensarlo

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