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La buona novella

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A cura di Nicola Clemente

Per chi è stanco delle narrazioni pessimistiche su Napoli, ecco uno spazio dedicato a tutto ciò di positivo che la città può raccontare

La buona novella

Da Torre del Greco agli Stati Uniti per "insegnare" agli americani la sostenibilità ambientale nella moda

Anna Sammarco ha completato gli studi nel Regno Unito per poi trovare lavoro in importanti aziende nel settore della moda in Inghliterra e negli Stati Uniti. Il suo consiglio ai giovani: "Non dico di dover lasciare per forza Napoli per realizzarsi, ma siate aperti e curiosi"

Sono tanti i giovani che dalla Campania si sono trasferiti all'estero per intraprendere carriere professionali di rilievo. E' il caso di Anna Sammarco, ingegnera di Torre del Greco, che ha completato gli studi nel Regno Unito per poi trovare lavoro in importanti aziende nel settore della moda in Inghliterra e negli Stati Uniti con un occhio sempre attento alla sostenibilità ambientale.

-Anna, da quanto sei negli USA e di cosa ti occupi attualmente?
"In realtà ho lasciato la mia Napoli più di 12 anni fa, quando decisi di completare il mio master in Ingegneria dei Materiali nel Regno Unito, dopo aver cominciato gli studi alla Federico II. Inizialmente avevo intenzione di ritornare, ma le opportunità che mi sono state offerte in Inghilterra erano impossibili da rifiutare. La mia priorità era affermarmi in un ruolo che mi desse la possibilità di avere un impatto tangibile sull'emergenza ambientale, quando ancora non era così evidente a tutti come lo è oggi e il Regno Unito è stata la mia porta allo sviluppo sostenibile, prima nel settore dell'energia elettrica, poi nel mondo della moda. Mi sono trasferita da due anni negli Stati Uniti, dove attualmente supporto brand di moda e una serie di start-ups che mirano all'innovazione di materiali, processi produttivi e tecnologie per accellerare la sostenibilità nel settore moda. Il mio ruolo è quello di aiutare queste aziende nel processo di innovazione, che include lo sviluppo della strategia di innovazione sostenibile aziendale, della catena di produzione e dell'industrializzazione del prodotto. Inoltre, collaboro con l'MIT (Massachusetts Institute of Technology) e l'università di Cambridge in una serie di progetti con aziende internazionali finalizzati all'implementazione di strategie di innovazione e sostenibilità".

-Quali sono i cambiamenti più grossi che hai dovuto affrontare all'estero?
"Il cambiamento più grosso è stato sicuramente quello, visto che mi sono ritrovata a dover cambiare non solo città, ma anche università e cultura. Ho dovuto sacrificare un po' cose, inclusi la famiglia e gli amici, e ho dovuto costruire il mio spazio in quel mondo che all'inizio sembrava molto lontano dal mio".

-Raccontaci qual è stato il il tuo percorso professionale che ti ha poi portato in Burberry
"Ho cominciato la mia carriera nel settore energetico in un piccolo paese del Regno Unito, Loughborough, lavorando allo sviluppo di materiali innovativi che sostituissero quelli convenzionali utilizzati in diversi componenti delle centrali elettriche a gas e a carbone (tubi, bollitori, etc). Ero la delegata europea di GE Power (ex Alstom Power) alla ricerca di materiali ad altissima resistenza termica che consentissero l'aumento delle temperature di processo e un rispettivo miglioramento dell'efficienza complessiva delle centrali. Se l'efficienza di processo aumenta, la risorsa necessaria a generare una stessa quantità di energia elettrica diminuisce rispetto allo stato standard e, di conseguenza, dimuisce l'emissione di gas serra (GHG- Green House Gases), inclusa l'anidride carbonica che è una delle cause principali del riscaldamento globale. Ho avuto la fortuna di essere finanziata dall'azienda per un EngDoc, un dottorato scientifico mirato a formare il candidato anche nell'area strategica e business oltre che in quella tecnica- una grande opportunità per potenziare le mie competenze tecniche e analitiche e sviluppare quelle di management e di leadership. Il mio focus è sempre stato sull'innovazione come strumento per garantire la sostenibilità ambientale e sociale ed è quello che mi ha permesso di passare dal mondo dell'energia a quello della moda".

-Due settori che non sembrano vicini apparentemente...
"Un salto (inizialmente) nel vuoto, a parer di molti, quello tra energia e moda, visto che queste due industrie non sembrano per niente correlate ed io fino ad allora avevo sviluppato competenze tecniche alquanto avanzate e specifiche che mi denotavano come stella emergente nel settore energetico. Eppure, non ci ho messo molto a decidere di passare al mondo "fashion" quando mi è stata offerta la possibilità di fondare il team di Innovazione in Burberry, una delle aziende di moda leader mondiale in termini di innovazione e sostenibilità. In Burberry mi occupavo di sviluppo di materiali, processi e tecnologie innovative che miravano a ridurre l'impatto ambientale e socio-economico dei prodotti e dei rispettivi processi produttivi, e gestivo tutte le fasi del processo di innovazione, a partire dalla fase di ideazione a quella di prototipazione, fino a quella di commercializzazione. Questo processo prevedeva la collaborazione con diversi stakeholders, incluse università, fornitori, start-ups, NGOs, competitor brands, ecc, e ha portato al lancio di varie innovazioni, inclusi alternative naturali (bio-based) e vegane (animal-free) alla pelle naturale e sintentica che sostituissero il classico pvc (tra l'altro bannato dalla comunità europea), finiture metalliche con ridotto impatto ambientale, accessori 100% naturali come alternativa agli equivalenti in plastica, piumini ad azione termoregolante, trattamenti superficiali prodotti con una significante riduzione dell'acqua di processo, prodotti 100% riciclati e/o riciclabili e tanto altro. Dopo Burberry ho gestito il centro di consulenza specializzato in sostenibilità nel settore moda (CSF- Centre for Sustainable Fashion), che è parte del London Collage of Fashion. Durante quest'esperienza ho lavorato con uno svariato gruppo di brand, di lusso e non, inclusi Kering, PVH, Nike, Svarowski, Condè Nast, ASOS, Stella McCartney e moltri altri per supportarli nello sviluppo di strategie di sostenibilità e relative implementazione delle stesse all'interno dei rispettivi teams. In questo caso, il mio ruolo ha generato un notevole impatto nelle rispettive aziende in termini sia sociali e ambientali, accellerando la rispettiva transizione verso il circular design. Da qualche anno ho portato tutta la mia esperienza negli States, dove lo sviluppo sostenibile e le iniziative per supportarlo sono un po' piu' indietro rispetto all'Europa, ma le opportunità sono sicuramente esponenziali ed è davvero motivamente per me collaborare sia con brand, start-up e università così interessate ed aperte a qualunque tipo di iniziativa".  

-Quanto è importante lo sviluppo sostenibile e orientato all'ambiente nel tuo lavoro?
 "Come indicato dalle ultime statistiche delle Nazioni Unite, l'industria della moda è responsabile di circa il 10% dell'inquinamento globale ed è il secondo inquinatore al mondo dopo il settore del trasporto aereo. Ma la sostenibilità non e' solo una questione di emissioni e l'industria della moda consuma ed inquina piu' del 20% dell'acqua mondiale nei suoi processi di tintura e concia, seconda soltanto all'agricoltura. Inoltre, circa il 70% dei tessuti è a base di derivati del petrolio e solo 1'% di questi viene riciclato, generando relativi problemi di smaltimento rifiuti. E ancora, l'abbigliamento è la maggior fonte (35%) di microplastiche nei mari (e non solo, queste minuscole particelle di fibra di plastica sono state trovate anche nel nostro organismo), da cui la nota affermazione che nel 2050 ci sarà più plastica che pesci nei nostri mari. Sulla base dei dati riportati, è evidente che l'industria del fashion è uno dei maggiori contribuenti al climate change (cambiamento climatico) e alla perdita della biodiversità. Cio' significa che l'impegno verso uno sviluppo sostenibile è fondamentale per la salute del nostro pianeta e per garantire un futuro alle generazioni future. Non esiste un "pianeta B" ed io credo che ognuno di noi, in quanto scienziato, innovatore, disegnatore, produttore, politico, investitore o semplicemente consumatore, ha un dovere civile a contribuire all'evoluzione di questo sistema. Mi piace sempre ricordare Mikhail Gorbachev quando diceva che "quando le generazioni future giudicano le generazioni precedenti alle loro sulle problematiche ambientali spesso concludono che "loro non sapevano". Noi dobbiamo fare in modo di non passare alla storia come la generazione che sapeva, ma non ha fatto nulla per cambiare le cose".     

-Cosa consiglieresti ai giovani che si affacciano oggi al lavoro. Bisogna andare all'estero per realizzarsi?
"Di prefissarsi degli obiettivi che possano essere più o meno precisi, e lasciarsi guidare da quelli. "Non smettere di essere curiosi", poi, è il mio mantra, e ho da sempre suggerito a chi mi ha chiesto consigli di informarsi, di non aver paura di chiedere e bussare a tutte le porte che possono portare alla realizzazione dei propri sogni. Altri due elementi che mi contraddistinguono e credo non debbano mai mancare per riuscire a fare quel "passo in piu" sono la determinazione e la perseveranza perchè non sempre quelle porte a cui accennavo sopra si aprono al primo colpo e spesso le informazioni più utili non sono facilmente accessibili, ma con un po' di faccia tosta (tipica di noi napoletani) e tanto impegno si arriva dovunque si voglia arrivare e se una porta si chiude è molto facile che si apra un portone. Napoli resta la città più bella del mondo, ma non sempre riesce a rispondere a tutte le domande in ambito professionale. Non voglio assolutamente spronare i giovani a lasciare questo posto meraviglioso, ma piuttosto ad avere uno sguardo aperto sul mondo, che è pieno di opportunità interessanti che permettono di realizzare, e talvolta accellerare, la propria missione, sia essa sociale o ambientale - sperando ce ne sia una a muovere i sogni di chi decide di intraprendere percorsi come il mio. Avere una missione come guida dà sicuramente una spinta significativa al raggiungimento dei propri obiettivi professionali e personali, soprattutto quando si deve scegliere di vivere lontano dalla famiglia e da Partenope. Ciò che è davvero importante per avere successo è ricordarsi sempre da dove si è partiti, prendersi qualche rischio senza esitare abbandonando la propria comfort zone, e coltivare la resilienza tenendo sempre a mente dove si vuole arrivare".        

Progetti futuri?
"Mi piacerebbe tanto riuscire ad implementare le innovazioni sulle quali sto lavorando con le varie start- up che attualmente supporto in prodotti di brands non solo di moda, ma anche automotive e design. La collaborazione è fondamentale perchè l'impatto ambientale e/o sociale delle rispettive innovazioni si amplifichi, e se si riescono a creare le giuste sinergie sono confidente nel fatto che si possa riuscire a passare da un'economia lineare ad una circolare nei settori a cui facevo riferimento sopra molto più velocemente. Al momento sto anche lavorando ad un progetto con l'MIT, che tengo particolarmente a cuore e che mira ad istituire una piattaforma di innovazione che risponda alle esigenze delle aziende di moda aderenti in uno spazio pre-competitivo. Lo scopo, infatti, è quello di accellerare l'innovazione (di materiali, processi e tecnologie) e, soprattutto, l'implementazione delle stesse su scala commerciale in tempi e a prezzi ragionevoli, che è il limite principale quando si parla di innovazione sostenibile. L'educazione allo sostenibilità è l'altro mio grande interesse, quindi, continuerò ad essere impegnata nello sviluppo di percorsi educativi che mirano a sensibilizzare ed educare giovani e professionisti del settore moda e oltre purchè diventino parte attiva si attivino a contribuire".

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