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Terzigno, lotta agli opifici clandestini cinesi

Terzigno, Comune alle pendici del Vesuvio. In questa terra, le forze dell’ordine lottano quotidianamente con gli opifici clandestini gestiti dalla comunità cinese, che solo a Terzigno conta poco meno di 3mila unità. In queste piccole fabbriche domestiche, i lavoratori sono per la quasi totalità a nero, le condizioni di igiene e sicurezza non sono calpestate. Come se non bastasse, la lavorazione tessile produce tonnellate di scarti industriali che cittadini italiani del posto smaltiscono illecitamente per pochi euro a sacco.

I rifiuti speciali vengono interrati o bruciati, distruggendo l’ambiente circostante che, va ricordato, è in pieno Parco del Vesuvio. Abbiamo seguito i carabinieri di Terzigno, guidati dal comandante Adolfo Montagnaro, in una loro giornata di caccia agli opifici abusivi. Scovarli è meno semplice del passato perché non si vedono a occhio nudo. Sono nascosti in appartamenti o negli scantinati. Ci avviciniamo in un’area già sequestrata in passato per verificare se l’attività tessile è ripresa. Le telecamere riprendono tutto ciò che accade.

Dopo diversi tentativi, qualcuno apre il cancello. Si tratta di una coppia cinese. Neanche a dirlo, nel sottoscala ci sono i macchinari per la lavorazione tessile. Di permessi, neanche a parlarne. I carabinieri ipotizzano che qui si lavori di notte, dando meno nell’occhio. Sul retro, immancabili, ci sono le balle di rifiuti. L’intera area è tappezzata di prefabbricati utilizzati come micro-fabbriche. Gli scarti vengono sepolti in cave artigianali o bruciate negli scheletri di palazzi non completati, come suggeriscono i soffitti anneriti.

Spostandosi solo di qualche centinaio di metri, la scena si ripete. Una segnalazione porta i militari dell’arma all’esterno di un fabbricato. Grazie all’ausilio dei droni, guidati dagli uomini del settimo nucleo elicotteri di Pontecagnano vengono avvistati decine di sacchi sul retro, probabilmente rifiuti speciali. La verifica conferma i sospetti. All’interno ci sono sei cittadini cinesi, tutti con permesso di soggiorno, che lavorano alla filiera tessile. L’esterno è controllato grazie a un complesso sistema di videosorveglianza. Le balle di scarti industriali sono più di cento. Cinque dei sei lavoratori risultano in nero, abbastanza da giustificare la sospensione dell’attività.

La lotta quotidiana dei carabinieri sta portando diversi risultati. Diverse aziende si sono messe in regola, altre hanno smesso di produrre. Ma la vittoria finale è ancora lontana. Le responsabilità non sono solo della comunità cinese, ma anche dei cittadini di Terzigno che fittano i locali per le fabbriche abusive e che smaltiscono illecitamente i rifiuti per pochi euro.

(Colonna sonora Instinct da www.bensound.com)

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