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Emiliano Dario Esposito

Giornalista NapoliToday

Coldplay, va bene. Ma non parlate di “riscatto musicale di Napoli”

I tempi del Neapolis sono lontani. Un doppio “evento”, vissuto in verità da molti più per presenzialismo social che non per passione, non rilancia la città nel firmamento delle capitali della musica

Due sere col Maradona pieno, di musica e persone. La fanfara sui social e istituzionale dal pensiero unico lo dice a chiare lettere: “È il riscatto musicale della città”.
Si riscatta spesso questa città, avete notato? Lo scudetto, i Coldplay. Non si capisce da cosa, ma Napoli si riscatta. Eppure, se per lo scudetto effettivamente viene da parlare davvero di impresa, ho l'impressione che la doppia data della band di Chris Martin a Napoli stia venendo un po' sopravvalutata.

Non sopravvalutata perché i Coldplay non abbiano “buzz mediatico”, seguito, peso specifico nel panorama musicale. Possono non piacere (ad esempio io sono del partito che ne ha apprezzato moltissimo i primi due dischi, poi li ha un po' lasciati andare nel loro personalissimo percorso da “Benjamin Button del pop”), ma una scorsa ai loro ascolti su Spotify rende l'idea della loro importanza e ricaduta.

Però quello che per qualcuno è un evento storico, una sorta di rilancio di Napoli nel firmamento delle capitali musicali, a me sembra piuttosto il passaggio di una cometa.
Non esistono a oggi le condizioni perché Napoli torni quella del Neapolis Festival degli anni '90 e degli anni 2000, e questo per molte ragioni. La città non ha praticamente più (o quasi) club dove si ascolta musica dal vivo, e – diciamola tutta – non ci sono a disposizione i fondi per organizzare eventi come quelli che portarono in città David Bowie, i Cure, gli Aerosmith, Nick Cave, i Massive Attack, i Kraftwerk, e tutto ciò che chi ha avuto la fortuna di essere “arruolabile” in quegli anni ha potuto vivere.

Ma come, vi chiederete, una tale partecipazione alle due serate di Fuorigrotta non ti fa pensare a una svolta? Sinceramente no. Al di là della retorica istituzionale sul "riscatto musicale" che i Coldplay avrebbero significato per Napoli, temo questi concerti siano stati popolati in gran parte da instagrammer, che hanno vissuto "l'evento" alla stregua di un panino con mollica o senza. È febbre partecipativa, potevano essere lì come al Pizzafest, al Plebiscito a festeggiare il Napoli.
I tempi di una città che bruciava di passione musicale vera (assecondata o generata dai concerti che proponeva), sono purtroppo lontani anni luce. Sottotesto a uso e consumo istituzionale: crogiolatevi poco, c'è molto ancora da fare.

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