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Lunedì, 29 Aprile 2024

Pride, è la vigilia. Sannino (Arcigay): “Le nostre iniziative tra accoglienza e integrazione” | VIDEO

Dalle unioni civili ai corsi di inserimento al lavoro, sono numerosi i progetti di supporto dell’associazione nelle case circondariali napoletane. Alla vigilia del Pride, Antonello Sannino, presidente della sede napoletana di Arcigay ci racconta le esperienze più significative in cui è forte la percezione di una nuova cultura sociale

Rivoluzione per rifiutare qualsiasi disuguaglianza. Lotta per affermare i diritti perché solo vederli legittimati, possono rendere liberi, sono le forze che hanno messo in piedi i Pride. Domani Napoli sarà arcobaleno perché sarà organizzata un’edizione fantasmagorica, per festeggiare i 16 anni in cui la manifestazione è organizzata in città, dove sono assicurati performance di cantanti, comici e interventi politici fatti da artisti ed esponenti delle istituzioni che si espongono in prima linea sostenendo le battaglie antidiscriminazioni.

Oltre il Napoli Pride 2023

Per la sedicesima edizione del Napoli Pride di cui quest’anno è madrina Anna Tatangelo c’è stato anche un preludio con il fitto programma del primo Pride Park al Real Albergo dei Poveri e domani dai palchi di Piazza Dante e della Rotonda Diaz, ospiti come Paola Turci, Francesca Pascale, Andrea Sannino, Ciccio Merolla e alcuni dei ragazzi della serie Mare Fuori diventano volto e voce della comunità per tutelare e difendere i diritti civili e umani delle persone lgbt+ contro ogni violenza ed emarginazione sociale.

Ci sono le parate colorate dove non mancano look eccentrici in cui l’originalità è premiata da scatti di belle fotografie che circolano sui social, i cortei, i dibattiti e le testimonianze, lo show. Per alcuni è presenzialismo, divertimento, perché è cool partecipare al Pride. Va bene anche quello se aiuta a veicolare i messaggi, se aiuta ad abbattere fortezze retrograde e, prima o poi, non a vincere la battaglia ma la guerra contro l’omofobia. Perché il Pride è l’occasione per rispondere a un’istanza sociale: promuovere una società concretamente inclusiva in cui deve esserci uguaglianza nel riconoscimento dei diritti civili fondamentali. Una società in cui la diversità sia finalmente accolta in tutte le sue sfumature.

Al di là della stagione del Pride e del suo messaggio politico, associazioni come Antinoo Arcigay Napoli e ATN – Associazione Trans Napoli lavorano da anni per abbattere i muri di pregiudizio fatto da quei mattoni di intolleranza, aggressioni e abusi di potere e, a poco a poco, stanno riuscendo a buttarli giù.

Quell'orgoglio sta nel loro impegno che è senza sosta per denunciare tutto quello che ancora non va, per creare iniziative, portare avanti proposte di legge senza lasciarsi abbattere dalle sconfitte e aprire centri di accoglienza e di ascolto dove i volontari delle associazioni si adoperano come supereroi per trovare le soluzioni.

Per darsi da fare nel cambiare la mentalità della gente, facendo tutto ciò che è necessario per la libertà civile e per l’avanzamento dello stato di diritto della comunità lgbt+, bisogna anche andare proprio nell' epicentro in cui si crede che i diritti siano congelati, o peggio ancora, azzerati e adottare la filosofia del fare.

Tenendo fede a questa linea Antinoo Arcigay Napoli canalizza parte delle sue attività nelle case circondariali di Poggioreale, Pozzuoli e Secondigliano per collaborare a stretto contatto con i detenuti.

I corsi di formazione per il reinserimento dei detenuti

“Secondo me è bellissimo lavorare in carcere con i detenuti. Le nostre operatrici e operatori che lavorano nelle case circondariali sono tutti entusiasti” commenta Antonello Sannino, Presidente Antinoo Arcigay Napoli.

Lo incontriamo nella sede napoletana di Arcigay nel pieno dei preparativi del Pride e di mille altri progetti in cui il movimento è coinvolto. E’ indaffarato, è tra quelle persone che non si ferma mai. L’attivismo è centrale nella sua vita, perché vuole che Napoli sia sempre più un laboratorio dei diritti (Sannino è anche tra i fondatori di Pochos, unica squadra di calcio LGBTQIA+ riconosciuta dal Coni con uno statuto espressamente orientato alla condanna dell’omobitransfobia).

Sannino è uno stacanovista nel senso più puro del termine. Molto serio. Quando però ci racconta le soddisfazioni che arrivano in quel microcosmo in cui stanno avvenendo miracoli in nome di una nuova cultura il suo sguardo gentile si illumina: “Le direzioni delle case circondariali ci cercano per costruire con noi un progetto attorno queste persone. Stiamo portando avanti tanti progetti di sensibilizzazione per la prevenzione e corsi di formazione e se li stiamo realizzando è merito proprio delle direzioni che stanno cambiando nel loro approccio e interpretando in modo corretto la nostra Costituzione. Stanno dando opportunità concrete di dialogo, di confronto. C’è la consapevolezza che una persona detenuta non è una persona alla quale i diritti sono stati congelati. Per noi le detenzione non è una punizione, ma è un riscatto”.

All’interno dei penitenziari Arcigay Napoli è tra le associazioni più presenti con l’inserimento del suo gruppo di sostegno, sportello di ascolto. Nel carcere femminile di Pozzuoli c’è il progetto Over The Rianbow mentre a Poggioreale c’ è Al di là del muro, con un team di operatori formato da Carmen Ferrara, Rosa Rubino, Concetta Sorrentino, Emilia D’Urso e Pasquale Ferro, sostenuti e seguiti costantemente dal professore Paolo Valerio, presidente fondazione genere e cultura, uno dei partner che coordina il progetto Al di là del muro.

I gruppi seguono le difficoltà dei detenuti del padiglione omosex e quello delle donne trans. Un gruppo ha un apporto psicologico che stimola i ragazzi e ragazze a esternare le loro problematiche, i progetti futuri, attraverso qualsiasi processo creativo. C’è un confronto diretto con loro: “ Le guardie penitenziarie ed educatori che lavorano a contatto con eh i detenuti anche nella fase della formazione, sono contenti di vederci anche perché alleviamo sofferenze e tranquillizziamo i detenuti” dice Sannino.

Dietro a ogni detenuto dei padiglioni omosex e trans, c’è una storia, una sofferenza, l’urgenza di ricostruirsi o di iniziare finalmente a vivere una volta terminata la loro detenzione.

La mission essenziale dei progetti con i loro sportelli che portano da alcuni anni nelle strutture carcerarie di Poggioreale, Pozzuoli e Secondigliano è seguire queste persone soprattutto quando sono scarcerate, stare accanto a loro proprio in quella fase più delicata.

Ci deve essere ascolto, empatia, ma non bastano. Se si vuole dare una mano bisogna agire per dare delle vere opportunità a persone che vere occasioni non le hanno mai avute portandole, probabilmente, verso la criminalità.

Ecco che il gruppo di Arcigay Napoli ha portato nei penitenziari una serie di corsi di formazione per i detenuti come quello di tecnico del suono o Fortunato, progetto promosso dall’associazione e finanziato dalla Fondazione CON IL SUD che, attraverso la costituzione di una Cooperativa di produzione di Taralli Napoletani, vuole dare possibilità di riscatto a quanti hanno avuto la sola colpa di vivere in situazioni di marginalità sociale con una attenzione alla popolazione carceraria LGBT e Trans in particolare, la quale, spesso esclusa dal mercato del lavoro, sovente non trova alternativa al circuito dell’illegalità.

Formazione, consapevolezza, informazione, cultura e lavoro sono le parole magiche della mission che Arcigay Napoli, con i suoi operatori, svolge nelle case circondariali con i progetti, le attività e il sostegno che forniscono ai detenuti della comunità lgbt+.

“E’ sintetizzabile con una nuova cultura legata all'accoglienza e integrazione” afferma Sannino.

E’ soddisfatto del lavoro fatto fino adesso in queste realtà perché proprio da quel microcosmo in cui si potrebbero dare per scontate picchi altissimi di intolleranza, arrivano le gratificazioni più grandi percependo come il pensiero, seppur lentamente, stia a cambiando, rivoluzionando un minimo le coscienze. E’ un upgrade rilevante in quello che è considerato un santuario del machismo, dove, proprio ora, non si devono fare passi indietro che vanificherebbero le lotte e il lavoro fatti durante questi lunghi anni. Infatti, come sottolinea Antonello, “ Il carcere non è altro che lo specchio della società, dove si amplifica tutto. Lì ci si rende conto dei veri mali della società e anche dove la società sta migliorando”.

“Non mancano casi tosti di ex detenuti ed ex detenute appartenenti alla comunità lgbt+ che la nostra associazione ha supportato per aiutarli a ricominciare laddove hanno avuto più difficoltà” dice Sannino.

Ci racconta la vicenda di una donna, ex detenuta del penitenziario femminile di Pozzuoli: “Abbiamo accolto una donna lesbica segnalata dalla direzione della casa circondariale di Pozzuoli, perché aveva bisogno di un lavoro per non perdere la genitorialità della figlia. Noi la stavamo già seguendo attraverso lo sportello di ascolto all’interno del carcere perché aveva bisogno di aiuto. Ora lavora dopo aver svolto un orientamento al lavoro a Codice Rainbow, il nostro centro antidiscriminazione di Caivano nato nel Parco Verde. Stare lì è un altro emblema di riscatto per noi, in quanto nessuno avrebbe potuto immaginare che in quel luogo, noto alla cronaca per fatti sanguinosi, potesse nascere un nostro centro”.

Le unioni civili nei penitenziari

L’assistenza data da Arcigay Napoli all’interno delle carceri facilita il reinserimento nella società delle persone. Ci sono anche le storie di ragazzi che si sono conosciuti nelle mura dei penitenziari e lavorando fianco a fianco, adesso sono coppie consolidate superando un altro steccato.

Questo inverno, a distanza di un mese l’una dall’altra, si sono celebrate due unioni civili tra i detenuti della Casa Circondariale “G. Salvia” di Poggioreale di Napoli.

Nonostante le difficoltà e il contesto insolito che è portare avanti una storia d’amore nata all’interno del carcere, scegliere di unirsi è la scelta che rappresenta la voglia di costruire punti fermi, di creare famiglia. Anche questo è rivoluzionario? Può essere, dato il luogo in cui si decide di compiere questo passo, ma la vita è proprio questa, scegliere di fare passi decisivi accanto a chi si ama alla luce del sole.

“Con la celebrazione di queste due unioni civili hanno fatto nascere delle famiglie a Poggioreale. Tutti hanno partecipato con gioia ed entusiasmo alle cerimonie che si sono svolte al Padiglione Salerno, dove in genere risiedono le persone omosessuali che ne fanno richiesta” spiega Sannino “In più di un’occasione, è capitato che persone omosessuali si sono fatte riarrestare per tornare dall'amore che era lì. Per cui tutta la vita, la loro vita era lì, perché fuori non c'era una famiglia ad attenderli”

Molti si chiedono fino a che punto il progressismo e l’apertura verso questi temi attecchisca all’interno delle carceri? E’ così facile il coming out in quel ambiente?

Antonello Sannino lo spiega con estrema chiarezza: “Quando ci sono state le unioni civili a Poggioreale tutti hanno festeggiato con i confetti, ma è la punta dell’Iceberg. Intendiamoci, delle sacche di intolleranza ci sono e con evidenza, però c’è sempre stata accoglienza verso di noi e non manca la partecipazione ai laboratori e corsi che organizziamo. Alcuni detenuti gay hanno fatto outing con estrema tranquillità, tanto che non hanno neanche scelto di andare nei reparti in cui vivono gli omosessuali per sentirsi maggiormente protetti, in quanto sono accettati dagli altri (ndr gli omosessuali entrano nel reparto protetto solo su base volontaria a differenza delle donne trans, le quali sono obbligate a vivere la loro detenzione nel reparto individuato per loro)”.

Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia come sottolinea Sannino: “Alcune persone, invece, preferiscono non rivelare il loro vero orientamento sessuale. Va detto che fare coming out è faticoso ovunque, non solo in carcere”.

I corsi di educazione civica e le attività per la prevenzione

In questi anni di attivismo in cui Antonello Sannino ha vissuto tanti momenti dove gioia e amarezza vanno di pari passo, ma le emozioni più appaganti sono arrivate proprio dalle esperienze ogni volta che varca le soglie delle carceri. Incrocia persone che stanno talmente rinnovando la loro vita che gli regalano episodi, storie, sensazioni con verità e colori preziosi.

Ciò avviene principalmente alla fine di un corso come quello di educazione civica, un tassello utile per scardinare ignoranza e paletti che sono i baluardi dell’omofobia e transfobia.

“Sono momenti di grande emozione ogni volta che in quel corso di educazione civica, chiesto proprio dalla direzione del carcere, detenuti anche etero hanno fatto osservazioni che non mi aspettavo potessero esserci. Qualcuno si è avvicinato raccontandomi la sua storia, di come ha vissuto il coming out anche in carcere.”

Sono proposte numerose iniziative che offrono anche momenti di riflessione sulle infezioni sessualmente trasmissibili, come l'HIV: “Grazie all’autorizzazione della Casa Circondariale di Poggioreale, i detenuti, insieme al nostro referente per la grafica e la street art, hanno realizzato un murales sulle mura del carcere di Poggioreale, sul tema dell’HIV e sulla prevenzione per superare anche la paura e pregiudizi nei confronti della sierofobia” aggiunge Sannino e continua “Lo dico senza retorica, ma le esperienze che facciamo nelle carceri ci arricchiscono umanamente. Sono più loro a dare a noi”.

Le immagini di repertorio presenti all'interno della video intervista sono realizzate da Francesca Saccenti

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