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Venerdì, 26 Aprile 2024
In giro con Antonia

In giro con Antonia

A cura di Antonia Fiorenzano

Dopo Sorrentino e Martone, Lino Musella è in teatro con Brevi interviste con uomini schifosi

L’attore napoletano insieme al suo storico partner di scena Paolo Mazzarelli è al San Ferdinando con il dissacrante testo di Devid Foster Wallace che mette alla berlina le meschinità e le miserie dell’uomo contemporaneo. Per l’attore tra i protagonisti anche di Gomorra, non solo teatro, presto lo vedremo anche al cinema e in tv. L'intervista

Il viso di Lino Musella è tra quelli che vengono subito in mente. Sì, è stato Rosario O’ Nano nelle prime stagioni di Gomorra, ma negli ultimi anni ha lavorato con autori di prestigio come Paolo Sorrentino sia in The Young Pope che in E’ stata la mano di Dio in cui era il tremolante e buffo Marriettiello, Pupi Avati l’ha scelto per interpretate il giovane Giuseppe Sgarbi in Lei Mi Parla Ancora, i fratelli D’Innocenzo l’hanno voluto in Favolacce che lo scorso anno gli è valsa una candidatura ai David di Donatello come non protagonista, mentre all’ultimo festival di Venezia è stato nei cast di Qui Rido io di Mario Martone dove è Benedetto Croce e de Il Bambino Nascosto di Roberto Andò.

In attesa di vederlo in L’Ombra del giorno di Giuseppe Piccioni con Riccardo Scamarcio, Lino Musella continua la sua attività teatrale con Tavola tavola, chiodo chiodo, sua drammaturgia da appunti, interviste e carteggi di Eduardo, un progetto condiviso con Tommaso De Filippo, spettacolo ripreso tra le varie chiusure e aperture pandemiche portato in autunno al Teatro San Ferdinando dove Musella per rappresentare la vita di De Filippo ha messo a servizio il suo talento di vero artigiano del teatro a tutto tondo (oltre a essere regista e autore è anche tecnico e disegnatore luci). In questa settimana ritorna al San Ferdinando con uno spettacolo dissacrante e irriverente, Brevi interviste con uomini schifosi, la raccolta di racconti dello statunitense David Foster Wallace morto suicida nel 2008 diretto dal regista argentino Daniel Veronese, prodotto da Teatro di Napoli-Teatro Nazionale, Marche Teatro, Tpe Teatro Piemonte Europa, FOG Triennale Milano Performing Arts e Carnezzeria srls.

Accanto a Musella c’è Paolo Mazzarelli, attore e regista con cui ha un sodalizio artistico ventennale e con cui ha fondato anche la Compagnia Musella-Mazzarelli. Insieme danno vita a 8 episodi che raccontano di uomini incapaci di avere relazioni armoniche con le donne.

Concepiti da Wallace in forma di monologhi al maschile, Daniel Veronese fa diventare gli episodi selezionati un dialogo tra un uomo e una donna e le affida a Paolo Mazzarelli e Lino Musella, rimodellando e teatralizzando il testo su di loro. Due uomini che in scena si alternano nei ruoli maschili e femminili , in una dialettica che mette in luce tutte le fragilità, le gelosie, il desiderio di possesso, la violenza, il cinismo insiti nei rapporti affettivi. Otto scene dallo humour feroce dove ci sono delle figure maschili che esercitano la propria pressione sulle figure femminili mettendo in luce le meschinità e le perversioni del maschio contemporaneo. Quando i due attori impersonano le donne ma negli atteggiamenti e nella voce non hanno nulla di femminile.

Intervista a Lino Musella

Musella, Brevi interviste con uomini schifosi non può non sollecitare serie riflessioni sul rapporto uomo-donna…

“Azionano domande che il pubblico deve completare, su un tema come il sessismo, ma non solo. Ci sono questioni di genere, dinamiche di relazione, rapporti cannibali. Atteggiamenti espressi in modo sottile all’insegna di nevrosi. Io Foster Wallace l’ho divorato, racconta il contemporaneo e per tanti motivi sono felice di aver debuttato con questo spettacolo a Napoli”.

Il debutto è al San Ferdinando dove sarete fino al 6 febbraio e proseguirete con altre date in giro per l’Italia, però lei è Paolo Mazzarelli vi siete già misurati con Foster Wallace. Stavolta come è andata?

“ Oggi l’iniziativa per noi fa capo ad Aldo Miguel Grompone e Gaia Silvestrini, anche traduttori dei testi, e si deve a loro l’idea di Veronese di far diventare a me e Paolo i protagonisti italiani. Mi diverte dire che noi due siamo stati raccomandati da loro. E’ stato pensato prima della Pandemia mentre ero in giro con uno spettacolo di Jan Fabre prodotto da Grompone e Silvestrini e mi avevano parlato di questa possibilità di un allestimento fatto da una coppia. E’ uno spettacolo che parla degli uomini ed è fatto da uomini”.

La sintonia in scena con Paolo Mazzarelli è ben collaudata lavorando da anni con lui in teatro. Elemento fondamentale per uno spettacolo come questo dove poli vi alternate di continuo.

“C’era bisogno di una coppia e Aldo aveva visto Paolo e me in uno spettacolo in cui interpretavamo Almeto e Claudio. Io e Paolo lavoriamo insieme da 20 anni e abbiamo fondato una compagnia 10 anni fa. C’è un rapporto di amicizia e di lavoro quindi sono anche molto felice di tornare in questa relazione perché i rapporti teatrali sono come quelli familiari, crescono nel tempo. Quando ci hanno proposto Brevi interviste con uomini schifosi siamo stati felici anche perché Wallace è un autore che sia io che Paolo abbiamo molto amato, infatti ci siamo scambiati vari suoi libri. Pur essendo un lavoro molto difficile e delicato, per noi è anche un po' una vacanza, ritrovarci qui insieme diretti da un regista come Veronese. In alcuni casi sia io che Paolo siamo anche autori e registi dei nostri spettacoli e dobbiamo preoccuparci di tanti aspetti che sono legati a un allestimento. In questo caso, invece, in cui siamo solo attori abbiamo ritrovato quella pulizia e il piacere di riprendere una sorta di studio”.

Con Veronese su quali aspetti avete più lavorato?

“In questo lavoro Veronese ci sta portando a scavare sempre di più senza raccontare le contraddizioni dell’uomo ma a viverli direttamente in scena. Da un lato è molto divertente ma per un uomo è molto faticoso e doloroso perché, giorno per giorno, ti rendi conto che quelle contraddizioni non sono così estranee soprattutto alla nostra cultura sociale e politica da cui è necessario un po' emanciparsi. Noi uomini potremmo arrivare a qualche livello di profondità. Il regista ci spinge ad andare sempre più a fondo e a farci un po’ più male”.

Soddisfatto di ritrovare le sale teatrali piene?

“Assolutamente sì! Ho avuto la fortuna di avere sale pienissime. Se penso a quel pubblico mi viene da credere che l’esigenza del teatro sia tuttora viva”.

Secondo lei è cambiato qualcosa?

“Prima, molti andavano a teatro solo perché era una convenzione; adesso la gente si informa e vuole sapere cosa andrà a vedere perché, se deve stare due ore con la mascherina, pretende almeno di avere delle garanzie! Questo è ciò che ho verificato personalmente, come ho verificato che la situazione nelle grandi città è migliore che in provincia.”

Il teatro è la sua vera casa, ma negli ultimi anni ci sono stati tanti film con autori importanti e quest’anno non sarà da meno. Dopo E’ stata la mano di Dio, Qui Rido io e Il Bambino Nascosto in cosa altro sarà coinvolto?

“Sarò nella serie sul quotidiano di Palermo L’Ora che dovrebbe chiamarsi “Inchiostro contro piombo” e in un film sperimentale “The Walk”, con la regia di Giovanni Maderna e Robbie Ryan come direttore della fotografia, girato in un giorno e ispirato a La passeggiata di Robert Walser e Tigers diretto da Ronnie Sandah ”.

Sono ruoli molto variegati in film molto diversi.

“Cerco di rispondere agli stimoli e alla poetica ispirati dai registi e alle storie. Sono felice che vengano fuori dei caratteri così diversi e di aver partecipato in questi film dove, in alcuni dei casi, convergono nell’universo di Napoli”.

Nei film di Sorrentino, Martone e di Andò la città di Napoli gioca una parte centrale con le sue contraddizioni e la sua tradizione culturale. Conferme che rimarcano il fermento artistico che di giorno in giorno è sempre più evidente.

“Credo che il fermento culturale sia davvero vivacissimo e non solamente in ambito teatrale. Questa è l’unica città in cui si conferiscono dei premi insieme importanti e popolari. C’è grande attenzione anche per l’arte e la poesia. Riguardo i tre film, raccontano momenti storici importanti della nostra città riuscendone a catturare le sfaccettature e i suoi contrasti. Anche per una questione urbanistica, accade spesso che spaccati sociali diversi abbiano punti di contatto, in tante zone di Napoli c’è una prossimità tra un ambiente più popolare e uno più borghese e quando entrano in relazione per motivi personali succede sempre qualcosa di molto speciale, caratteristica presente, per esempio, nella bella sceneggiatura di Andò tratta dal suo omonimo libro”.

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