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Cronaca

La morte di Ciro inasprisce la guerra tra tifoserie: "Ora potrebbe succedere di tutto"

I messaggi che si leggono sui social network e le dichiarazioni di alcuni tifosi fanno paura: la tragedia del 3 maggio, anziché calmare gli animi, potrebbe fare da scintilla

Ciro Esposito è morto, dopo più di 50 giorni d'agonia, ma una tragedia che dovrebbe fare da esempio a quanto le rivalità sportive possano degenerare in atti criminali, corre il rischio di inasprire ancora di più gli animi.

Sasà Capobiondo, esponente degli ultrà del Napoli, parla così: “Può succedere tutto, non so come reagirò quando vedrò un tifoso della Roma che si comporta come De Santis”. Eppure lo stesso presunto assassino di Ciro (non reo confesso), ha dichiarato di “non crederci”, di aver preferito la sorte del 30enne di Scampia fosse toccata a lui. Eppure la stessa famiglia del ragazzo predica la pace, rifiuta una vendetta che non farebbe altro che soffiare sul fuoco di un circolo vizioso di odio che pare non trovare soluzione di continuità.

La spirale si nutre di messaggi inumani, spersonalizzati dai social network. La morte di un ragazzo che era andato soltanto a vedere una partita di calcio non ha generato solo cordoglio, ma anche sfottò che travalicano di molto il confine della civiltà. “La prossima volta pensateci bene colerosi prima di venire a Roma”, “L'ora x è arrivata, Ciro sta per tirare l'ultimo respiro, le vostre preghiere sono inutili come voi”, “Finalmente si è levato dal caxxxo, ora piangete napoletani di mxxxa”. Sono solo esempi, esempi di un conflitto inutile più di tutti gli altri, e che a parte Ciro e la sua famiglia non ha che carnefici: “De Santis fascista e assassino, Napoli ti odia”, recita uno striscione apparso in città.

La speranza è che tutto questo resti soltanto dialettica, lontana dalla civiltà ma dialettica. Si spera che Ciro possa riposare in pace, e che in suo nome – anziché trasformare in tragedie degli eventi sportivi, delle feste – si possa tornare a parlare di calcio, di un gioco come tanti altri, se non – in sé – ancora più appassionante.

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