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Cronaca

Valentina Ok, un manifesto funebre che fa discutere

A poche settimane dalla scomparsa dell'artista, è lecito domandarsi perché su quei manifesti fosse riportata come Ciro Adorato. Un nome che non usava più, in cui non poteva riconoscersi

Il due settembre scorso è venuto a mancare un pezzo di recente storia popolare, musicale e televisiva partenopea, la cantante transgender Valentina Ok. La sua è stata una morte che ha particolarmente colpito, in modo trasversale, la città di Napoli: Valentina era diventata un'icona, aveva infranto numerosi tabù nel mondo dei media locali, aveva raggiunto tutti con la sua particolare verve artistica.

Sebbene un'intera città si sia mobilitata per porle l'ultimo saluto, qualcosa – nel modo in cui è stato trattato il lutto – ha lasciato l'amaro in bocca. Si tratta del suo manifesto mortuario. “Si è spenta all'età di 46 anni la cara esistenza di Adorato Ciro”, recitava.

Non si tratta di un problema linguistico, dell'annosa questione – giustamente, da sempre, evidenziata dai movimenti lgbt – dell'articolo femminile da anteporre ad una transgender che ha scelto consapevolmente di essere donna. Il punto è capire se Valentina (e non Ciro), avrebbe mai “riconosciuto” come suo quel manifesto.

Chi ha avuto la fortuna di frequentare l'artista, sa quanto il nome Ciro fosse per lei un passato messo da parte. Non un rimosso, ma un elemento sicuramente non più identitario. Di fronte alla sua morte, riportarla ad “Adorato Ciro in arte Valentina Ok” potrebbe essere stata una mancanza di rispetto: verso la donna che si sentiva e che era, verso il suo percorso di vita.

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