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Cronaca

Giallo in Colombia, trovato morto collaboratore Onu napoletano

La polizia locale lascia intuire possa essersi trattato di suicidio, ma i familiari del 33enne hanno ragioni per sospettare non sia andata davvero così. Aveva preso un biglietto aereo per tornare a Napoli lunedì prossimo

È giallo sulla morte di Carmine Mario Paciolla, napoletano 33enne collaboratore delle Nazioni Unite in Colombia. Il corpo del ragazzo, senza vita, è stato trovato a casa sua, a Villa Ferro della località San Vicente del Caguan, nel dipartimento meridionale colombiano di Caquetà.

Versioni discordanti sulla morte

La polizia dipartimentale colombiana parla tra le righe di suicidio e di ferite ai polsi, ma non si sbilancia e fa sapere che è stata aperta un'inchiesta. Intanto anche la missione dell'Onu in Colombia ha aperto un'indagine interna e fatto sapere che si è "rammaricata profondamente" per quanto successo, inviando le sue condoglianze alla famiglia. Media locali invece stanno fornendo una versione dei fatti molto differente, parlando di "ferite da taglio sul corpo" che farebbero pensare ad un omicidio.

Chi era Carmine Paciolla

Cresciuto in zona collinare e ricordato da chi lo conosceva anche come talentuoso sportivo – era stato un promettente giocatore di basket – si era laureato in Scienze Politiche. Paciolla aveva alle spalle numerose esperienze di cooperazione per alcune onlus, e aveva viaggiato praticamente in tutti i continenti. Era partito da Napoli l'ultima volta lo scorso 27 dicembre. Stava portando avanti un progetto proseguito nonstante le estreme restrizioni del lockdown colombiano, in una zona nota negli anni '90 per i falliti negoziati di pace fra le Farc e il governo del tempo. Secondo le ultime informazioni pare avesse accompagnato il governatore di Caquetà e il sindaco di San Vicente a dialogare con le comunità rurali del posto. Radio Caracol, una delle principali emittenti colombiane, specifica che il napoletano faceva di un team di verifica degli accordi di pace Onu in Colombia.

I genitori: "Da una settimana era terrorizzato"

I genitori del 33enne alla stampa hanno spiegato che era tranquillissimo al momento della partenza, ma che negli ultimi giorni erano "cominciati i tormenti" a causa di quel luogo e di contatti con persone che egli stesso non aveva meglio definito parlando con i familiari. Carmine era – secondo sua madre – "terrorizzato" per qualcosa che aveva "visto, capito, intuito" nell'ultima settimana. Aveva spiegato di aver "parlato chiaro" e che "così si era messo in un pasticcio". Sarebbe dovuto tornare il 20 luglio, aveva detto ai genitori di essere riuscito a trovare il biglietto aereo. Poi alla madre, alle 18 italiane di ieri mercoledì 15, la tragica telefonata: Carmine è morto.

I familiari vogliono la verità, e da Napoli è già partita la mobilitazione di associazioni, onlus, e movimenti di cittadini . La richiesta unanime è di giustizia, di conoscere che cosa sia davvero accaduto in questi ultimi, tragici sette giorni di vita del ragazzo.

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