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Giovedì, 28 Marzo 2024
Boscoreale Boscoreale / Via Sepolcri

Il ruolo del latitante Luigi di Napoli e il processo Pandora-Matrix

Nel processo alla cosca ha subito una condanna come un esponente di secondo piano dedito soprattutto al traffico di stupefacenti

Dagli investigatori è ritenuto come uno dei principali attori del traffico di sostanze stupefacenti in zona. Era irreperibile da più di un anno ma anche lui è stato scovato Ancora un arresto di un latitante da parte del Nucleo investigativo dei carabinieri di Torre Annunziata. A finire in manette è stato Luigi di Napoli ritenuto un ras del clan Gallo-Limelli-Vangone di Boscoreale. Proprio nella sua città aveva scelto di nascondersi come spesso fanno i fuggitivi affiliati alla camorra. Lui aveva deciso di fare “di meglio” nascondendosi all'interno della propria abitazione. Aveva creato una nicchia all'interno della cameretta dei suoi bambini ed era lì che aveva trovato rifugio. Vi si accedeva tramite una porta scorrevole all'interno dell'armadio. Il nascondiglio era protetto da un circuito di videosorveglianza che gli permetteva di controllare intorno all'abitazione di via Sepolcri, al confine tra Boscoreale e Torre Annunziata.

Un vero e proprio piccolo bunker che però è stato scoperto dai militari, comandati dal maggiore Leonardo Acquaro che questa mattina hanno fatto irruzione nell'appartamento e l'hanno arrestato. Di Napoli deve scontare una condanna a quattro anni e tre mesi di carcere. Venne coinvolto nel blitz Pandora-Matrix che tagliò le gambe all'organizzazione attiva nei paesi ai piedi del Vesuvio. Di Napoli subì una condanna come esponente di secondo piano dell'organizzazione. Era accusato di associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti aggravato dal metodo mafioso. La sua latitanza aveva però accresciuto la sua pericolosità essendo uno dei pochi di quell'operazione ad essere ancora in libertà.

Un blitz che nel successivo processo ha portato ad un totale di oltre mezzo secolo di carcere. A cominciare da colui che veniva considerato il capoclan, Giuseppe Gallo. Per lui scattò la pena massima anche in quanto promotore del sodalizio criminale dedito al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Non resse la sua tesi secondo cui era affetto da infermità mentale a fronte delle prove schiaccianti fornite dalla Direzione distrettuale antimafia che pure aveva chiesto la stessa pena. Come lui vennero condannati anche altri otto narcos. Si tratta di Gabriele Balzano, Nicolò D'Amico, Biagio Di Biasio, Michele Imparato, Giuseppe Malvone, Nunzio Panella e Salvatore Sorrentino. Venti anni di carcere toccarono infine anche alla mamma del boss, Rosaria Vangone considerata anche essa ai vertici dell'organizzazione criminale. Sei anni, invece, è stata la condanna subita dalla sorella del boss Carmela. Pena molto dura anche per la moglie del boss Annalisa De Martino, ai cui danni vennero inflitti dodici anni di carcere e per il suocero Mario Felice, condannato a diciassette anni e quattro mesi. Molto vicino al massimo della pena è andato anche Luigi Manzi, altro ras per un periodo anche latitante, condannato a diciannove anni e otto mesi di carcere.

L'operazione scattata all'alba del 20 gennaio 2010 ad opera dei Carabinieri del Ros e della Guardia di Finanza sgominò una perfetta organizzazione criminale che aveva come scopo principale l'importazione su tutto il territorio nazionale di sostanze stupefacenti. Droga che arrivava dalla Spagna dopo dirette trattative con trafficanti colombiani per poi essere trasportata in Italia e custodita presso le ville di Santi Cosma e Damiano in provincia di Latina. Da lì la droga veniva immessa sul mercato inondando soprattutto le piazze della Campania. I proventi ricavati dal traffico di stupefacenti veniva poi reinvestito in attività di copertura godendo della connivenza di insospettabili. La gestione di alcune attività imprenditoriali era agevolata anche dai contatti con dirigenti deviati di istituti di credito che permettevano di ripulire il denaro.  

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