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Bagnoli, una riqualificazione senza ospedale: San Paolo a rischio chiusura?

Nel presidio di via Terracina in chirurgia non si opera da novembre: tutto fermo perché mancano gli anestesisti. I sindacati denunciano una struttura in dismissione nonostante serva un'area cittadina molto vasta. Sabato 27 febbraio indetta una manifestazione

Una riqualificazione indicata come ormai imminente per l'intera area , turisti da attirare, Apple interessata all'ex Nato per la sua nuova factory di applicazioni. Eppure la X Municipalità di Napoli si ritrova sempre meno coperta da servizi sanitari ssenziali. Alla chiusura – col passare del tempo sempre meno "provvisoria" – dell'Asl di via Alessandro D'Alessandro a Bagnoli, sta seguendo una lenta dismissione dell'Ospedale San Paolo di via Terracina a Fuorigrotta.

La denuncia dei sindacati, che hanno indetto per sabato 27 febbraio una manifestazione di protesta, è di un sempre più marcato ridimensionamento del nosocomio. Da un Dea (Dipartimento d'Emergenza e Accettazione) di secondo livello, il San Paolo sta diventando qualcosa di simile al Loreto Crispi, un presidio sanitario.

CHIRURGIA FERMA – Il più grave problema della struttura ospedaliera di via Terracina è che nella sua chirurgia non si opera da fine novembre. Quattro camere operatorie all'avanguardia, più di 20 dirigenti medici, infermieri, tecnici: tutto fermo perché mancano gli anestesisti. La situazione è paradossale. Da un lato non si assumono anestesisti per non far gravare sul bilancio dell'Asl Napoli 1 ulteriori stipendi, dall'altro i lavoratori di un intero reparto – loro malgrado – non sono nelle condizioni di svolgere le loro mansioni e quindi gravano inutilmente a bilancio.

LE CAUSE – Come si è arrivati a congelare un intero e fondamentale reparto di un ospedale fino a pochi anni fa all'avanguardia, è una vicenda lunga trent'anni. Decenni in cui (parliamo dell'Asl Napoli 1) si è passati dai fasti e gli sprechi di 12mila impiegati con 10 milioni di straordinari pagati, agli stenti e disservizi di una situazione con meno di 5mila impiegati e 5 milioni di straordinari. Il rappresentante Uil Carmine Ferruzzi, tra i più attivi nel denunciare la situazione, parla di “disorganizzazione organizzata”. “Sembra quasi che da quando Vincenzo De Luca ha messo fuori Angelo Montemarano (ex direttore generale Arsan, ndR) – spiega – i direttori sanitari stiano lavorando per peggiorare il comparto”.

LE SOLUZIONI – Eppure, come spiegano le sigle sindacali, ci sarebbero almeno due modi per far fronte all'emergenza. Si potrebbero pagare anestesisti esterni, come ad esempio si è deciso di fare dal primo marzo prossimo per le interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg), operazioni che – rientrando nei nei Lea (Livelli Essenziali Assistenziali) – non possono, come pure al momento sta succedendo, venire sospese.
Oppure si potrebbe fare come al Pascale, dove si è riusciti a sopperire alla figura professionale carente al San Paolo attraverso corsi di formazione per gli infermieri, i quali sono stati istruiti come tecnici di anestesia e rianimazione.

LA MANIFESTAZIONE – L'appuntamento in piazza di sabato prossimo 27 febbraio, organizzato da un nutrito“Comitato per la salvaguardia della sanità pubblica dell'area flegrea”, chiede “alla Regione Campania di invertire questo processo di ridimensionamento e di rilanciare invece il potenziamento del presidio ospedaliero”. Le richieste – oltre alla risoluzione della questione chirurgia – sono un'unità di terapia intensiva cardiologica, il trattamento di ictus e tromboemorragici, la presenza di ambulanze rianimative attualmente assenti, l'integrazione della struttura con il territorio per rafforzare l'assistenza geriatrica, infine l'installazione di una risonanza magnetica. La manifestazione partirà alle 9.30 dalla stazione della Cumana di piazzale Tecchio e si muoverà alla volta di via Marconi.

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