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Permanenze, l'integrazione in Campania attraverso gli scatti di Eduardo Castaldo

Si è conclusa la mostra organizzata da Yalla a Castel dell'Ovo dal 31 ottobre al 13 novembre: un importante messaggio veicolato attraverso scatti di gesti, “alleanze”, e vita quotidiana

Come il partire rappresenta spesso un atto di coraggio, anche restare in un luogo può avere dei tratti di quotidiano eroismo: integrarsi in un contesto, affrontarne le difficoltà, venirne arricchiti, radicarsi, sono tutti passi di un articolato e complesso percorso di crescita. Questo cammino, così come viene condiviso dai migranti e da chi li accoglie in Campania, è stato il tema di “Permanenze, immagini di una Campania multietnica”, la mostra fotografica organizzata dal servizio regionale di mediazione culturale Yalla ed allestita nella sala delle carceri di Castel dell'Ovo dal 31 ottobre al 13 novembre.

Le segrete che (pare) accolsero loro malgrado Romolo Augustolo, Tommaso Campanella, ma anche De Sanctis, Poerio e Settembrini, sono state il setting particolarmente appropriato di quanto la mostra offriva gratuitamente ai numerosi visitatori, tra napoletani e turisti: nelle sale si lasciava sentire – con i suoi odori ed i suoi suoni – il mare che bagna l'antico castello, quasi a volersi rimarcare simbolo di movimento, di quel viaggio di cui Permanenze ne stava rappresentando l'arrivo.

Le fotografie di esposte erano del napoletano Eduardo Castaldo, uno dei più rinomati fotografi freelance del Paese. Potenziali copertine di Time, Le Monde, Internazionale, Newsweek, L’Espresso – le testate con cui collabora – divise in tre sezioni (due focus e la mostra principale) eterogenee sia per estetica che per contenuti.

C'era il focus “Gesti”, uno spazio con immagini di movimenti, azioni senza volto, scatti della spersonalizzazione propria dei lavori più umili, in cui l'uomo è manovalanza pura: quanto cioè spesso i migranti devono affrontare nelle prime fasi del loro arrivo.
C'era poi, disposto sulle grate a circondare la sala, “Alleanze”, un approfondimento sui legami che si stringono tra chi arriva e chi è già del posto. Gli abbracci immortalati da Castaldo si rivelavano amorevoli, fraterni, collaborativi da entrambi i lati, espressione di legami evidentemente profondi instauratisi tra persone lontane tra loro soltanto per nascita.

La sezione principale di Permanenze, la più approfondita, occupava infine la parte centrale della sala delle carceri. La immagini in essa esposte erano rappresentazioni della vita di tutti i giorni dei migranti giunti da qualche tempo nella nostra Regione. Gli adempimenti burocratici relativi al loro status, il lavoro, l'amore, il lasciarsi influenzare dal contesto (il Napoli, la musica italiana). Ma anche al tempo stesso il “difendere” una propria identità, nella preghiera in moschea, nel conservare i legami con i luoghi di nascita, nell'insegnare la propria lingua ai figli – una seconda generazione italiana in tutto e per tutto. “Insegnare” appunto, quello che ha fatto per due settimane ai suoi visitatori Permanenze. Il cui messaggio non è stato soltanto di vicinanza e di tolleranza, ma di assoluta identi(ci)tà.

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