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Quagliarella: "Poster con lo striscione che mi hanno dedicato i tifosi del Napoli"

L'attaccante napoletano è stato protagonista della trasmissione Sky "I Signori del Calcio"

"Futuro? Nel calcio non si sa mai cosa può succedere, il Napoli ha determinate ambizioni e io sono grande, diciamo così.. Però io sono molto contento che con la mia gente sia tornato il sereno. Di quello striscione, che è stato esposto in Napoli-Atalanta, ne ho fatto fare un poster e ce l’ho a casa. 'Nell’incubo che hai vissuto, enorme dignità. Ci riabbracceremo presto, Fabio figlio di questa città', c’era scritto. Non era un atto dovuto però è una cosa che mi ha riempito il cuore all’ennesima potenza". Così l'attaccante napoletano Fabio Quagliarella, nel corso di una lunga intervista rilasciata alla trasmissione Sky "I Signori del Calcio".

IL SOGNO NAPOLI - "Prima dell’ultima partita di campionato in settimana mi aveva chiamato la società e il procuratore dicendo che c’era la possibilità che il Napoli mi volesse acquistare. “Non hai molto tempo per decidere - mi dicono - devi dirmelo domani”. Io gli ho detto che potevo dirglielo anche subito. Potevo tornare a casa, avevo il poster di Maradona e Careca, tutta la squadra del Napoli e della Juve Stabia perché essendo di Castellammare avevo il cuore gialloblù e azzurro. A volte da piccolo con mio padre andavamo al San Paolo, per me la domenica era sempre un evento emozionante. Parlai col presidente e gli chiesi se potevo avere qualche giorno in più di vacanza ed andai in Polinesia, quando rientrai a casa c’erano canzoni, pizze  e caffè col mio nome e io ancora dovevo indossarla quella maglia… Sapevo di avere una grande responsabilità, rappresentavo, per i tifosi, uno di loro in campo. Con me in squadra c’erano comunque Paolo Cannavaro, Gennaro Iezzo, Vitale e altri napoletani quindi potevo anche condividerlo con loro, ci dividevamo la pressione dei tifosi ma era bellissimo. Feci l’esordio a Palermo, poi ci fu la prima al San Paolo: che emozione nel tragitto per arrivare allo stadio! Ero teso, sudavo senza muovermi, sapevo che c’era una marea di gente. Mi dicevo stai tranquillo, “gioca come sai, non inventarti niente” per non rischiare di strafare".

L'INIZIO DELL'INCUBO - "Già prima del mio arrivo a Napoli iniziavano ad arrivarmi lettere anonime, minacce di morte, messaggi sul telefonino di ogni genere, a me, a mio padre, a mia madre e mi accusavano anche di essere un pedofilo e un camorrista. Da lì è iniziato l'incubo. Mi è mancata la serenità per giocare, era diventata un’ossessione, qualsiasi persona mi guardasse io ricambio con lo sguardo pensando che poteva essere lui a perseguitarmi. Non amo ritornare su questo argomento perché mi fa male, è come andare a riaprire la ferita che per tanti anni - non solo uno, due o tre mesi - mi sono portato dietro. I tifosi napoletani mi hanno comunque sempre dimostrato affetto, loro mi amavano e io li amavo, ci hanno diviso ma nessuno dei due voleva questo. Dovevo continuare a fare il professionista e cercare di fare la mia carriera. La vicenda è finita il 17 febbraio scorso. Sono stato tempestato di migliaia di messaggi di affetto di amici, tifosi del Napoli che chiedevano scusa. Loro non sapevano, ho fatto finta di niente quando mi dicevano certe cose, però sapevo che poi sarebbe arrivato il giorno della fine di tutto ed è stata una gioia immensa, ricongiungermi con la mia gente è stato il gol più bello che potevo fare".

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