Napoli 33 | La finale di Vicenza e il crollo in Serie B (1996-1998)
NapoliToday ripercorre gli ultimi 33 anni di storia azzurra, dall'ultimo scudetto ad oggi, tra aneddoti e ricordi
Una serata di tarda primavera ma caldissima, la sensazione di poter rientrare dalla porta principale del calcio che conta, un trofeo a portata di mano. Era il 29 maggio 1997 e si giocava Vicenza-Napoli, ritorno di una finale di Coppa Italia che all'andata – non era ancora partita secca – aveva visto al San Paolo gli azzurri vincere 1-0. Il cammino del Napoli era stato entusiasmante. Ai quarti aveva eliminato la Lazio, in semifinale addirittura l'Inter ai rigori dopo un doppio 1-1. Ma tra il febbraio del successo in semifinale e quel 29 maggio era cambiato qualcosa. Qualcosa che, in termini sportivi, si sarebbe a breve tradotto in una vera e propria debacle.
L'anno di Gigi Simoni e la finale di Coppa Italia
Facciamo un passo indietro. Dopo il mediocre campionato dell'anno precedente sotto la guida Boskov, l'allenatore diventa Luigi Simoni, da diversi anni tecnico della Cremonese. Il club in estate riesce a tenere i migliori e prova a rinforzare un attacco nella stagione percedente particolarmente asfittico. Via Massimo Agostini e Carmelo Imbriani, dentro Alfredo Aglietti, Nicola Caccia, e il brasiliano Caio dall'Inter. A centrocampo invece arriva il giovane brasiliano Beto. Soltanto Aglietti di questi riuscirà a non deludere, rivelandosi il migliore marcatore della stagione con 9 reti realizzate in totale. I punti forti della squadra sono comunque conferme dell'anno precedente, calciatori tutti in crescita: il portiere pararigori Pino Taglialatela, il centrale argentino Ayala, il libero-centrocampista André Cruz, il centrocampista francese Alain Boghossian e il compagno di reparto Fabio Pecchia. La formazione tipo vede in campo, con il 4-4-2: Taglialatela, Colonnese, Ayala, Baldini, Milanese, Cruz, Pecchia, Turrini, Boghossian, Aglietti, Caccia.
E la prima parte del campionato azzurro è davvero di livello. Alla sosta natalizia il Napoli veleggia al secondo posto in classifica (a pari punti con l'altra sorpresa della stagione, il Vicenza di Guidolin) alle spalle della Juventus. La sensazione è quella di essere tornati una squadra di vertice, probabilmente ancora lontana dalla possibilità di lottare per il titolo ma comunque assolutamente in grado di poter ottenere un piazzamento Uefa.
Il sogno dura poco. Il Napoli nei primi quattro mesi del '97 vince solo una partita (l'ultimo sussulto, in casa col Parma 2-1), e il 22 aprile Ferlaino esonera Simoni. Non ci sono soltanto i risultati negativi dietro questa decisione dell'ingegnere, anzi forse il campo è la cosa che ha meno influito. Da inizio anno Simoni era di fatto già sotto contratto con l'Inter di Moratti, che avrebbe allenato nella stagione successiva. Un accordo preso anzitempo che aveva indispettito Ferlaino al punto da spingerlo affidare la squadra a Vincenzo Montefusco (allenatore della primavera) alla vigilia della delicata finale di Coppa Italia col Vicenza. "Non me l’aspettavo – fu il commento dell'allenatore – È vero, avevamo giocato male le ultime due partite. Ma non credo che una finale di Coppa Italia, traguardo che da anni il Napoli non raggiungeva, sia cosa di poco conto. Il Napoli, a 6 giornate dalla fine, è a 7 punti dalla zona retrocessione. In una posizione tranquilla".
Non possiamo sapere se Luigi Simoni sarebbe riuscito a vincere quella Coppa Italia, così come non sappiamo se andare a disputare la Coppa delle Coppe l'anno successivo avrebbe riportato ossigeno alle casse della club e evitato la disastrosa campagna acquisti dell'estate '97. Sappiamo però com'è andata. A Vicenza il Napoli arrivò forte di un 1-0 maturato in casa, ma i veneti chiusero i 90 minuti regolamentari vincendo con lo stesso risultato. Ai supplementari la fine del sogno: Caccia prende un palo, poi la debacle il Vicenza segna al 118mo e al 120mo minuti facendo suo il trofeo. Stagione finita, c'è da rifondare.
Una squadra da record. Tutti negativi però: il peggiore anno della storia azzurra
Come sempre la delusione a Napoli, in fatto di calcio, non riesce a essere una sensazione duratura. La Nike sponsor tecnico e un paio di acquisti altisonanti fanno pensare che finalmente si possa tornare presto a disputare una stagione di vertice. Per la panchina viene scelto Bortolo Mutti, nuova scommessa di Ferlaino dopo quella di Gigi Simoni intanto accasatosi all'Inter. L'attacco cambia ancora volto: via Caccia, Caio e Aglietti, arrivano il promettentissimo Claudio Bellucci dal Venezia e Igor Protti in prestito dalla Lazio, ex capocannoniere con la voglia di rifarsi dopo una stagione abbastanza deludente con i biancocelesti. A completare un'altra promessa che sa di colpo vincente, l'argentino Calderon dall'Independiente. Vanno via anche Cruz, Milanese, Boghossian, Pecchia e Beto; arrivano invece Conte, Prunier, Sergio e Facci per la difesa, Rossitto per il centrocampo.
Oggi lo sappiamo, il bilancio di quella campagna acquisti fu pesantemente sfavorevole. Il Napoli di Mutti ottiene l'unica vittoria del girone d'andata, alla seconda di campionato con l'Empoli, poi dopo una serie di prestazioni molto negative arriva il primo esonero della stagione. Il primo, esatto, perché sulla panchina del Napoli poi siedono nell'ordine Carlo Mazzone, Giovanni Galeone e Vincenzo Montefusco, con i primi due che ottengono dalla dirigenza anche alcuni calciatori di loro gradimento. Passano infatti per Napoli il croato Asanovic, l'ex "principe" giallorosso Giuseppe Giannini, il francese Pedros, Massimiliano Allegri, il giovane centravanti serbo Damir Stojak.
Disastrosa. Non c'è altro aggettivo che si possa usare per descrivere questa stagione del Napoli. Gli azzurri collezionano in tutto 14 punti tra andata e ritorno, il minimo storico. La difesa, con 76 reti subite, è la peggiore del campionato. La presidenza Ferlaino vive la sua prima retrocessione in serie B, divisione in cui il Napoli non militava addirittura da 33 anni. Il punto di non ritorno è il 5-0 subito al Castellani con l'Empoli di Luciano Spalletti, poi la matematica arriva con cinque giornate d'anticipo, sabato 11 aprile 1998. A Parma finisce 3-1. Fabio Cannavaro (non della partita e visibilmente commosso) a fine gara abbraccio un Pino Taglialatela in lacrime: è l'immagine simbolo della fine di un'epoca.