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Napoli a San Siro contro il Milan, formazione in cerca d’autore

L’avvio di stagione dei rossoneri risulta ampiamente inferiore alle attese della vigilia

Nei più disparati ambiti professionali si decide spesso di percorrere la strada del cambiamento per tentare di migliorare lo standard dei risultati fino a quel momento raggiunti. Questa probabilmente la motivazione alla base dell’ennesimo cambio di uomini e strategie operato dal Milan la scorsa estate. Il sesto posto in campionato e la semifinale in coppa Italia persa contro la Lazio non sono bastati a Gennaro Gattuso per guadagnare la riconferma. La società, in accordo con la proprietà, ha deciso di rinunciare alla partecipazione all’Europa League, nonostante ne avesse guadagnato il diritto sul campo, così da non incorrere in ulteriori sanzioni della Uefa per la pregressa situazione debitoria e ha scelto di varare un nuovo progetto tecnico che attraverso il bel gioco praticato da un gruppo imperniato su giovani prospetti di valore assoluto le consentisse di tornare a lottare per la conquista di una delle prime quattro posizioni.

Dalle premesse appena esaminate è sembrato quasi naturale la scelta di affidare la gestione tanto manageriale che tecnica del piano societario a due figure che hanno contribuito in maniera essenziale a scrivere la storia del Milan degl’invincibili, Zvonimir Boban e Paolo Maldini. Rivoluzionaria, per certi versi, la scelta dell’allenatore perché Marco Giampaolo incarna la figura di colui che attraverso il duro lavoro quotidiano plasma la squadra inculcandole una precisa identità attraverso cui andare a ricercare il risultato, concezione che è apparsa di radicale rottura rispetto al pragmatismo del recente passato. Unico giudice insindacabile delle vicende calcistiche resta però il campo che ha fin qui espresso in maniera inesorabile i propri verdetti delineando al momento un bilancio ampiamente deficitario quando siamo giunti solo al primo terzo di campionato.

La scelta di esonerare l’allenatore durante la prima sosta per le nazionali, nonostante la rocambolesca vittoria in rimonta ottenuta contro il Genoa al Ferraris, e di affidare la guida della prima squadra a Stefano Pioli per imprimere la doverosa sterzata a tutto l’ambiente non ha fin qui prodotto i frutti sperati. Quattro vittorie, un pareggio e ben sette sconfitte costituiscono i numeri del preoccupante avvio di annata che al momento relega i rossoneri in un’anonima tredicesima posizione a pari punti con il Sassuolo, solo quattro lunghezze più su della zona retrocessione. Ad acuire lo stato di crisi in casa meneghina la percezione di un gruppo che non mostra ancora una fisionomia calcistica ben definita e riesce a giocare bene solo ad intermittenza.

Un dato su tutti induce alla riflessione: le undici reti realizzate, in media meno di una a partita, delineano le enormi difficoltà di una formazione che al momento detiene il quindicesimo attacco del torneo; basti pensare che da solo Immobile, capocannoniere del torneo con quattordici centri, ha realizzato più gol di tutto il Milan messo insieme. Per quanto concerne le reti incassate sono due gli archi temporali che inducono le riflessioni più interessanti: due sole reti al passivo nella prima mezz’ora mentre nell’ultima Donnarumma ha dovuto raccogliere il pallone in fondo al sacco in ben dieci occasioni. L’assenza per squalifica di Calhanoglu toglie qualità sulla trequarti in fase di rifinitura così come quella di Bennacer quantità ed energia nella zona nevralgica del terreno di gioco ma per risollevare le sorti dei suoi il tecnico deve riuscire assolutamente a creare le condizioni necessarie a riportare Piatek sugli standard realizzativi che gli hanno spalancato le porte di Milanello.

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