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Mazzarri: "Il mio Napoli come quello di Vinicio. I tifosi ci apprezzano"

Il tecnico azzurro ha rilasciato una lunga intervista a cuore aperto a Repubblica

 Walter Mazzarri ha rilasciato alcune dichiarazioni a La Repubblica. Ecco quanto evidenziato da Napoli Today: "L’allenatore lavora per l’azienda e ragiona come se fosse sua. E’ un mondo esasperato questo, dove tanti puntano sull’immagine, come mi vedete però io sono. Ho temperamento ma non solo quello. Programmo, curo i dettagli, se non sistemo l’1% non ci dormo. Alla partita devo arrivare dopo aver fatto tutto il possibile. Il calcio non è una scienza esatta, ma proprio perché ci sono imponderabilità e fattore umano, la preparazione ti fa sopravvivere. Se dietro il temperamento non c’è la sostanza i giocatori se ne accorgono e il boomerang ti torna addosso. Ai giocatori dico: sono al vostro servizio, chiamatemi 24 ore su 24, se risolviamo i problemi, i primi a beneficiarne siete voi. Mai andato in fibrillazione per la formazione, l’ho sempre chiara. E anche quando mi agito sono concentrato e razionale, l’opposto dell’istintivo. Forse vivo male le sconfitte, è vero, non ci dormo. Ma prima di perderle le tento tutte. E poi ho un rapporto sereno e diretto con i giocatori. Più i giocatori hanno temperamento e meglio sto. Credo nel faccia a faccia. Cassano mi ricorda sempre volentieri e ha detto che non mi so vendere bene… Forse ha ragione, ma non sono uno da pubbliche relazioni. Arrivai a Livorno che Lucarelli aveva tirato un vassoio a un allenatore, mai avuto problemi. Non è vero che nello spogliatoio ci si dice tutto, è nel faccia a faccia che succede. Alle 9 del mattino ho già chiamato i collaboratori, il team manager Santoro e ho il quadro: so se i Nazionali sono rientrati, come stanno, se sono mancati parecchio li metto sulla bilancia, si prepara subito l’allenamento. Che è sacro: è il momento in cui il calciatore mette a punto la sua macchina. Lo dico sempre “rispetto delle regole”. Qui quando il magazziniere consegna la tuta sa cosa dire. Dunque allenatore autorevole ma non autoritario e regole uguali per tutti, soprattutto per chi è più in vista. Sono un martello? Sì e a 360 gradi. Rapporti chiari e corretti: decido io, non il giocatore più importante. Se succede, addio. E ai giocatori dico: non guardate la testa del compagno cui date la palla, non fatevi influenzare dal nome, guardate la maglia: questo per me è il concetto di squadra. Un giocatore vede subito se sei preparato o no. Il 3-5-2? I moduli li uso tutti ma se l’80% è predisposto a un gioco devi continuare così. La mia firma però è il 3-4-3. Il modulo non è tutto, sono fondamentali i movimenti e l’automatismo. Noi arriviamo a un possesso palla di 70 minuti e attacchiamo almeno in 5: Lavezzi, Hamsik, Cavani, Maggio e Dossena, più i centrocampisti e magari Campagnaro. L’allenatore in prima è un artista, un creativo. I giocatori preferiscono essere sorpresi. All’intervallo di Napoli-Milan nel 2009 sul 2-0 per loro i giocatori pensavano, ora ci sfonda: dissi solo, degli errori ne parleremo, ora cambiamo così, si ricomincia da 0-0, facciamogliene tre. Due andarono benissimo. Il pubblico tutto questo lo capisce e mi piace lo striscione “Al di là del risultato”. Ho sentito fare paragoni col gioco di Vinicio. I gol parlano per Cavani ma non solo: con la Roma ha rincorso Pizarro fino all’area. Il calcio di oggi è un attacco senza punti di riferimento. Il turnover? Una squadra come il Napoli non può non farlo. Ora ho Catania, Liverpool e Milan: voi che fareste? Hamsik, Lavezzi e Cavani alla sesta consecutiva calano. Tanti anni fa quando con l’Empoli andavamo a San Siro si perdeva sempre, oggi non è così matematico se Inter o Milan non hanno curato tutti i dettagli contro una squadra che invece lo ha fatto. Dobbiamo andare avanti finale dopo finale e poi faremo i conti".

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