Napoli gloria e maledizione per Diego Armando Maradona
"Mantide religiosa che dopo averti portato in alto nel pieno dell’orgasmo, ti consuma e lentamente ti uccide", scrive Zumkeller dopo la morte dell'argentino
"25 Novembre 2020 è una data che molti napoletani e argentini ricorderanno per il resto della loro vita. Mi trovavo nel treno di ritorno per Napoli quando un amico mi mandò un messaggio su whatsapp sulla notizia della morte di Diego Armando Maradona. La notizia non mi sorprese particolarmente ma subito iniziai ad immaginare le reazioni popolari alla notizia.
Pianti, volti tristi, ricordi e vicende di gioia che affiorano nella mente di chi ha vissuto la stagione dei trofei negli anni’80, raduni di massa nei luoghi di culto e di adorazione al grande genio della storia del calcio mondiale: i murales ai quartieri spagnoli, a San Giovanni a Teduccio, e all’esterno dello stadio San Paolo che negli anni d’oro del Napoli Calcio sembrava esplodere di indigestione per la ressa di gente in giubilo alle prodezze del Pibe de Oro.
Le reazioni del popolo napoletano erano facilmente prevedibili come erano prevedibili le violazioni della zona rossa e delle restrizioni per il contenimento Covid-19 impossibili da rispettare da parte di un popolo che vive spasmodicamente di calcio, un popolo sregolato come lo era il grande campione argentino.
Maradona è morto nel momento storico più sbagliato, o forse no, è morto nel momento giusto, nell’era dove il mito e il sacro sono stati seppelliti nell’oblio.
Sì perché Maradona era l’archetipo dell’eroe mitologico che ha combattuto la sua guerra di Troia schierandosi dalla parte di una città greca e anch’essa mitologica come Napoli. La sua guerra contro il calcio degli sporchi affari fu vinta sfidando le leggi della Fisica e andando oltre i limiti delle capacità fisiche umane.
Come tutti gli eroi mitologici, l’indole anarchica prevaleva in tutti gli aspetti della vita di Maradona sia dentro che fuori dal campo, in un ambiente metropolitano meridionale partenopeo favorevole alla logica dell’andare contro le regole.
Per Maradona, Napoli è stato il suo habitat naturale dove ha avuto l’opportunità di esprimere la sua volontà nietzschiana di potenza e la scelta di questa città fu dettata dall’istinto piuttosto che dal denaro. Napoli era il posto giusto al momento giusto. Voleva la gloria, diventare l’idolo dei napoletani, il leader degli oppressi dell’emarginazione e dell’esclusione sociale da cui proveniva, e ci riuscì alla grande.
Ma gli eroi mitologici hanno sempre un punto debole. Achille lo aveva nel tallone e Paride, guidato dal dio Apollo, scagliò la freccia proprio in quel punto e lo finì. Il punto debole di Maradona fu quella polvere bianca, quella dannata cocaina che lo ha consumato e condotto al baratro lentamente, devastante per chi ha una mente da idealista e da sognatore.
Oscar Wilde diceva che la società perdona i criminali ma non i sognatori e gli idealisti. Quella società che lo ha condannato alla rovina e alla morte era molto simile a quella del business che sfidava con il pallone ma con una mente molto più furba e diabolica: la Camorra, quel cancro che attanaglia da sempre la città partenopea nelle ossa e nelle cartilagini ma che in fondo ognuno ha imparato a conviverci e relazionarsi per interessi personali e particolari.
Il clan egemone di Forcella degli anni’80, lo prelevava in piena notte per portarlo ai festini a base di cocaina e sesso come esposizione del loro potere su tutto e tutti. La tossicodipendenza che entrò nell’esistenza ingombrante di Diego ancora prima, nel Barcellona, e che consolidò definitivamente all’ombra del Vesuvio.
Napoli gli diede non solo la nascita di grande campione ma anche la sua fine, perché la sua morte sportiva, sociale, e umana, non avvenne in Argentina il 25 Novembre 2020, ma proprio a Napoli nel 1991, ultimo anno con la maglia celeste numero 10.
Ma fermiamoci un attimo e immaginiamo che Maradona avesse vissuto in una Napoli senza una criminalità organizzata pervasiva. Probabilmente avrebbe vinto molto di più e forse avrebbe trascinato e mobilitato le masse verso altri obiettivi perché il carisma e l’intelligenza sono doti innati e indipendenti dal livello di istruzione raggiunta. Al Pibe de Oro queste caratteristiche non gli mancavano. Ritiratosi dal calcio avrebbe affrontato altre sfide, avrebbe potuto studiare, magari si sarebbe dedicato ad azioni umanitarie contro la povertà nel mondo, magari si sarebbe candidato in politica in Argentina contro il Fondo Monetario Internazionale, l’Imperialismo Statunitense……Stop. Stiamo correndo troppo con la fantasia.
Nella seconda parte della sua vita, in Argentina, Diego ebbe diverse opportunità per un cambiamento interiore, per dare un calcio ai suoi fantasmi. Ci provò ma non resse ai numerosi tackles in scivolata che la vita ti offre quotidianamente; quando la vita, per uno come Diego Armando Maradona, diventa una mantide religiosa che dopo averti portato in alto nel pieno dell’orgasmo, ti consuma e lentamente ti uccide.
Maradona si sentiva vivo solo con quel pallone tra i piedi, elemento indivisibile del suo corpo.
La fine di Maradona fu un lento omicidio autodistruttivo che si è esaurito in un tempo lunghissimo e si concluse nel peggior modo possibile in un momento storico terribile.
Ma allora, per delle personalità ingombranti come Maradona, Napoli può diventare una maledizione?
Ci sarà tempo per rifletterci, ma adesso possiamo solo ringraziarlo per aver reso il calcio un grande sogno. Grazie di tutto D10S.
Riposa in pace Diego".
(di Dario Zumkeller, poeta e artista)