Una roulette russa
Buongiorno, buonasera o forse buonanotte, dove il tempo è diventato un optional, un vecchio legame con gli impegni, con le cose di tutti i giorni, quando il traffico sarebbe potuto essere un problema, il ritardo a scuola da giustificare o semplicemente aver fatto tardi per comprare il pane. Da un punto di vista pratico, tutta questa limitazione sembra essere una cura ayurvedica, quell’agopuntura dell’era moderna per lenire gli stress, ma non è così. È un atto dovuto, un atto di civiltà, un spirito patriottico risvegliato come un rumore assordante nel pieno della notte. La quarantena, la limitazione, il lockdown, visto da lontano, fatto di musica dai balconi, di video divertenti, di scatch e gif animate, può sembrare quasi simpatico, ma inizio a pensare che somigli più ad un’eutanasia fatta al nostro amico a 4 zampe, quando per tacitare la coscienza ci diciamo, stava soffrendo, l’ho fatto per lui. Ecco, così sta diventando. Una macchina che si è fermata all’improvviso, una frenata brusca, tutti incastrati nell’auto. Ma siamo vivi, è vero, ma aspettiamo i soccorsi. Ma può volerci tempo, perché i soccorsi per arrivare hanno bisogno di una serie di cose, qualcuno che li chiami, una centrale che risponda, un’autista esperto e personale qualificato. Tutto questo sembra un po’ la nostra quarantena, con gli aiuti che non arrivano, ma arriveranno, con i pin da ricevere, che non arrivano, ma arriveranno, ah già, ma saranno semplificati, invece di digitare 16 numeri, ne basteranno solo 8. Finalmente, qualcosa di veloce, la burocrazia italiana aveva bisogno di 8 numeri in meno. Perché qui si scherza, si parla, si canta e purtroppo molti piangono, piangono i loro cari, piangono di terrore che tutto avrà conseguenze catastrofiche, perché un politico buono ci rassicura, un medico cattivo ce le suona di santa ragione. E il piccolo, per capirci, quello che su una scala gerarchica “immaginaria” si trova giù, in fondo, ha poco da ridere in questo momento, e sicuramente ha ancora meno per sperare. Una cassa integrazione che non arriva, un reddito di cittadinanza che non gli spetta, e si trova a casa, a curare magari le mani secche di calce e cemento, che sono adesso a riposo forzato, magari quelle stesse mani non hanno nemmeno mai avuto la fortuna di firmare un contratto, pertanto non aspetta nemmeno la cassa integrazione, ma per fortuna ci sono quei fantastici buoni pasto, da andare a ritirare al comune, che con quei 10/15 euro finalmente ridaranno il sorriso e la dignità a quell’uomo, che ricordo, siamo tutti noi. Davide Cappiello