Reddito Minimo d’Inserimento, una possibile soluzione abbandonata troppo in fretta
Il Reddito di Cittadinanza non è la prima misura contro la povertà introdotta nel nostro paese. Bisogna dire che più di venti anni fa, alla fine del secolo e precisamente nel 1998 fu introdotto, in via sperimentale, il Reddito Minimo di Inserimento, con l’allora governo guidato da Romano Prodi e con ministro della Solidarietà Sociale, Livia Turco. Questa misura fu la prima a livello nazionale che faceva seguito ad iniziative di livello locale, attivate dai Comuni insieme con il volontariato. Il Governo, su proposta della Commissione Nazionale contro la Povertà della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il decreto legislativo 18 giugno 1998 introdusse questa misura in 39 comuni italiani (nella prima fase) rappresentativi di tutto il territorio nazionale: 6 nel Nord, 11 nel centro e 22 nel Mezzogiorno. I comuni erano titolari della sperimentazione e ad essi furono devolute le risorse necessarie da Fondo Nazionale per le Politiche Sociali. Oltre 42 mila famiglie e circa 165 mila persone hanno beneficiato di questa sperimentazione che prevedeva l’erogazione di un assegno mensile di circa 367 euro. Circa 26 mila tra famiglie e singole persone con un reddito non superiore alla soglia di povertà, hanno ricevuto un contributo per uscire dalla povertà e dall’esclusione sociale. La misura aveva un presupposto diverso dal Reddito di Cittadinanza: contrastare l’assistenzialismo attraverso un’integrazione al reddito accompagnata da un programma di reinserimento sociale, consistente prima nell’accettazione di un lavoro o di un percorso formativo - tale condizione era vincolante per accedervi – e poi veniva concesso il reddito da parte dello Stato. In parole povere, unitamente all’accettazione di un lavoro o una formazione si aveva il contributo. I costi per la sperimentazione furono di 476 miliardi di lire e coinvolse circa il 4% della popolazione. Furono coinvolti tutti i servizi in generale, dai servizi sociali, sanitari, dell’inserimento lavorativo, delle politiche abitative, dei servizi educativi e della formazione. Il punto unico di accesso e la rete integrata dei servizi definiscono un programma personalizzato di integrazione sociale e valutano anche se ha i requisiti per accedere alla integrazione al reddito. A Napoli, in particolare, gli effetti furono molto positivi e significativi – come sottolineato anche dalle maggiori testate giornalistiche all’epoca - basti considerare che nei Quartieri Spagnoli, il Comune stipulò un patto con le mamme affinchè inviassero i figli a scuola, contrastando così l’abbandono scolastico. I risultati della sperimentazione furono valutati da una Commissione presieduta dalla Prof.ssa Chiara Saraceno che li trasmise al Parlamento, che però non li ha mai discussi. Nella relazione erano contenuti alcuni punti che indirizzavano per la risoluzioni delle criticità riscontrate, unitamente ai rilievi positivi che questa sperimentazione aveva prodotto. Alla base e l’obiettivo del Reddito Minimo d’Inserimento era avere un lavoro (o comunque partecipare a corsi di formazione). Tralasciando la parentesi “Social Card”, si giunge al Reddito di Cittadinanza, che, però, verrà abrogato dal 1 gennaio 2024. Dal 2023 hanno diritto a 12 mensilità i nuclei familiari dove sono presenti: minorenni o persone con disabilità o persone con più di 60 anni di età, mentre è riconosciuto per un massimo di 7 mensilità per gli altri beneficiari, così detti "occupabili".
Chi otterrà il Reddito di Cittadinanza verrà contattato dai Centri per l’impiego – non considerando il coinvolgimento di altri servizi e attività che riguardano la vita e i fabbisogni quotidiani - e dovrà aderire a un percorso di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale, seguendo un percorso di riqualificazione professionale firmando un “Patto per il lavoro”. I beneficiari hanno l'obbligo: - di frequentare per sei mesi un corso di formazione e/o riqualificazione professionale; - di accettare la prima offerta di lavoro (una qualsiasi e a qualsiasi condizione??), anche se pervenuta nei primi diciotto mesi di godimento del beneficio - di frequentare corsi di istruzione per i beneficiari tra i 18 e i 29 anni che non hanno adempiuto all’obbligo scolastico Una somma integrativa è riconosciuta alle famiglie che hanno al loro interno una persona diversamente abile. Nella attuazione del reddito di cittadinanza, un ruolo centrale è stato attribuito ai Centri per l’Impiego prevedendone anche l’aumento delle dotazioni organiche; ciò è sicuramente positivo ma restano irrisolte le questioni della loro scarsa dotazione strumentale, dell’assenza di un sistema informativo unitario, della mancanza di un piano di formazione. La soluzioni di queste questioni era necessaria fin dall’inizio, ma sostanzialmente non si è mai arrivati ad una soluzione concreta. Con l’arrivo del 2024, tra meno di dieci mesi, il nostro Paese resta l’unico in Europa a non avere una misura universalistica di contrasto alla povertà. Come mai? Bisognerebbe considerare in prima battuta da cosa derivi la povertà: da processi derivanti la crisi economica o è un fatto a sé stante con cause proprie, nonché, bisogna ritenere che la povertà sia da contrastare attraverso interventi che sono collegati alla crescita e alle politiche del lavoro, o debbano essere necessarie politiche mirate, per zona e situazioni particolari. Per capire l’importanza del Reddito Minimo bisogna avere una lettura attenta e veritiera delle cause che determinano la povertà e delle forme in cui essa si manifesta, ma soprattutto deve essere chiaro ciò che è alla base del Reddito Minimo d’Inserimento a differenza di ciò che sta alla base del Reddito di Cittadinanza: nel Reddito Minimo di Inserimento l’elemento necessario è il lavoro e la ricerca attiva del lavoro (con corsi di formazione) ed è una misura di extrema ratio, con il coinvolgimento di più parti, non solo per la ricerca di lavoro, non assistenzialistica; il reddito di cittadinanza, invece, almeno da come lo è stato in questi anni, non ha una dipendenza dal lavoro e viene elargito a prescindere, riconosciuto alla persona in quanto tale. L’ulteriore obiettivo, invece, del Reddito Minimo di Inserimento era, altresì, una riqualificazione dell’intero nucleo familiare, con un’introduzione al lavoro, ma anche ad una maggiore cultura della legalità soprattutto in zone difficile, con un’alta dispersione scolastica. Bisogna ribadire che questa discontinuità, già all’epoca, ha generato gravi problemi al fabbisogno quotidiano dei genitori che sono investiti della responsabilità obbligatoria di dovere offrire ai loro figli una continuità scolastica e un vivere dignitoso e civile. La dignità non si compra ma si forma attraverso il vivere civile di ogni essere, e per far si che ciò avvenga la società dovrebbe garantire le prime regole fondamentali di diritto e di democrazia. In mancanza di queste regole si genera il malessere e di conseguenza l'effetto “giungla”, là dove l'unico linguaggio è l'aggressione e la violenza in termini di sopravvivenza. Con la sospensione del sussidio – che, ricordiamo, alla base aveva il lavoro e la famiglia con tutti i servizi - fu vanificato l'impegno dello Stato per il miglioramento che si prospettava nel futuro. Oggi, si ripete la stessa situazione con l’abolizione del Reddito di Cittadinanza e senza una prospettiva certa, le problematiche ritornano: perché non riprendere e migliorare il Reddito Minimo d’Inserimento, così da sostituire e migliore una misura universalistica di contrasto alla povertà, che porrebbe l’Italia un passo avanti ad altri paesi europei, con un miglioramento dell’universo lavorativo, familiare e culturale?