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Scuola e Covid: lo straordinario invito alla resistenza di un'insegnante napoletana

"Quanto perderanno i nostri figli in questo anno? Tanto, tantissimo. Ma forse perderanno ancora di più se davanti ai loro occhi noi che siamo i primi educatori, i loro genitori, non sapremo porre quel poco di buono che c’è", scrive in una lettera aperta postata su Fb Francesca Ficca, docente del Liceo Umberto I di Napoli

«L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio» (Italo Calvino).

La scuola non è mai stata – per usare un eufemismo – in cima ai pensieri dei nostri governanti, e spesso i danni maggiori li ha subìti da chi, attraverso tutto l’arco costituzionale, avrebbe dovuto tutelarla, farla crescere, rafforzarla. È così. È un dato di fatto, e le ultime, drammatiche vicende legate alla pandemia da Covid-19 non lo hanno smentito.

Ancora una volta, la scuola è stata la Cenerentola degli impegni dei nostri governanti che, in modo estremamente confuso, spesso contraddittorio, hanno cercato di organizzare negli ultimi tre mesi (con grande ritardo!) una riapertura che, come era prevedibile, ha mostrato fin da subito tutte le sue falle. Tra presenza e distanza…i problemi non mancano. Per quanto riguarda la presenza: difficile gestire correttamente distanziamenti e uso delle mascherine, evitare assembramenti in entrata e in uscita, per non parlare della disastrosa ripercussione che la riapertura ha avuto sul trasporto pubblico. La didattica a distanza: le coperture internet delle scuole non sono state potenziate, le piattaforme non sono state rese più stabili. Vero. Verissimo. Così vero che nessun genitore potrebbe dire il contrario.

Eppure… Eppure, come sarebbe bello se, in questa difficilissima situazione, qualche genitore – tra una lamentela e un’altra, dopo questa o quella recriminazione – pensasse anche solo per un attimo a tutto il lavoro, spesso invisibile e frustrante, di quei presidi, professori, collaboratori, che hanno cercato e continuano a cercare di far funzionare al meglio le cose.

Come sarebbe bello se qualche genitore, invece di sparare a zero su tutto ciò che non funziona, imparasse (e soprattutto insegnasse ai propri figli) a guardare la fatica di chi deve ‘inventarsi’ un modo nuovo di far lezione, deve imparare a non spazientirsi quando la connessione salta, deve capire come portare avanti in questo anno assurdo un programma ministeriale che – già lo sa – non riuscirà a terminare.

Quanto perderanno i nostri figli in questo anno? Tanto, tantissimo. Ma forse perderanno ancora di più se, davanti ai loro ‘occhi depressi’, noi che siamo i primi educatori, i loro genitori, non sapremo porre quel poco di buono che c’è, se non insegneremo loro che, tra tante difficoltà, ci sono anche piccoli successi quotidiani, ci sono gli sforzi e l’impegno di quanti sono i primi a riconoscere quelle difficoltà e tentano instancabilmente di superarle, solo e soltanto per amore degli studenti.

I problemi non si risolveranno, ma se anche solo un ragazzo imparerà a nutrire ancora speranza e fiducia nel futuro e nella buona volontà propria e altrui, senza piangersi inutilmente addosso, forse anche tutta questa tragedia che ci ha travolti ci lascerà qualcosa di buono. E non è poco.

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