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Asprinio: il "grande piccolo vino eroico" ritorna a Napoli

Dovuto all'intuito di Roberto D'Angiò, che regnò a Napoli nel '300, sempre presente sulle migliori tavole fino ai primi del '900, l'Asprinio torna protagonista in inediti abbinamenti

L'Asprinio è innanzitutto un "vino eroico": a renderlo tale le condizioni in cui viene coltivata e raccolta l'uva che lo origina. Le viti dell'Asprinio si riconoscono infatti da lunghe distanze: si arrampicano in altezza, fino a 25 metri, e sono “maritate” ai pioppi. Per raccogliere i grappoli i viticoltori devono compiere veri equilibrismi, arrampicandosi su scale altissime. E' poi sicuramente "piccolo", per le quantità immesse sul mercato che lo destinano a pochi cultori e intenditori. E' infine un grande vino, non solo per la tradizione pluricentenaria che è alle spalle di chi lo produce, ma per le sue caratteristiche particolari che lo rendono "unico al mondo", come ebbe modo di mettere in risalto il celebre scrittore Mario Soldati: “Non c’è bianco al mondo così assolutamente secco come l’Asprinio: nessuno. Perché i più celebri bianchi secchi includono sempre, nel loro profumo più o meno intenso e più o meno persistente, una sia pur vaghissima vena di dolce. L’Asprinio no. L’Asprinio profuma appena, e quasi di limone: ma, in compenso, è di una secchezza totale, sostanziale, che non lo si può immaginare se non lo si gusta… Che grande piccolo vino!

Un po' di storia

Si racconta che fu il sovrano Roberto d’Angiò, nel Trecento, a incaricare il proprio cantiniere, Louis Pierrefeu, di individuare il “cru” migliore per produrre spumante, di cui non era facile approvvigionarsi a causa delle distanze. Pierrefeu si rese conto che l’Agro Aversano aveva condizioni climatiche tali da consentire la produzione di uno spumante “leggero e brioso". Da allora l’asprinio di Aversa ha sempre avuto l'apprezzamento dei grandi enologi fino ad ottenere nel 1993 il marchio DOC. A rendere speciale questo vino anche la conservazione nelle tipiche grotte di tufo dell'Agro aversano, profonde anche oltre 15 metri, dove la temperatura resta sempre costante, intorno ai 13 – 14 gradi.

L’Alberata a Napoli

L’ Asprinio di Aversa per raccontarsi ha scelto il cuore della città che da sempre lo ha apprezzato, con un incontro nel Lapis Museum nell’ambito del progetto di denominato Alberata Stories, attraverso tutti i produttori iscritti al Consorzio di tutela VITICA presieduto da Cesare Avenia, e i sommelier dell'AIS Campania, guidati dal presidente Tommaso Luongo. Allestiti banchi d’assaggio nello spazio della mostra «Convivia, il gusto degli antichi» che sposa in pieno la cultura del cibo e del vino, con un percorso sviluppato in diverse sezioni narrative, in cui oggetti, proiezioni e ricostruzioni 3D (a cura del MAV – Museo Archeologico Virtuale), riproduzioni grafiche ed approfondimenti multimediali hanno accompagnato il visitatore alla scoperta della Campania Felix, in un arco cronologico che spaziava tra le fasi più antiche di sfruttamento dei suoli e la documentazione materiale proveniente dalle città vesuviane, seppellite dall’eruzione del 79 d.C., per delineare il processo culturale che porta dall’agricoltura alla cultura del cibo, attraverso i racconti di Plinio sulla Campania Felix con una sezione dedicata al Falerno e alle alberate etrusche della piana aversana e il valore aggiunto della Collezione dei commestibili del MANN, una collezione unica al mondo, fatta di noccioli e olive essiccate, per l’olio; una eccezionale bottiglia con olio, un vero e proprio unicum, vinaccioli per il vino, cariossidi di farro, orzo, per i cereali.

Asprinio d'Aversa: piccolo, grande vino eroico (foto A. De Cristofaro - NT)

E' toccato quindi a Vittorio Fortunato, patròn de La Locanda del Gesù Vecchio, in via Giovanni Paladino, individuare tra i piatti tipici della tradizione napoletana gli abbinamenti più intriganti, sottoposti ad esperti del settore e all'assessore regionale all'agricoltura Nicola Caputo: sfida perfettamente riuscita, in un trionfo di fritture alla maniera genuinamente napoletana, minestre, una vera genovese, "tirata" a dovere a cottura e pastiera, immancabile dolce del Natale partenopeo.   

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