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Sabato, 20 Aprile 2024
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Tesori sconosciuti: la brocca della Sirena

Lo straordinario oggetto protagonista delle “Immersioni nell’arte” di gennaio 2022 sulle pagine social del Museo e Real Bosco di Capodimonte e della Stazione Zoologica Anton Dohrn

Nel Gabinetto degli Oggetti preziosi nel Real Museo Borbonico, l’attuale Museo Archeologico, si trova un manufatto straordinario che viene persino attribuito alla bottega di Benvenuto Cellini. Protagonista della rubrica social “Immersioni nell’arte”, curata dai Dipartimenti Comunicazione del Museo e Real Bosco di Capodimonte e della Stazione Zoologica “Anton Dohrn” che fonde contenuti storico-artistici con informazioni di biologia marina, si tratta di una piccola brocca, dalla tipica forma dell’anfora greca da vino, l’oinochóe.

Agata, oro e pietre preziose

I Dipartimenti Comunicazione raccontano che  la brocca è scolpita in un unico blocco di agata sardonica impreziosita da cinque fascette d’oro di cui una, quella che orna l’imbeccatura reca una decorazione smaltata a motivi vegetali. Altre decorazioni a smalto sono poste al collo, al nodo, e alla base del piede.

In particolare, al collo sono incastonati sei rubini alternati a fiorellini di smalto verde; al nodo ci sono quattro rubini e decorazioni a smalto bianco; alla base, ci sono quattro rubini, tre schegge di rubini e sei di smeraldi, alternati a piccole decorazioni a smalto.  La fascetta d’oro all’estremità inferiore presenta una decorazione incisa.

Nella parte centrale della brocca c’è una sirena di smalto, dalla coda biforcuta che si attorciglia attorno alle sue braccia; all’attacco delle due code sono incastonati tre rubini e uno smeraldo.

Il corpo del vaso è inciso ad arabeschi ed il collo è a baccellature, manca un pezzo alla base del piede.

Vasi come questo sono frequenti nelle importanti collezioni cinquecentesche; nel corso del Rinascimento, l’Italia settentrionale, soprattutto Milano, vide fiorire una vasta industria della lavorazione delle pietre dure.

I committenti di quel tempo ordinavano alle botteghe milanesi notevoli quantità di vasi in pietre e cristallo di rocca. Quelle più note, erano le botteghe dei Miseroni e dei Saracchi, attive nel Tardo Rinascimento e Primo Seicento. L’opera potrebbe essere stata realizzata proprio a Milano, intorno alla seconda metà del Cinquecento, più ostico darne l’attribuzione all’una o l’altra famiglia di intagliatori.

Le legature in oro e gemme, invece, erano spesso eseguite da altri artigiani, orafi e cesellatori, spesso fiorentini e nord europei, così, questa tipologia di oggetti preziosi, finiva per diventare il risultato di uno stile internazionale di corte, più che un bel manufatto del singolo artista.

La Sirena di Napoli, tra verità e credenze

In quest’opera l’elemento decorativo principale è una sirena.

Le sirene, spiegano i Dipartimenti Comunicazione dei musei napoletani,  sono figure della mitologia greca che si discostano molto dall’immagine che le rappresenta come donne-pesce. Nel mito classico, infatti, erano raffigurate come metà donne e metà uccelli. Esse incantavano gli uomini, marinai che, attratti dai canti, provavano a sbarcare sulla loro isola, naufragando.

Berta e la Sirena

Esistono uccelli pelagici, le berte, che emettono un richiamo umanoide, simile ad un pianto di donna. Questo verso viene emesso in pieno buio, nelle notti senza luna, in prossimità degli isolotti disabitati, su cui questi uccelli nidificano.

Ai tempi dell’antica Grecia il canto notturno di questi uccelli marini avrà certamente sedotto i marinai ed ispirato poeti che hanno dato vita al mito delle sirene per metà donne e per metà uccelli.

Ali e code di pesce

Il drastico cambio nell'iconografia delle sirene, con la metamorfosi delle ali in coda di pesce, per gli esperti potrebbe essere avvenuta o perché il Cristianesimo associava questi esseri mitologici al male e, quindi, non degni di possedere le ali, che erano prerogativa degli angeli, oppure per un banalissimo  errore di trascrizione.

La differenza tra pinnis (pinne in latino) e pennis (penne) in effetti è minima e l’errata trascrizione di qualche amanuense avrebbe potuto indurre il disegnatore di un bestiario medioevale latino a dare alle sirene l’aspetto delle donne-pesce che oggi conosciamo.

Le sirene di Cristoforo Colombo

Anche altri animali hanno alimentato le leggende sul conto delle sirene, i sirenidi appunto!

Il primo a descriverli fu Cristoforo Colombo il 9 gennaio del 1493 nel suo diario di bordo verso Española: “Ho visto tre sirene emergere dall’acqua. Ma non sono così belle come le dipingono …” si riferiva ai lamantini, mammiferi perfettamente adattati alla vita acquatica caratterizzati da capezzoli in posizione ascellare che, in fase di allattamento, possono ricordare un seno di donna

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