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Venerdì, 19 Aprile 2024
Salute

Trombosi cerebrale e AstraZeneca, connessione e sintomi: rispondono i neurologi

“Gli anticorpi sviluppati dopo la vaccinazione possono legarsi, in rarissimi casi, alle piastrine, attivandole e innescando un meccanismo che porta alla formazione di coaguli nel sangue. I sintomi cui prestare attenzione sono cefalea, disturbi visivi, nausea e vomito”. L’intervista ai dottori Andreone, direttore UOC Neurologia Caserta, e Renna, del reparto di Neurologia del Cardarelli

- A quali sintomi bisogna prestare attenzione?

“La trombosi venosa cerebrale si presenta con un corteo di segni e sintomi variabili. La presentazione clinica è riconducibile a due meccanismi: il primo è quello dell’ipertensione endocranica, ovvero di un aumento della pressione all’interno della teca cranica dovuto ad un alterato drenaggio venoso, il secondo è il danno focale del tessuto cerebrale dovuto all'infarto venoso. Spesso sono presenti segni e sintomi relati ad entrambi i meccanismi sia alla presentazione che durante la progressione della patologia. I sintomi relati all’ipertensione endocranica sono principalmente la cefalea e i disturbi visivi. La cefalea è presente nel 90% dei casi. È descritta come ingravescente e scarsamente responsiva alla terapia analgesica. I sintomi visivi sono rappresentati da perdita o calo transitorio del visus, perdita della visione periferica, spesso associati a nausea e/o vomito. In alcuni casi è possibile riscontrare diplopia, ovvero visione doppia. Tale disturbo è dovuto alla compressione di uno o entrambi i nervi abducenti, che sono implicati nella motilità dei globi oculari. Il secondo meccanismo relato alla trombosi venosa è l’ipoperfusione cerebrale con associato danno ischemico o emorragico. In tal caso i sintomi sono correlati alla sede dove si verifica il danno del tessuto cerebrale. Frequenti sono anche le crisi epilettiche, che si presentano nel 40% dei casi. Le crisi possono essere focali con o senza secondaria generalizzazione e possono evolvere verso lo stato epilettico, che configura una condizione ad elevata mortalità. In linea di massima la diagnosi di trombosi dei seni venosi non è immediata e rappresenta una sfida per il clinico. Non di rado la diagnosi richiede alcuni giorni: in media viene posta circa una settimana dopo l’insorgenza dei primi sintomi. Come specificato dall'EMA, tali sintomi si sono sviluppati nei vaccinati coinvolti entro due settimane dall'inoculazione del vaccino AstraZeneca. Nel caso in cui si dovessero manifestare, la raccomandazione è di contattare immediatamente il proprio medico o l'assistenza sanitaria”.

- Esistono esami specifici che consentono di rilevare una maggiore o minore predisposizione a questo tipo di complicanza trombotica?

“È stato sviluppato un test (screening) in grado di identificare se gli anticorpi “cattivi” diretti contro le piastrine sono presenti in pazienti con trombosi venose e trombocitopenia. Ma occorre sottolineare che tale test è positivo anche per altre cause. In linea di massima, se il test è negativo, la reazione al vaccino è improbabile; i risultati positivi devono essere, invece, approfonditi con un test di conferma. Tale test è fondamentale a scopo diagnostico, ma non c’è un test che permetta di rilevare una maggiore o minore predisposizione a questo tipo di complicanza trombotica. Nel sospetto di una trombosi dei seni associata alla somministrazione del vaccino di AstraZeneca sarà particolarmente importante anche l’esecuzione di indagini di laboratorio, tra le quali l’emocromo con conta piastrinica, il dosaggio del d-dimero e l’esecuzione di test per la ricerca di anticorpi diretti contro l’antigene piastrinico “platelet factor 4 (PF4)”.

- Si consiglia il test sierologico prima del vaccino?

“Il test sierologico per gli anticorpi diretti contro il SARS-CoV-2 (che serve per valutare se abbiamo contratto in passato l’infezione) non è raccomandato prima della vaccinazione, né in Europa né negli Stai Uniti. Secondo vari studi chi ha avuto il Covid non corre alcun rischio a vaccinarsi, anzi, la vaccinazione migliora il titolo anticorpale e consente una migliore neutralizzazione nei confronti delle varianti”.

- Come viene diagnosticata la trombosi cerebrale dei seni venosi?

“Per la diagnosi di trombosi dei seni venosi fondamentale è il sospetto clinico: il medico deve pensarci per indirizzare lo studio neuroradiologico sul sistema venoso. A differenza degli ictus arteriosi, le lesioni vascolari nella trombosi dei seni venosi non rispettano un preciso territorio vascolare e risultano assenti in quasi un terzo dei casi. Il primo esame che generalmente è eseguito in Pronto Soccorso è la tomografia computerizzata (TC) dell’encefalo che può permettere di distinguere segni indiretti e diretti di trombosi venosa. La TC è però una metodica a bassa sensibilità e con una elevata percentuale di falsi negativi sino al 30% dei casi. La risonanza magnetica (RMN) è molto più sensibile nella diagnosi di trombosi dei seni venosi, in particolare quando si eseguono sequenze specifiche, ovvero l’angio-RM con studio della fase venosa. Nei casi di più difficile diagnosi, in particolare per le trombosi delle vene corticali, il gold standard diagnostico è l’angiografia cerebrale. In angiografia cerebrale, la fase angiografica venosa mostra, infatti, la trombosi come difetto di riempimento. Le linee guida dell’American Heart Association (AHA/ASA) indicano la TC e la RM con sequenze angiografiche come esami diagnostici di primo livello; in caso di negatività degli esami TC e RM, se il sospetto clinico è elevato, è autorizzato il ricorso all’angiografia cerebrale. Nel sospetto di una trombosi dei seni associata alla somministrazione del vaccino di AstraZeneca sarà particolarmente importante anche l’esecuzione di indagini di laboratorio, tra le quali l’emocromo con conta piastrinica, il dosaggio del d-dimero e l’esecuzione di test per la ricerca di anticorpi diretti contro l’antigene piastrinico “platelet factor 4 (PF4)”.

- Come si cura la trombosi venosa cerebrale?

“La trombosi venosa cerebrale è una condizione potenzialmente fatale, pertanto è fondamentale che sia gestita in un setting idoneo, ovvero in una Stroke Unit. Nelle forme di trombosi venosa cerebrale classiche, ovvero quelle non associate a vaccinazione, la terapia si bassa sulla somministrazione di anticoagulanti, con gli obiettivi di prevenire la crescita del trombo e facilitare la ricanalizzazione del vaso. Anche nei pazienti con trombosi venosa associata ad emorragia è indicata l’anticoagulazione con eparine a basso peso molecolare (LMWH) o con anticoagulanti orali tipo warfarin. Nel caso di trombosi venose cerebrali associate a somministrazione del vaccino di AstraZeneca, la somministrazione di eparina sodica e/o eparine a basso peso molecolare deve essere evitata, così come deve essere evitata la somministrazione di anticoagulanti vitamina K dipendenti e di concentrati piastrinici (per la trombocitopenia). Il trattamento si basa invece sulla somministrazione di immunoglobuline ad alto dosaggio (immunoglobuline G per via endovenosa). Tale trattamento, disponibile negli ospedali specializzati, ha lo scopo contrastare il meccanismo di coagulazione del sangue attraverso la neutralizzazione degli anticorpi “cattivi”. La terapia anticoagulante ha comunque un ruolo per contrastare la trombosi ma, come già detto, sono controindicate le eparine a basso peso molecolare”.

- Qual è il tasso di mortalità della CVTS?

“Le trombosi venose cerebrali sono in generale una patologia potenzialmente fatale, con tassi di mortalità di circa il 4% in fase acuta e 8-10% nel lungo termine. Le trombosi venose cerebrali descritte in associazione al vaccino AstraZeneca rappresentano un sottogruppo di trombosi venose sottese da un meccanismo specifico. Sono estremamente rare e i dati riportati ad oggi non permettono di definirne la mortalità”.

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