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Covid, il Prof. De Feo: “Non ha senso continuare coi tamponi agli asintomatici”

Sulla sospensione delle attività di specialistica ambulatoriale, l’ex Direttore del Centro Diabetologico del Cardarelli dichiara: “Ad essere penalizzati sono soprattutto i pazienti cronici, come i diabetici, per i quali è previsto un periodico rinnovo del piano terapeutico e rischiano di rimanere sprovvisti di farmaci indispensabili”

Dal primo gennaio è entrato in vigore il decreto legge che modifica le regole per la quarantena dopo un contatto con una persona positiva al Covid. In alcuni casi, le nuove norme prevedono una forma di autosorveglianza. Nello specifico, i vaccinati che hanno già ricevuto la terza dose o il booster, i vaccinati con ciclo completo “primario” da meno di 120 giorni e i guariti dal Covid da meno di 4 mesi, se asintomatici, non devono più mettersi in quarantena né aspettare il risultato di un tampone per uscire di casa. Possono andare ovunque ma con l’obbligo di indossare le mascherine Ffp2 fino al decimo giorno successivo all'ultima esposizione al soggetto positivo. In caso di sintomi, bisogna, invece, effettuare un test antigenico rapido o molecolare e, se ancora sintomatici, ripeterlo al quinto giorno successivo alla data dell’ultimo contatto stretto. “E’ giusto cambiare atteggiamento nei confronti dell’epidemia – dichiara il Prof. Eugenio M. De Feo, ex Direttore del Centro Diabetologico dell'ospedale Cardarelli di Napoli -. Ma oltre a fare la differenza fra asintomatici e sintomatici enfatizzerei anche i vantaggi di aver fatto un ciclo vaccinale completo. Chi ha scelto di non vaccinarsi è venuto meno ad un dovere sociale, e, quindi, dovrebbe avere, rispetto ai vaccinati, più limitazioni nell’usufruire dei beni comuni”.

Sulla sospensione delle attività di specialistica ambulatoriale e dei ricoveri programmati sia medici che chirurgici non urgenti presso le Strutture ospedaliere pubbliche (proseguono in maniera invariata quelle dei poliambulatori territoriali), il Prof. De Feo lancia l'allarme: “E’ una decisione che avrà serie conseguenze sulla salute di molti pazienti, soprattutto cronici. Questi, non riuscendo a prenotare in tempi accettabili presso una struttura territoriale, dovranno rinunciare ad un rapporto già iniziato con il medico ospedaliero. Il tutto è poi aggravato dal fatto che molti di questi pazienti utilizzano farmaci per i quali è previsto un periodico rinnovo del piano terapeutico e rischiano di rimanere sprovvisti di farmaci indispensabili se non riusciranno a contattare in qualche modo i loro medici in ospedale”.

L’intervista al Prof. De Feo, ex Direttore del Centro Diabetologico del Cardarelli e consulente scientifico della FAND (Associazione Italiana di Diabetologia).

Prof. De Feo, dall’8 gennaio è in vigore l’obbligo vaccinale per gli over50 sia per il ciclo primario che per il richiamo (dose booster). Quanto è importante la tersa dose, soprattutto nei pazienti diabetici? E cosa pensa dell’obbligo vaccinale esteso a tutte le fasce d’età?

“La terza dose credo sia molto importante per rendere più pronta la risposta anticorpale soprattutto con queste nuove varianti, Delta ed Omicron, che sono notevolmente più contagiose e veloci nell’iniziare la replicazione virale una volta entrati nel corpo umano. Le nostre esperienze e quelle degli altri Paesi industrializzati confermano certamente tale osservazione. Chiaramente i diabetici, almeno quelli anziani e con pluripatologie, che sono la maggioranza, necessitano assolutamente di questa terza dose, come tutte le categorie di pazienti fragili. Credo che un obbligo vaccinale attuato sin dai primi mesi di uso dei vaccini avrebbe salvato qualche vita in più e ridotto i ricoveri in questa 4° ondata. E credo, inoltre, che avrebbe contribuito a non lasciare molto spazio a contrapposizioni faziose fra Vax e No Vax”.

Si sta già parlando della possibilità di una quarta dose? Possiamo sottoporci a booster ogni 3-4 mesi? Cosa pensa di una strategia che prevede di andare avanti con vaccinazioni a distanza di così poco tempo?

“Personalmente non credo che faremo a breve una 4° dose di questo stesso tipo di vaccino. Forse questa sarà limitata a poche categorie di persone che notoriamente hanno una scarsa risposta immunitaria e, quindi, potrebbero risultare più esposti a conseguenze severe da una eventuale infezione. Le esperienze di alcuni Paesi che avevano praticato la 3° dose prima dell’Italia sembrano indicare che una 4° dose in tempi ravvicinati non offra ulteriori vantaggi. Cosa ben diversa è se compare una nuova variante del virus, che non risponda agli attuali vaccini e presenti una aggressività per organi e tessuti vitali tanto da risultare mortale o invalidante. In tal caso, però, il vaccino dovrebbe essere modificato e mirato alla nuova variante e, quindi, si ripartirebbe con un nuovo ciclo vaccinale. Questa evenienza può essere evitata solo dalla messa a punto di farmaci efficaci quanto, se non più, del nostro sistema immunitario nel distruggere il virus prima che determini danni organici”.

La variante Omicron si sta dimostrando meno aggressiva ma molto più contagiosa (5 volte più della Delta). A leggere tra le righe delle dichiarazioni di epidemiologi e infettivologi, pare che il Covid lo prenderemo quasi tutti. Secondo lei dovremmo trattare l’infezione da Coronavirus come un’influenza (nel caso dei vaccinati), iniziarla a valutare con parametri diversi rispetto a quelli utilizzati finora?

“Sì, credo che sia venuto il momento di cambiare atteggiamento nei confronti dell’epidemia. Non abbiamo alcuna possibilità di evitare la trasmissione del virus perché vi sono troppi Paesi nel mondo dove i vaccini sono scarsissimi. Finchè non compaiono varianti più aggressive, i soggetti con un ciclo vaccinale completo, e che non vivono a stretto contatto con soggetti immunodepressi, dovrebbero smettere di fare tamponi, molecolari ed antigenici, se non hanno sintomi chiaramente sospetti di infezione “attiva” da Covid. Lo scopo dei tamponi dovrebbe diventare solo quello di capire se i sintomi di uno stato di malattia possono dipendere dal Covid o sono da attribuire ad altro, e non più quello di evitare di trasmettere ad altri il virus. Certo, in quest’ottica, è indispensabile un uso obbligatorio, costante e corretto, dei presidi come le mascherine Ffp2 in luoghi affollati o, quando è possibile un contatto ravvicinato con persone fragili. Credo comunque che, vista la forte riduzione di sindromi influenzali e raffreddori da quando è comparso il Covid, l’uso delle mascherine nel periodo invernale sia un atteggiamento virtuoso e vantaggioso da adottare anche quando finirà questa epidemia. Un ridotto numero di tamponi determinerebbe un decongestionamento dei PS degli ospedali ed anche un minor ricorso ad isolamento totale di soggetti asintomatici. Il vaccino così avrebbe raggiunto lo scopo di non rendere più necessario il blocco del Paese e delle attività produttive oltre a quello di rendere scarsamente letale l’infezione da virus, almeno per i vaccinati”.

Dal primo gennaio è entrato in vigore il decreto legge che modifica le regole per la quarantena dopo un contatto con un positivo. Cosa pensa del provvedimento? E’ giusto fare una distinzione tra asintomatici e sintomatici?

“Come detto prima, sono certamente d’accordo con questi provvedimenti, ed oltre a fare la differenza fra asintomatici e sintomatici enfatizzerei molto il vantaggio di aver fatto un ciclo vaccinale completo. Il nostro modo di ragionare ora dovrebbe cambiare, non più la ricerca spasmodica dei positivi, visto che le conseguenze non sono gravi per i vaccinati, ma solo una netta differenziazione con i non vaccinati per quanto riguarda l’accesso a luoghi chiusi dove è difficile mantenere il distanziamento, o la creazione di spazi per i No-Vax, e controlli stretti sul rispetto di quarantena e dell’uso corretto delle mascherine da parte di questi ultimi. Chi si è sottoposto a vaccinazione ha fatto la scelta di correre dei rischi e sacrificarsi per poter continuare a vivere in comunità usufruendo di tutti i vantaggi che la società garantisce. Chi non ha potuto vaccinarsi va aiutato e protetto in tutte le maniere. Chi ha scelto di non vaccinarsi è venuto meno ad un dovere sociale, e, quindi, è giusto che abbia alcune limitazioni, come chi non paga le tasse, nell’usufruire dei beni comuni in quanto ha liberamente scelto di “isolarsi””.

E cosa pensa dell’autosorveglianza applicata alla scuola?

“Credo che le scuole debbano rimanere aperte, perchè è impossibile impedire ai giovani di incontrarsi: se non lo fanno nelle classi, lo fanno altrove. E poi, su di loro, le conseguenze dell’infezione molto raramente sono letali. Nelle famiglie con soggetti ad alto rischio cercherei di proteggere quanto più possibile questi soggetti ed evitare che bambini e ragazzi si incontrino con loro con contatti stretti e non protetti”.

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