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Salute

L'impatto del Covid-19 nella pratica citopatologica: lo studio internazionale della Federico II

Lo studio ha coinvolto 41 laboratori in 23 diverse nazioni e ha raccolto dati su circa 300.000 diagnosi citologiche

Nel corso della pandemia da Coronavirus SARS-CoV-2 (COVID-19), le norme di distanziamento sociale e l'adozione di misure di contenimento del rischio biologico hanno determinato la necessità di rinviare le procedure mediche "non urgenti" (tra cui ad esempio i programmi di screening di popolazione) al fine di garantire l'accesso all'assistenza sanitaria ai pazienti con patologie acute o a rischio oncologico.

Il gruppo diretto dal Professore Giancarlo Troncone (responsabile del Programma Infradipartimentale di Citopatologia e Patologia Molecolare Predittiva e Direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica dell'Università degli Studi di Napoli Federico II) ha promosso e coordinato uno studio internazionale volto a valutare l'impatto della pandemia da COVID-19 nella pratica citopatologica.

Lo studio ha coinvolto 41 laboratori in 23 diverse nazioni e ha raccolto dati su circa 300.000 diagnosi citologiche. L'analisi dei dati ha dimostrato una riduzione globale media del 45% del numero totale di campioni citologici analizzati nel corso di 4 settimane della fase di lockdown rispetto a quelli analizzati nello stesso periodo dell'anno precedente. Tuttavia, a fronte di tale riduzione, l'attuazione delle misure volte a stabilire la priorità dei pazienti a più alto rischio oncologico ha determinato un aumento in proporzione del numero di diagnosi di neoplasie maligne di circa il 7% rispetto al corrispondente periodo relativo al 2019.

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