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Sindrome post-Covid nei bambini, come riconoscerla: risponde il pediatra

“I bambini pauci o asintomatici, in genere, si negativizzano in tempi normali. Ma dopo un periodo di latenza di poche settimane possono manifestare i sintomi di un'infiammazione disregolata che si propaga a tutti gli organi e può portare a conseguenze gravi". L'intervista al Direttore del Pronto Soccorso del Santobono

Da aprile ad oggi sono stati ricoverati al Santobono di Napoli 16 bambini per gravi complicanze “tardive” causate dal Covid-19. Tra questi c’è anche Luisa (nome di fantasia), la bimba di 5 anni salvata dai medici dell’ospedale pediatrico napoletano e dimessa qualche giorno fa. La piccola paziente aveva contratto in forma asintomatica l'infezione da SARS-CoV-2 circa 6 settimane fa, si era negativizzata in poco tempo, ma dopo 20 giorni dall'ultimo tampone era stata ricoverata d'urgenza per una sindrome infiammatoria multisistemica (MIS-C). Una patologia scatenata da una disregolazione del sistema immunitario precedentemente colpito dal nuovo Coronavirus. Come ha spiegato il dott. Vincenzo Tipo, Direttore del Pronto Soccorso del Santobono, “può accadere che nei bambini, sebbene si siano negativizzati, l’infiammazione non si spenga ma vada avanti raggiungendo gli altri organi. E quando viene coinvolto il cuore, i reni o il pancreas, la situazione può diventare molto seria”. Ma quali sono i campanelli d’allarme della MIS-C? E come devono agire i genitori se i loro piccoli manifestano sintomi “sospetti”? Ne abbiamo parlato con il dott. Vincenzo Tipo, Primario del Pronto Soccorso del Santobono e responsabile area Covid.

- Sono 16 i bambini ricoverati da aprile ad oggi al Santobono con la sindrome “post-Covid”. Di che malattia si tratta e con quali sintomi si manifesta?

“Sì, sono 16 i bambini a cui abbiamo diagnosticato la MIS-C dallo scorso mese di aprile ad oggi. Di questi uno solo ha fatto parte della prima fase pandemica, gli altri della seconda. Si tratta di una nuova entità nosologica (le prime descrizioni in letteratura risalgono ad aprile scorso) che è stata messa in relazione con il Covid-19. I bambini che hanno una fase virale della malattia pauci o asintomatica, in genere, si negativizzano al tampone in tempi normali. Dopo un periodo di latenza, che va dalle 2 alle 6 settimane, possono presentare una sintomatologia caratterizzata da febbre elevata e intrattabile, dolori addominali, vomito e diarrea, cefalea, irritabilità e stato di profondo malessere generale. Sono espressione di una infiammazione disregolata che si propaga a tutti gli organi e che, se non fermata, può portare anche a conseguenze gravi. Ovviamente solo una piccolissima percentuale di bambini positivi al Covid-19 sviluppa questa complicanza”.

- Qual è l’età dei piccoli pazienti?

“In linea teorica tutte le età possono essere interessate. Nel caso dei nostri bambini, l'età va dai 4 ai 12 anni”.

- Qualcuno di loro ha avuto bisogno della terapia intensiva?

“Purtroppo in due casi è stato necessario il supporto della terapia intensiva. Nella maggior parte dei casi la malattia si è risolta in corso di una degenza ordinaria. Tengo a precisare che, in ogni caso, l'approccio è sempre di tipo multidisciplinare. Ogni decisione viene presa concordandola con gli specialisti che concorrono alla cura del paziente: reumatologi, cardiologi, radiologi, rianimatori, ecc. Nel 2021 non si può pensare di camminare da soli!”.

- Qual è la terapia con la quale avete curato la piccola Luisa (nome di fantasia)?

“La terapia utilizzata è quella convenzionale, approvata da linee guida internazionali (le ultime sono state prodotte nello scorso dicembre). Quando non c'è risposta, come nel caso della piccola Luisa, si passa ad una terapia cosiddetta di "terza linea" con un farmaco off label (cioè utilizzato al di fuori dell'uso per cui viene normalmente autorizzato)”.

- Per quanto tempo l’infiammazione scatenata dal Covid-19 può rimanere latente nell’organismo?

"Generalmente dalla negativizzazione del tampone passano dalle 2 alle 6 settimane”.

- Quanto è importante intervenire tempestivamente?

“E’ molto importante. Noi abbiamo avuto diversi gradi di gravità all'esordio: per alcuni la risposta c'è stata anche con una terapia molto blanda. Quanto maggiore è la compromissione dell’organo più impegnativa deve essere la terapia”.

- La sindrome infiammatoria multisistemica è più aggressiva della Kawasaki (anch’essa correlata al Covid-19 nei bambini contagiati soprattutto nel corso della prima ondata)?

“Sono due malattie diverse anche se, potremmo definirle due facce della stessa medaglia. Cambia, anche se di poco, il sito di azione dei mediatori dell'infiammazione sugli organi bersaglio e, ovviamente, cambia, anche se di poco, la terapia. Entrambe, comunque, sono forme gravi da tenere sotto controllo e monitoraggio”.

- Cosa consiglia ai pediatri del territorio e ai genitori?

“Con i pediatri del territorio siamo in contatto e ci scambiamo notizie e opinioni costantemente. Era doveroso da parte nostra informarli delle nostre osservazioni e allertarli su eventuali sintomi di allarme. Ai genitori consiglio sempre di "non fare da sè" ma di consultare subito il proprio pediatra di riferimento”.

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