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Melanoma metastatico, il Prof. Ascierto: “Un paziente su 2 vivo a 5 anni grazie alla combinazione di immunoterapia"

E’ la neoplasia che ha fatto registrare il maggior incremento dal 2019 soprattutto nelle fasce giovani, ma grazie a nuovi farmaci immunoterapici è aumentata l’aspettativa di vita. L'intervista al Direttore dell'Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative del Pascale

Il melanoma è il tumore della pelle più aggressivo e diffuso nella popolazione sotto i 50 anni. Deriva dalla trasformazione maligna dei melanociti (le cellule presenti nell'epidermide che producono melanina) e può insorgere su pelle apparentemente sana o su un nevo. Se prima il melanoma era considerata una neoplasia delle età più avanzate, oggi colpisce sempre più spesso le fasce giovani (il 20% dei casi viene riscontrato in pazienti di età compresa tra 15 e 39 anni). In un anno le nuove diagnosi di melanoma, in Italia, sono aumentate del 20%, passando da 12.300 nel 2019 a quasi 14.900 nel 2020. I principali imputati sono le cattive abitudini soprattutto dei giovani: l’esposizione al sole senza protezione nella fascia oraria dalle 12 alle 16, l’utilizzo delle lampade solari e la poca attenzione rivolta alla prevenzione e ai controlli dei nei. Quando il melanoma viene diagnosticato precocemente è, nella gran parte dei casi, una malattia curabile. Se non individuato e trattato in tempo, può, invece, diffondersi in altre parti dell’organismo, coinvolgendo fegato, polmoni, ossa e cervello. Sebbene il melanoma metastatico sia relativamente raro, può avere un effetto devastante sui pazienti e i suoi familiari, proprio perché i soggetti colpiti sono sempre più frequentemente ragazzi. Ma se si è registrato un incremento dei casi di melanoma dal 2019, è vero anche che è aumentata l’aspettativa di vita nei pazienti affetti da questa neoplasia grazie all’immunoterapia. “Se prima del 2011 il trattamento chemioterapico era lo standard di cura nei pazienti affetti da melanoma metastatico, con una sopravvivenza mediana di circa 6-9 mesi e con solo il 25% dei pazienti vivi ad 1 anno e con meno del 5% a 5 anni spiega il Prof. Paolo Ascierto, pioniere della prima molecola immuno-oncologica approvata (Ipilimumab) -, con l’immunoterapia possiamo dire che questi numeri appartengono al passato e che oggi circa il 50% dei pazienti sopravvive a 5 anni”. Ulteriori passi in avanti sono stati compiuti grazie ad una nuova molecola immuno-oncologica, il Nivolumab, utilizzata sia in monoterapia che in combinazione con l’Ipilimumab. I tassi di sopravvivenza a due anni con la loro combinazione hanno raggiunto il 64% rispetto al 59% con il Nivolumab da solo e al 45% con l’Ipilimumab in monoterapia. Un ulteriore progresso nelle cure è stato fatto grazie agli studi sul Relatlimab, avviati circa quattro anni fa proprio al Pascale: i risultati dello studio internazione di fase III “Relativity-047”, presentati di recente al Congresso 2021 dell'Asco (Società americana di oncologia clinica), hanno mostrato che questo farmaco immunoterapico, se utilizzato in combinazione con Nivolumab nei pazienti con melanoma metastatico mai trattati prima, riduce del 25% il rischio di progressione della malattia. Dello studio e delle nuove frontiere nella lotta contro il melanoma ne abbiamo parlato con il Prof. Paolo Ascierto, Direttore dell'Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell'Istituto Nazionale Tumori Fondazione 'G. Pascale' di Napoli, nonché docente della Scuola di Specializzazione in Dermatologia e Venereologia della Seconda Università di Napoli e membro del Consiglio direttivo della Società Internazionale per la Ricerca sul Melanoma (Society for Melanoma Research).

- Prof. Ascierto, quali caratteristiche ha il melanoma metastatico e con quali sintomi si manifesta?

“Purtroppo non esiste una univocità di presentazione del melanoma metastatico e questo è il motivo per cui i soggetti a maggior rischio di recidiva locale o a distanza, necessitano di uno stretto follow up che permetta di identificare quanto più precocemente possibile la presenza di metastasi. Ci sono pazienti che sviluppano recidive facilmente evidenziabili anche solo attraverso l’esame clinico, ed altri che, invece, non danno alcun segno e/o sintomo, permettendo a volte di intervenire tardivamente sulla malattia. Per questo è necessario rispettare sempre il follow up clinico strumentale, secondo le indicazioni dell’oncologo di riferimento e delle linee guida”.

- Come viene diagnosticato?

“Gli esami strumentali indicati in caso di dubbio sono la TAC total body con e senza mdc, eventualmente la PET, in associazione ad ecografia delle stazioni linfonodali. Successivamente, in alcuni casi, è indicato effettuare una biopsia per conferma istologica della diagnosi di melanoma”.

- Lei ha contribuito allo sviluppo dell’immunoterapia e, in particolare, dell’Ipilimumab, il primo anticorpo monoclonale immunomodulante che ha rivoluzionato la terapia del melanoma. Come è cambiata l’aspettativa di vita dei pazienti grazie a questo farmaco?

“Diciamo che l’Ipilumumab è stato il farmaco pioniere dell’immunoterapia moderna, che ricordo con grande entusiasmo e che tuttora riveste un ruolo fondamentale nel trattamento del melanoma. Prima del 2011 il trattamento chemioterapico era lo standard di cura nei pazienti affetti da melanoma metastatico, con una sopravvivenza mediana di circa 6-9 mesi e con solo il 25% dei pazienti vivi ad 1 anno e con meno del 5% a 5 anni. Con l’immunoterapia possiamo senza dubbio dire che questi numeri appartengono al passato e che oggi circa il 50% dei pazienti sopravvive a 5 anni, con i nuovi trattamenti”.

- E’ in corso uno studio internazionale sull’uso in combinazione di altri due farmaci immunoterapici, Relatlimab e Nivolumab, nei pazienti con melanoma metastatico. Qual è il beneficio clinico offerto da questa nuova combinazione e come agiscono questi farmaci?

“Sì, il Relatlimab è un nuovo farmaco che agisce su un checkpoint immunitario, il LAG-3, che rappresenta un freno utilizzato dal tumore per ridurre la risposta immunitaria alle terapie immuno-oncologiche attualmente in uso. Nei pazienti come melanoma metastatico mai trattati prima, la combinazione di Relatlimab, anticorpo anti LAG-3, e nivolumab, molecola anti PD-1, ha ridotto del 25% il rischio di progressione della malattia. In particolare, la sopravvivenza libera da progressione mediana ha raggiunto 10,12 mesi con la combinazione rispetto a 4,63 mesi con la monoterapia con Nivolumab”.

- I primi studi su Relatlimab furono avviati circa quattro anni fa proprio da lei al Pascale. Dopo questi risultati così incoraggianti, qual è ora la vostra sfida?

“La sfida è anticipare le cure e aumentare il tasso dei pazienti che possano guarire dal melanoma. I nuovi trial clinici cercano di anticipare l’inizio delle cure con un buon tasso di risposta e incoraggianti risultati a lungo termine. La sfida per il futuro è migliorare il tasso dei pazienti che possano trarre beneficio dal trattamento immunoterapico”.

- Al meeting dell'Asco è stato presentati lo studio sopra citato, ma anche un altro studio internazionale sulla combinazione di altre due molecole immuno-oncologiche (Nivolumab e Ipilimumab) nel melanoma avanzato. Quali sono i risultati?

“Sì, sono stati presentati anche i dati relativi allo studio internazionale di fase III, CheckMate -067, sulla combinazione delle due molecole immuno-oncologiche, Nnivolumab e Ipilimumab, in prima linea nel melanoma avanzato. Questo studio ha dimostrato che oltre il 50% dei pazienti trattati con la combinazione è vivo a 6 anni e mezzo. In particolare, la sopravvivenza globale mediana è stata di 72,1 mesi con Nivolumab più Ipilimumab – la più lunga fino ad ora riportata in uno studio di fase III nel melanoma avanzato – rispetto a 36,9 mesi con Nivolumab e a 19,9 con Ipilimumab. È, quindi, decisivo l’impatto della combinazione sulla sopravvivenza globale, soprattutto se si considera che, prima dell’immunoterapia, la speranza di vita dei pazienti con melanoma metastatico era di circa 6 mesi e meno del 5% era vivo a un quinquennio”.

- La duplice immunoterapia evidenzia un significativo 'effetto memoria'. Questo, quindi riduce il rischio di una recidiva?

“Assolutamente, questo è, infatti, un altro dato che emerge dallo studio, ovvero che il 77% dei pazienti vivi a 5 anni e che hanno ricevuto la combinazione non ha più avuto necessità di ricevere un trattamento sistemico, evidenziando, quindi, un significativo ‘effetto memoria’, dimostrando efficacia anche dopo la fine del trattamento”.

- Quanto è facile, oggi, l’accesso a questi farmaci? Sono a carico del Sistema Sanitario Nazionale?

“Purtroppo al momento i farmaci sono approvati, ma non rimborsati dal nostro SSN e sono in fascia C. In regione Campania, tuttavia, da gennaio 2020 è stato approvato un progetto che prevede, per i pazienti locali, il rimborso di tale trattamento esclusivamente per i pazienti con metastasi cerebrali asintomatiche”.

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