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Salute

Malattie cardiovascolari, Campania prima al Sud e terza in Italia per numero di interventi con la metodica TAVI

Si tratta di una tecnologia che consente di impiantare una valvola aortica trans-catetere, evitando l’intervento a cuore aperto ai pazienti di patologie cardiovascolari gravi come la stenosi aortica degenerativa

La pandemia non ha fermato, ma solo rallentato la sempre maggiore propensione all’utilizzo della TAVI, la tecnologia che consente di impiantare una valvola aortica trans-catetere in caso di patologie cardiovascolari molto gravi come la stenosi aortica degenerativa. Evitando cioè gli interventi a cuore aperto. Negli ultimi cinque anni, infatti, il numero complessivo di interventi in Italia è quasi raddoppiato, da 4500 sa 8200, pur con un drastico calo nel primo anno di Covid. La Campania, invece, in un solo anno ha visto effettuati 797 interventi TAVI, pari al 10,5% del totale degli interventi nel nostro Paese, in aumento di circa l’1% rispetto all’anno precedente nonostante la coincidenza con il primo anno di pandemia, mentre nel resto d’Italia la riduzione è stata di circa il 70%. Un dato che ha portato la nostra Regione al terzo posto in Italia, alle spalle solo della Lombardia (in testa con ben 1674 interventi) e del Veneto (859), ma davanti ad altre realtà importanti come l’Emilia-Romagna (692) e la Toscana (621). Sono alcuni dei dati che confermano l’eccellenza della Regione in questo campo, diffusi nel corso del convegno dal titolo “La Tavi nel paziente low-risk”, che si è tenuto oggi a Napoli presso l’Hotel Royal Continental. All’evento, che si svolge sotto l’egida della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE) ed è presieduto dai professori Giovanni Esposito e Paolo Golino, rispettivamente dell’Università Federico II e Vanvitelli di Napoli, e dal dottor Emilio di Lorenzo dell’ospedale San Giuseppe Moscati di Avellino, hanno preso parte i maggiori esperti del settore. Un’occasione per fare il punto sulla situazione attuale e tracciare le linee del futuro prossimo.

“Al netto dell’impatto pandemico – ha spiegato Giovanni Esposito, presidente GISE, professore ordinario di cardiologia e Direttore della UOC di Emodinamica e dell’Unità di Terapia Intensiva Cardiologica dell’AOU Federico II di Napoli - i dati di attività raccolti indicano un incremento dell’adozione della TAVI in Italia, passata da circa 4.500 procedure nel 2016 a 8.200 nel 2019, per poi flettere nel 2020. Nella sola Campania, nel 2019 e nel 2020, il ritmo annuale è stato di poco meno di 800 procedure effettuate. Dati che confermano la tendenza all’aumento”. “Nella seconda fase del Covid, l’impatto della pandemia è stato minore – ha aggiunto Emilio Di Lorenzo, Direttore del Dipartimento Medico-Chirurgico del Cuore e dei Vasi presso l’Ospedale S. Giuseppe Moscati di Avellino – soprattutto per quelle patologie per cui sono disponibili tecnologie, come la TAVI, che consentono interventi poco invasivi in grado di evitare il ricorso alla terapia intensiva e ridurre al minimo la degenza in ospedale, offrendo una sponda importante anche sul piano della sostenibilità economica”.

Le ultime linee guida hanno ampliato notevolmente il gruppo di pazienti che può beneficiare di questa metodica: “Con un’indicazione alla TAVI per gli ultra 75enni anni, senza dimenticare i pazienti più giovani con controindicazioni alla cardiochirurgia”, ha affermato Paolo Golino, Direttore UOC Cardiologia, Università della Campania ‘Luigi Vanvitelli’. Il numero complessivo di interventi con la procedura TAVI effettuati in Italia nel 2020 è stato di 7592, più della metà dei quali (circa il 52%) al nord, quasi un terzo al sud (circa 31%), il resto nel centro del Paese. Il dato è in lieve flessione (-8,73%) rispetto all’anno precedente, verosimilmente per effetto della pandemia che ha inciso in modo profondo sull’attività di tutte le strutture sanitarie del Paese. Ma resta comunque il secondo più alto degli ultimi cinque anni a livello nazionale, a conferma della costante tendenza all’aumento della procedura TAVI. La posizione è ancora più lusinghiera se consideriamo il solo Sud Italia: in questo caso la Campania è nettamente prima, davanti alla Puglia (596 interventi) e alla Sicilia (500). Il merito è dei laboratori specializzati presenti sul territorio: 10 in tutto, 8 dei quali in grado di effettuare almeno 30 interventi l’anno; un dato che pone la Regione al secondo posto in Italia in questa speciale classifica, dietro la Lombardia. La Campania è molto ben posizionata anche per quanto riguarda il numero di interventi per milione di abitanti: nel 2020 sono stati 140, ben al di sopra della media nazionale (che si attesta a 127).

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