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Salute

Infarto del miocardio: Cardarelli primo in Campania per numero di ricoveri

A riportare il dato è il portale DoveeComemicuro.it che ha realizzato un’indagine sugli ospedali più performanti per volume di ricoveri per infarto miocardico acuto e per numero di interventi di bypass aortocoronarico, di angioplastica coronarica e per aneurisma dell'aorta addominale non rotto 

Fotografia della realtà italiana 

Le strutture pubbliche o private accreditate che effettuano ricoveri per  infarto miocardico acuto  sono 746 : il  47%  si trova al nord, il  22%  al centro e il  31%  al sud. Della totalità dei ricoveri, il  46%  è stato effettuato al nord, il  23%  al centro e il  31%  al sud. Gli ospedali che eseguono interventi di  bypass aortocoronarico  sono  97 : il  46%  si trova al nord, il  21%  al centro e il  33%  al sud. Della totalità delle operazioni, il  45%  è stato effettuato al nord, il  20%  al centro e il  35%  al sud. I centri che effettuano operazioni per  aneurisma dell'aorta addominale non rotto  sono  216 : il  54%  si trova al nord, il  19%  al centro e il  27%  al sud. Della totalità delle operazioni, il  52%  è stato effettuato al nord, il  25%  al centro e il  22%  al sud. Le strutture che eseguono interventi di  angioplastica coronarica  sono  383 : il  48%  si trova al nord, il  23%  al centro e il  29%  al sud. Della totalità delle operazioni, il  49%  è stato effettuato al nord, il  21%  al centro e il  30%  al sud.  

Ancora pochi raggiungono gli standard minimi

Il valore di riferimento ministeriale di minimo 100 ricoveri l’anno per  infarto miocardico acuto è rispettato solo dal  52% delle strutture italiane: il  45% è situato al nord, il  21% al centro e il  34% al sud. Gli ospedali  accreditati che rispettano anche gli altri 2 valori di riferimento - cioè una mortalità a 30 giorni dal ricovero inferiore all’8% e una percentuale di pazienti sottoposti a PTCA entro 48 ore dal ricovero superiore al 45% - sono 76, pari al  10% . La soglia di minimo 200 interventi annui di  bypass aortocoronarico , invece, è rispettato dal  26% delle strutture italiane: il  40% si trova al nord, il  28% al centro e il  32% al sud. Gli ospedali  che rispettano anche il secondo valore di riferimento – cioè una mortalità a 30 giorni dall’intervento inferiore all'1,5% - sono 11, pari all’ 11%. Il valore di riferimento ministeriale di minimo 60 interventi annui per  aneurisma dell'aorta addominale non rotto  è rispettato dal  24%  delle strutture: il  51%  è situato al nord, il  29%  al centro e il  20%  al sud. Gli ospedali che rispettano anche l'altro valore di riferimento – cioè una mortalità a 30 giorni dal ricovero inferiore all'1% - sono 24, pari all’ 11% . Il valore di riferimento ministeriale di minimo 250 interventi annuali di  angioplastica coronarica , infine, è rispettato dal  60% delle strutture: il  49% si trova al nord, il  20% al centro e il  31% al sud. 

Angioplastica e bypass: indicazioni agli interventi

A cosa servono e quando sono necessari un’angioplastica coronarica e un bypass aortocoronarico? La prima mantiene adeguatamente dilatata un’arteria in cui si è creato un restringimento in modo da consentire il passaggio del sangue ossigenato verso il miocardio. Il secondo, crea una via alternativa attraverso cui il sangue ossigenato può arrivare al cuore. Entrambi, dove ci sia il rischio di ostruzioni delle arterie coronariche, possono scongiurare un infarto miocardico. “Un’angioplastica, se eseguita tempestivamente, può oggi essere considerata una procedura salvavita avendo contribuito a ridurre la mortalità di oltre 4 volte. I formidabili progressi tecnologici che l’hanno interessata, uniti ai miglioramenti delle terapie farmacologiche post-intervento e all’esperienza degli operatori hanno permesso di ridurre progressivamente il ricorso al  bypass aortocoronarico. Quest'intervento cardiochirurgico è ancora utilizzato nelle patologie ostruttive più gravi delle coronarie o quando si rende necessario sostituire una valvola cardiaca con una protesi”, spiega Antonio Bartorelli.  

Fattori di rischio e prevenzione dell’aterosclerosi

Responsabile dei restringimenti e delle ostruzioni è l'aterosclerosi: una patologia cronica che interessa la parete dei vasi arteriosi, non solo coronarici ma anche appartenenti ad altri distretti vascolari.  “Fattori di rischio, oltre alla familiarità, sono l'abitudine al fumo, il diabete, l'ipertensione arteriosa e l'ipercolesterolemia. Capisaldi strategici della prevenzione, sia per chi gode di buona salute sia per chi ha ricevuto una diagnosi di aterosclerosi, invece, sono uno stile di vita sano, una corretta alimentazione, un'adeguata attività fisica e l'astensione dal fumo”.  

Gli esami per arrivare alla diagnosi

“L’ecografia Doppler (ecocolordoppler cardiaco), tecnica semplice, poco costosa e non invasiva, permette di indagare in modo accurato svariati distretti vascolari: quello carotideo, l’aorta addominale, le arterie renali e quelle degli arti inferiori, ma non le coronarie. Queste arterie, fino a pochi anni fa, potevano essere visualizzate solo mediante un esame invasivo, la coronarografia. Oggi, invece, per osservarle con accuratezza, in molti casi basta la TC del cuore, test non invasivo che richiede unicamente l’iniezione del mezzo di contrasto in una vena periferica. La risonanza magnetica cardiaca (CINE RM) non è utilizzata per visualizzare le coronarie ma fornisce informazioni utili sul buon funzionamento del cuore. Quanto al ricorso alla scintigrafia miocardica (SPET) - che prevede la somministrazione di un radiofarmaco debolmente radioattivo - proprio grazie all'introduzione di queste nuove tecnologie diagnostiche, si è notevolmente ridotto”.  

Follow-up post intervento

I controlli che seguono una procedura di angioplastica coronarica o un intervento di bypass aortocoronarico sono principalmente clinici e servono per monitorare l’eventuale ricomparsa dei sintomi tipici dell’ischemia miocardica - cioè dello stato di sofferenza del cuore dovuto all'occlusione delle coronarie.  “Le loro condizioni, però, vanno valutate periodicamente anche mediante esami da stress come l’elettrocardiogramma o l’ecocardiogramma da sforzo. Se persistono dei dubbi, inoltre, si può ricorrere a una TC coronarica. Se poi sintomi ed esami indicano inequivocabilmente una grave progressione della malattia è consigliabile ripetere una coronarografia invasiva”.  

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