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Salute

Endometriosi, come riconoscerla e quali sono le opzioni di cura: risponde l’esperto

"La malattia colpisce 1 donna su 10, ma la diagnosi non è facile. Si stima che, dalla comparsa dei primi sintomi e nonostante le numerose visite ginecologiche, occorrano tra i 7 ed i 9 anni prima che una paziente riceva una corretta diagnosi”. L’intervista al dott. Ciro Perone

- Quali sono le altre possibili conseguenze di un’endometriosi non trattata?

“L’endometriosi può presentarsi in modo diverso e con quadri clinici che possono avere un’evoluzione molto variabile. Solitamente, in una prima fase il dolore compare solo in epoca mestruale, ma con il peggioramento della condizione il dolore tende a protrarsi anche dopo l’episodio mestruale fino a divenire un dolore pelvico cronico. Nella maggioranza dei casi, se non si inizia un trattamento, il dolore dura di più ed aumenta anche di intensità. La paziente presenta una costante dolenzia pelvica di tipo gravativo, di intensità variabile ed ingravescente, che via via tende ad interessare distretti sempre più ampi. Tuttavia questa non è una regola. Esistono, ad esempio, pazienti nelle quali, nonostante disturbi sfumati, i primi esami diagnostici vengono eseguiti per una condizione di sterilità, senza nessun altro disturbo apparente”.

- Come viene diagnosticata la malattia?

“Una nota dolente è il ritardo diagnostico con cui molto spesso si giunge alla diagnosi di endometriosi. È stato stimato che mediamente in Europa, dalla comparsa dei primi sintomi e nonostante le innumerevoli visite ginecologiche, occorrano tra i 7 ed i 9 anni prima che una paziente riceva una corretta diagnosi di endometriosi. Per tale motivo è fondamentale, ai primi campanelli d’allarme, rivolgersi ad un centro specializzato, dove poter incontrare professionisti esperti nello studio della patologia. Oltre che Primario di Ginecologia presso la Clinica Sanatrix di Napoli sono Direttore di un progetto denominato “EndoGyn” che ha tra le sue principali foci lo studio e la cura dell’endometriosi. Grazie anche ai miei due instancabili aiuti, il dott. Flavio Grauso ed il dott. Giuseppe Rosario Lannino, ci adoperiamo ogni giorno ad assistere e curare donne affette da questa patologia con tecnologia all’avanguardia ed utilizzo della chirurgia laparoscopica in 3D che ci permette di operare come se fossimo proiettati nell’addome delle pazienti. Il nostro lavoro prosegue instancabilmente nel promuovere corsi di formazione nazionali ed internazionali e di aggiornamento per colleghi specialisti in ginecologia per favorire la conoscenza di questa patologia. Per una corretta diagnosi bisogna, innanzitutto, procedere ad una completa ed approfondita anamnesi che metta in luce la storia ed i sintomi che possano far sorgere il dubbio diagnostico. Si procede quindi ad un esame obiettivo con la visita ginecologica che comprende l’esplorazione vaginale ed anche rettale, quando indicato. Si completa la valutazione diagnostica con un’ecografia pelvica, oggi considerata la tecnica diagnostica di prima scelta, in grado di identificare anche localizzazioni della malattia al di fuori dell’apparato genitale. In casi selezioni possono esser utili la risonanza magnetica o indagini sull’intestino o sulle vie urinarie, dato che l’ampia variabilità di presentazione clinica con possibilità di coinvolgimento multiorgano, può rendere necessarie indagini diagnostiche capaci di esplorare distretti anche molto distanti dalla pelvi. In sintesi, anche il percorso diagnostico va personalizzato sulla singola paziente”.

- Come viene curata? Quali sono le opzioni terapeutiche?

“Il trattamento dell’endometriosi deve tenere in considerazione le diverse strategie a disposizione che comprendono: la semplice osservazione, il trattamento medico ed il trattamento chirurgico. Tuttavia, trattandosi di una condizione cronica e progressiva, molto spesso l’endometriosi richiede un management prolungato ed individualizzato che tenga conto delle caratteristiche, della storia e delle esigenze della paziente. Mi piace dire che si tratta di un vestito sartoriale, confezionato in maniera specifica per ogni singola paziente. La terapia dell’endometriosi può essere sia medica che chirurgica, o più spesso una combinazione delle due nel tentativo di promuovere un’azione sinergica. L’obiettivo della terapia medica è quello di controllare la sintomatologia, al fine di evitare o ritardare l’intervento chirurgico. In molti casi, la terapia medica viene impiegata anche dopo l’intervento chirurgico, nel tentativo di ridurre il rischio di recidiva. Quando la chirurgia risulta inevitabile è il momento di far riferimento a centri chirurgici specializzati”.

- Quando si ricorre all’intervento chirurgico?

“Il trattamento chirurgico trova indicazione nel caso in cui i sintomi non siano più controllabili con la terapia medica. La tendenza attuale è quella di giungere ad una diagnosi precoce in modo da procedere ad un immediato trattamento medico che possa ritardare quanto più possibile, fino a rendere non necessaria, la chirurgia. Il trattamento chirurgico, molto spesso complesso ed esteso, infatti, può essere affrontato solo da centri specializzati che abbiano una perfetta conoscenza della malattia e delle possibilità di intervento. L’approccio chirurgico dell’endometriosi prevede diverse tecniche laparoscopiche, che rappresentano il gold standard per tale patologia, in ragione di una migliore visione del campo operatorio, di una chirurgia di maggiore precisione, di un recupero più veloce, di un migliore outcome postoperatorio e di costi di degenza ridotti. Non ultimo una migliore resa estetica delle cicatrici chirurgiche”.

- Si può prevenire l’endometriosi?

“La prevenzione è una grande arma che abbiamo per curare numerose patologie, tuttavia, al momento, non ne esiste una di sicura efficacia per l’endometriosi. È fondamentale avere uno stile di vita sano ed una dieta ricca di antiossidanti e vitamine, capaci di ridurre lo stimolo infiammatorio. Evitare cibi grassi e carne rossa può essere un modo adeguato per diminuire la produzione di prostaglandine, fattori infiammatori che fanno da carburante alla malattia. Bisogna prediligere verdure e cibi integrali, che grazie al loro contenuto di fibre, abbassano la quota di estrogeni circolanti. Alimenti come pesce azzurro, noci ed olio d’oliva, ricchi di omega 3, sono in grado di ridurre l’infiammazione pelvica. La strategia più efficace, tuttavia, resta la diagnosi precoce che permette, grazie ad un trattamento tempestivo di ridurre i danni della malattia bloccandola sul nascere. Ad oggi numerosi sono gli sforzi nell’ambito della ricerca per individuare test affidabili che permettano una sicura diagnosi, magari grazie ad un semplice prelievo ematico. Tuttavia maggiori sforzi devono essere condotti, anche grazie all’aiuto delle istituzioni e dei mass media per promuovere una maggiore conoscenza della malattia tra le adolescenti e le giovani donne e per formare i nuovi specialisti, che devono essere pronti a fronteggiare quella che per complessità rappresenta una delle maggiori sfide tra le patologie ginecologiche”.

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