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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Salute

Covid e pazienti fragili, il Prof. De Feo: “Associazioni in prima linea per garantire i diritti del diabetico”

“Le associazioni come la FAND sono un tramite tra i pazienti e la Regione. Dialogano costantemente con le Istituzioni per far sì che tutti possano avere a disposizione gli strumenti necessari per la cura e il monitoraggio della malattia”. L’intervista all’ex Direttore del Centro Diabetologico del Cardarelli

L’emergenza epidemiologica da Covid-19 ha reso più difficile e complessa l’assistenza a persone con malattie croniche e fragilità, come il diabete. La riduzione delle attività ambulatoriali di routine, delle visite specialistiche e degli esami di controllo, verificatasi in questo ultimo anno, ha causato sospensioni di terapie con conseguenze negative sul controllo della malattia e il rischio di insorgenza di complicazioni. La pandemia ha modificato radicalmente le modalità di comunicazione tra medico e paziente spianando la strada alla telemedicina: la visita in presenza sta cedendo il posto a quella da remoto (via web o via telefono), ma sono necessari strumenti e mezzi più adeguati. In questo momento emergenziale e di cambiamento, le azioni coordinate e concertate intraprese dalle associazioni per diabetici, attive sul territorio campano, e dalla Regione, sono state fondamentali per tutelare i diritti dei pazienti e garantire loro uniformità di accesso alla cura e agli strumenti più tecnologicamente avanzati per il monitoraggio della malattia. Ma cosa significa essere diabetico ai tempi del Covid? Quali diritti devono essere garantiti al paziente? E che ruolo hanno le associazioni? Ne abbiamo parlato con il Prof. Eugenio M. De Feo, ex Direttore del Centro Diabetologico del Cardarelli e consulente scientifico della FAND (Associazione Italiana di Diabetologia).

- Prof. De Feo, la pandemia come ha cambiato i rapporti tra medico e paziente diabetico?

“In questo periodo di emergenza abbiamo osservato che il diabetico ha paura, come il cardiopatico, l’infartuato, il malato oncologico, ecc., di recarsi al pronto soccorso ed, eventualmente, di ricoverarsi. Abbiamo notato una difficoltà nel ricovero sia per i timori del paziente, ma anche a causa del sovraffollamento dei pronto soccorso. Nello stesso tempo si è verificata una riduzione delle visite in presenza per il rischio infezione da nuovo Coronavirus. E’ quasi un anno ormai che stiamo seguendo i nostri pazienti da remoto, con visite in teleconferenza, ma non siamo attrezzati. Qualche altra regione è in fase più avanzata e hanno fornito strumenti informatici efficienti e sicuri che garantiscono la privacy. In Campania questo non è stato possibile anche se la Regione ha emanato delle direttive per incentivare l’uso della videoconferenza, della televisita e della visita al telefono. Tutti gli ambulatori stanno facendo visite a distanza. Qualcuno usa anche WhatsApp perché è semplice e molto diffuso ma è un mezzo poco blindato e non garantisce molto la privacy e soprattutto non registra le conversazioni in video: servono strumenti più adeguati”.

- A quali controlli si deve sottoporre il diabetico?

“Oltre alle analisi del sangue, il paziente deve sottoporsi ad autocontrolli come le glicemie a domicilio, possibili grazie alla tecnologia oggi a disposizione. I pazienti registrano i livelli di glicemia in diversi orari della giornata e poi, quando si recano dal medico per la visita, portano i diari di registrazione. In questo modo per lo specialista è più facile prescrivere una terapia corretta, e capire, eventualmente, se è necessario un cambio di farmaco o solo un cambio di dosaggio”.

- Il ritardo nella diagnosi e nella cura è una delle principali conseguenze dell’emergenza da Covid-19…

“Sì. Questo è un problema che riguarda soprattutto il diabetico di tipo 2: il paziente può non accorgersi per anni di avere il diabete perché non fa le analisi abbastanza spesso o perché non da importanza a sintomi lievi. Inoltre, da una semplice glicemia a digiuno (un’analisi comune che rientra in una routine di qualunque soggetto non diabetico) può non emergere la diagnosi di diabete perché, in alcuni casi, la malattia si manifesta con una glicemia alta durante la giornata e non sempre a digiuno. Questo fa sì che in molti pazienti la malattia viene diagnosticata in ritardo e quando già sono presenti complicanze. Questo problema c’è sempre stato, ora, con l’emergenza Covid si è sicuramente accentuato perché non si fanno le analisi, non si va negli ospedali e negli ambulatori medici per paura di essere contagiati”.

- Come si sono attivate la FAND e le altre associazioni per diabetici in questo contesto emergenziale?

“Le associazioni per diabetici come la FAND fungono da anello di collegamento tra pazienti e Regione. In Campania si sono attivate molto ottenendo cose impensabili in passato come la prescrizione, e quindi la fornitura in forma gratuita, di moderni sensori per la glicemia. Come ho detto prima, è molto importante per il medico monitorare le glicemie registrate dal paziente in orari seriali nel corso della giornata. Prima si poteva prelevare solo il sangue in laboratorio, poi sono arrivate le strisce per un autocontrollo domestico che permettono di fare una glicemia con una puntura sul dito, ma comunque sono metodi dolorosi che non si possono praticare tanto spesso. Per fortuna, oggi abbiamo in commercio sistemi meno invasivi come il cerotto con sensori che si applica sul retro del braccio che registra i livelli di glicemia ogni minuto per 14 giorni. Il paziente in questo modo può registrare anche centinaia di glicemie al giorno. La Campania è stata tra le prime regioni in Italia ad aver concesso gratuitamente ai diabetici questo cerotto, su proposta della FAND. Siamo stati la terza o quarta regione ad aver concesso questo strumento in convenzione. Oggi, in tempo di pandemia, ci siamo resi conto di quanto questo strumento sia vantaggioso: è molto più facile controllare su internet i profili glicemici dei pazienti, piuttosto che registrarli durante la visita. Il paziente inserisce i suoi profili glicemici su una piattaforma messa a disposizione dall’azienda che produce lo strumento, in modo che il medico possa visionarli in qualsiasi momento e stabilire con più facilità quali sono gli errori che commette il paziente, quali correzioni apportare alla terapia (le comunicazioni, poi, avvengono via telefono o via email). Il futuro della medicina è la telemedicina con gli automonitoraggi di pressione, glicemia, di peso, di frequenza cardiaca, ecc. Il Covid ha aperto la strada all’informatizzazione, ha dato una importante spinta alla telemedicina che stava progredendo con passi molto lenti”.

- Il sistema sanitario pubblico avrebbe potuto fare qualcosa in più per i pazienti diabetici?

“Avrebbe potuto mettere a punto più in fretta strumenti di telemedicina. I pazienti devono essere sottoposti ad un esame “obiettivo”, sarebbe stato utile un sistema video con una App specifica che mettesse in comunicazione il paziente con il medico. Sistemi simili esistono già in commercio e costano circa 300/400 euro (il prezzo di qualche confezione di insulina). Sono piccoli schermi con 7 o 8 pulsanti: ad ogni tasto corrisponde un collegamento (che potrebbe essere medico di base, cardiologo, diabetologo, farmacista, ecc.). Si tratta di strumenti semplici che anche un anziano non pratico con la tecnologia può utilizzare: basta premere un pulsante per comunicare con il centro specialistico. Un collegamento diretto attraverso cui il paziente può vedere il medico e viceversa. Lo specialista può osservare il paziente e gli strumenti che usa. Ad esempio uno dei problemi principali del diabetico è il piede diabetico (tra i principali motivi che portano al ricovero) che è caratterizzato da lesioni continue e ripetute agli arti inferiori. Se non curate bene, queste lesioni possono portare anche all’amputazione. Per questo è necessario avere a disposizioni strumenti che ci diano la possibilità di osservare in video il paziente. App di questo tipo sono già state messe a disposizioni in altre regioni, come in Toscana. Spero diventino presto una realtà anche in Campania”.

- Il 20 gennaio le associazioni si sono sedute a un tavolo con la Regione..

“Sì, è stato chiesto l’ampliamento della prescrivibilità dei microinfusori, strumenti di monitoraggio molto avanzati. Il microinfusore è una pompa intelligente che fornisce insulina in base a un profilo, in parte deciso dal medico, e in parte deciso dalla macchina sulle risposte della stessa al sensore della glicemia. Il sensore misura la glicemia minuto dopo minuto e passa le informazioni alla pompa (dotata di un cervello interno programmato dal diabetologo, che deve personalizzare la programmazione sul paziente), che decide quanta insulina somministrare. E’ praticamente un pancreas artificiale. Il paziente deve fornire comunque delle informazioni alla macchina (ad esempio “oggi mangerò la pasta in questa quantità”) in base alle quali suggerirà le dosi di insulina giuste. Non tutti i pazienti per 50 g di carboidrati, ad esempio, necessitano della stessa dose di insulina: la macchina deve essere istruita e calibrata su quella persona e nei diversi momenti della giornata. E’ un sistema che però richiede un certo impegno e addestramento sia del diabetologo che del paziente. La richiesta fatta alla Regione è di estendere la prescrivibilità ma limitandola ai pazienti che, avendone necessità, sono disposti ad iniziare un cammino di auto-addestramento, di uso corretto di questi strumenti”.

- Quale ruolo hanno le associazioni per diabetici?

“La associazioni devono battersi perché tutti i pazienti possano avere gli strumenti disponibili più avanzati tecnologicamente per la cura e il monitoraggio della malattia, ma senza fare richieste eccesive che possano mandare il tilt il sistema sanitario pubblico. Debbono richiedere in maniera mirata e corretta, salvaguardando gli interessi dei pazienti ma evitando gli sprechi. Tutte le proposte devono essere compatibili con le risorse disponibili. Per legge nazionale le associazioni di categoria, i rappresentanti dei pazienti, devono essere ammessi a tutti i tavoli tecnici regionali, delle Asl, degli ospedali, in cui si discute di diritti e bisogni dei pazienti. Portare il punto di vista dei malati è sempre stato utile”.

- Quali sono i diritti dei diabetici?

“In Italia sono sanciti da una legge del 1987 che stabilisce che il paziente diabetico ha diritto ad avere sempre gli strumenti per la diagnosi e per l’automonitoraggio, e i farmaci, in maniera gratuita o quasi gratuita, più avanzati e idonei per quel singolo paziente”.

- Lei è consulente scientifico della FAND. Quando ha iniziato a collaborare con loro?

“Poiché l’associazione ha una sede nel Cardarelli, quando ricoprivo il ruolo di Direttore del Centro di Diabetologia dell’ospedale, ho avuto molti contatti con vari rappresentanti dell’associazione. Con loro ho scambiato spesso idee e pareri, più volte abbiamo portato avanti progetti di educazione del paziente con campiscuola, finanziati interamente dalla FAND. Grazie a queste iniziative giovani e meno giovani hanno avuto la possibilità di confrontarsi per 3 o 4 giorni con specialisti, dietologi, preparatori atletici ecc. e apprendere una serie di informazioni utili per affrontare al meglio la terapia. I campiscuola dovrebbero essere organizzati con finanziamenti regionali ma su questo la Regione non si è attivata sufficientemente. Questa sinergia tra medici e FAND ha fatto capire a noi medici quanto fossero utili queste associazioni. Grazie a loro siamo riusciti a metterci in contatto con pazienti, con bisogni assistenziali particolari, che altrimenti non avremmo mai raggiunto”.

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