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Dieta e diabete tipo 2, gli alimenti giusti aiutano e guariscono: lo studio

La ricerca dell'unità di Diabete, nutrizione e metabolismo della università Federico II di Napoli, in collaborazione con l'IRCSS Synlab SDN e l'Istituto di Biostrutture e Bioimmagini del CNR di Napoli

Una dieta con diverse componenti benefiche, ispirata alla dieta Mediterranea, attraverso la riduzione del grasso accumulatosi in maniera anomala nel pancreas, ne migliora la capacità di produrre insulina. Questi effetti potrebbero ridurre il rischio di sviluppare il diabete nella popolazione sana e ne potrebbero ritardare il peggioramento nelle persone che ne sono già affette. Questi sono i risultati pubblicati su "Diabetes Care", la principale rivista americana di diabetologia, dall'unità di Diabete, nutrizione e metabolismo della università Federico II di Napoli, in collaborazione con l'IRCSS Synlab SDN e l'Istituto di Biostrutture e Bioimmagini del CNR di Napoli.

La ricerca ha dimostrato con uno studio di intervento controllato (il tipo di studio di riferimento in questi casi) che una dieta con diverse componenti benefiche, ispirata alla dieta Mediterranea, ma facilmente attuabile anche in altre aree geografiche, riesce, in soli 2 mesi, a ridurre significativamente il grasso accumulatosi in eccesso a livello del pancreas e questo si traduce in un miglioramento della fase precoce di secrezione insulinica nel periodo postprandiale.

"Quando il grasso è in eccesso – sottolinea il professore Giovanni Annuzzi - si accumula, oltre che nel tessuto adiposo, anche in organi in cui non ci dovrebbe essere, come fegato, pancreas, cuore e muscolo, e questo accumulo altera alcune delle funzioni principali dei vari organi. Nel caso del pancreas, tale accumulo può portare a delle alterazioni della secrezione insulinica con aumento del rischio di diabete o peggioramento del controllo glicemico".

"Lo studio è stato eseguito in pazienti con diabete tipo 2 assegnati in modo casuale a seguire per 2 mesi una dieta multifattoriale oppure una dieta ricca in acidi grassi monoinsaturi contenuti nell'olio extra-vergine d'oliva", sottolinea il dottor Giuseppe Della Pepa.

"Le diete erano isocaloriche e simili per macronutrienti. La dieta multifattoriale - continua Della Pepa -  era ricca in fibre e in alimenti a basso indice glicemico (legumi, verdura, cereali integrali e frutta), acidi grassi monoinsaturi (presenti nell'olio extra vergine d'oliva), acidi grassi omega 3 e omega 6 (derivanti dal pesce grasso e dalla frutta secca a guscio), vitamine e polifenoli (frutta, verdura, tè, caffè). L'altra dieta era ricca solo in acidi grassi monoinsaturi derivanti dall'olio extra vergine d'oliva. Prima e dopo l'intervento è stato misurato il contenuto di grasso pancreatico mediante risonanza magnetica. Inoltre, abbiamo valutato glicemia e insulinemia a digiuno e nelle 4 ore successive ad un pasto test. Al termine dei 2 mesi, il grasso pancreatico si è ridotto significativamente del 10% nella dieta Multifattoriale e durante il pasto abbiamo osservato, sempre nella dieta multifattoriale, un incremento significativo della secrezione insulinica del 30%, soprattutto nelle prime due ore successive al pasto. La variazione nel contenuto di grasso pancreatico correlava inversamente con l'incremento di insulina a supporto dell'ipotesi che fosse proprio la riduzione del grasso pancreatico ad indurre tale miglioramento". 

"Fino ad oggi, solo con una drastica riduzione del peso corporeo si era riusciti ad indurre una riduzione clinicamente rilevante del grasso pancreatico - afferma la dottoressa Lutgarda Bozzetto – La riduzione di peso determina, infatti, una sostanziale riduzione della disponibilità di energia in eccesso che necessita di essere depositata. La riduzione ponderale è tuttavia difficile da ottenere e mantenere a lungo tempo. Pertanto, la possibilità di implementare modifiche qualitative della dieta senza la necessità di ridurre drasticamente la quantità di calorie rappresenta un vantaggio notevole in termini di adesione al trattamento dietetico".

"Le ricadute cliniche derivanti dai risultati di questo studio sono enormi - conclude la professoressa Angela Rivellese – infatti, adottare una dieta ispirata alla tradizione mediterranea può indurre, oltre ai benefici già dimostrati in precedenti studi del nostro gruppo sull'eccesso di grasso a livello del fegato, anche un miglioramento della secrezione precoce di insulina dopo i pasti, considerato uno dei meccanismi principali che portano al diabete tipo 2. Tale miglioramento è mediato dalla riduzione del grasso accumulatosi a livello dello stesso pancreas e può tradursi in una riduzione reale del rischio di diabete nella popolazione generale e della progressione della malattia in chi è già diabetico".

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