Covid asintomatico, il Prof. Capasso: "A determinarlo è la predisposizione genetica"
“La nostra ricerca ha scoperto che queste mutazioni rare del DNA, che possono essere ereditate di generazione in generazione, rappresentano una parte del complesso quadro genetico che si associa allo sviluppo clinicamente meno grave del Covid-19"
È ormai noto che fattori di rischio come l'età avanzata, il sesso maschile e le malattie pregresse hanno un ruolo rilevante nel determinare la gravità della malattia da Covid-19. Ma allora come mai alcuni soggetti contagiati dal SARS-CoV-2 hanno sviluppato una forma asintomatica, pur avendo uno o più fattori di rischio? La risposta è nel DNA. Secondo quanto scoperto da un team di ricerca del Ceinge Biotecnologie avanzate di Napoli, diretto da Mario Capasso e Achille Iolascon, professori di genetica medica dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, a predisporre a forme asintomatiche dI Covid-19 sarebbero alcune mutazioni genetiche rare che indeboliscono i geni coinvolti nei processi di attivazione della risposta immunitaria dell'organismo.
"Oggi - spiega a NapoliToday il Prof. Capasso - è ampiamente dimostrato che l’eccessiva risposta immunitaria all’infezione da SARS-CoV-2 e la successiva iper-attivazione dei processi pro-infiammatori e pro-coagulativi sono la causa principale del danno agli organi come polmoni, cuore, rene, ecc. La nostra ricerca dimostra che le mutazioni del genoma umano che attenuano questa eccessiva reazione immunitaria possono predisporre ad un’infezione senza sintomi gravi". Lo studio napoletano è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Genetics in Medicine.
Prof. Capasso, quali sono questi fattori genetici che predispongono all’asintomaticità?
“I fattori genetici che abbiamo identificato sono mutazioni rare del DNA che possono essere ereditate di generazione in generazione e che rappresentano una parte del complesso quadro genetico che si associa allo sviluppo clinicamente meno grave del Covid-19. Altri gruppi di ricerca internazionali stanno contribuendo, parallelamente, a identificare varianti genetiche legate alla predisposizione di fenotipi più o meno aggressivi del Covid-19 per spiegare questo complicato enigma che caratterizza il genoma umano”.
Che legame esiste tra questi fattori genetici e la risposta immunitaria scatenata dall’infezione da SARS-CoV-2?
“Le mutazioni identificate alterano la funzione di tre geni MASP1, COLEC10, COLEC11 appartenenti alla famiglia delle lectine che si attivano per contrastare infezioni virali e batteriche. L’infezione da SARS-CoV-2, però, provoca un’eccessiva risposta di questi geni che sfocia in una forte infiammazione e attivazione della coagulazione del sangue. Il nostro gruppo di ricerca ha dimostrato che esistono mutazioni rare in questi geni che possono mitigare l’eccessiva risposta infiammatoria e proteggere da Covid-19 severo”.
Quale intuizione ha dato il via alla ricerca?
“Abbiamo avuto una prima intuizione di studiare gli asintomatici nel maggio del 2020 quando ci siamo resi conto che tra gli infetti della popolazione di Ariano Irpino vi erano soggetti anziani che pur avendo fattori clinici di rischio non sviluppavano forme gravi della malattia. Abbiamo così deciso di studiare il DNA di questa popolazione, e grazie al contributo del Dott. Cerino Pellegrino dell’Istituto Zooprofilattico di Portici e al Prof. Massimo Zollo, coordinatore della task-force COVID del Ceinge, abbiamo iniziato una raccolta massiva di campioni biologici da sequenziare. Oltre all'enorme sforzo fatto per sequenziare circa 800 campioni in così poco tempo, abbiamo dovuto poi eseguire analisi bioinformatiche di un enorme mole di dati genetici per individuare, tra centinaia di migliaia di mutazioni, quelle effettivamente associate al fenotipo asintomatico. Questo è stato reso possibile grazie al team di bioinformatici del CEINGE, da me diretto, e in particolare al Dott. Giuseppe D’Alterio, un giovane ricercatore che sta seguendo un dottorato in bioinformatica della Scuola Europea di Medicina Molecolare”.
Come questa scoperta potrà incidere sui futuri approcci diagnostici e terapeutici?
“In futuro potremmo sfruttare queste mutazioni in combinazione con altre identificate da altri gruppi di ricerca, per generare un valore poligenico in grado di identificare nella popolazione generale chi è predisposto a sviluppare un Covid-19 grave o un Covid asintomatico. Inoltre, grazie a questa ricerca abbiamo incrementato le nostre conoscenze sui processi biologici che sono alla base della risposta immunitaria all’infezione SARS-CoV-2. Si potrebbe, quindi, pensare di sviluppare farmaci che inibiscono la forte infiammazione bersagliando i geni, da noi identificati, quando i loro livelli nel sangue sono eccessivamente elevati. La misura della quantità di espressione degli stessi geni potrebbe anche funzionare come potenziale fattore prognostico dell’aggravamento della patologia”.
Prossimi obiettivi di ricerca?
“Il nostro obiettivo è quello di continuare a svelare le basi genetiche dei vari gradi clinici della malattia da Covid-19 che, come tutti i tratti complessi, sono determinati da una combinazione di molteplici fattori genetici. Io immagino il Covid-19 come un dipinto formato da molti colori e una miriade di sfumature, il nostro ruolo è quello carpire quali sono questi colori e come si integrano tra di loro nel formare questo complesso disegno. Quindi è chiaro che abbiamo bisogno di ancora molta ricerca per conoscere a pieno questa malattia e per avere un risvolto pratico-clinico di queste nostre scoperte”.