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Salute

Covid-19 e anticorpi monoclonali, il Direttore generale dell’ASL NA 3: “La terapia sta funzionando”

“Sono venti i pazienti con infezione da SARS-CoV-2 trattati sino ad ora. Nessuno di loro ha avuto bisogno del ricovero. La cura sta dando i risultati sperati”. L’intervista al Dott. Gennaro Sosto

Non hanno sviluppato complicanze della malattia da Covid-19 i venti pazienti trattati con anticorpi monoclonali nel Covid Hospital di Boscotrecase. Un segnale incoraggiante che dimostra come la terapia, se fatta in tempo, funziona in maniera efficace. A metà aprile presso il nosocomio napoletano è stato inaugurato un centro di somministrazione di anticorpi monoclonali per la cura dei pazienti con fragilità che hanno contratto il SARS-CoV-2. Si tratta del primo centro dell’Asl Napoli 3 Sud, ma anche il primo sul territorio nazionale, che somministra gli anticorpi monoclonali per la cura della malattia da Covid-19 sia in ambulatorio che a domicilio. Un’iniziativa importante che si affianca ad un altro progetto ambizioso, Telemaco, frutto di un’intesa tra l’Asl Napli 3 Sud e l’ospedale Cotugno di Napoli. Il progetto, nato dall’integrazione di due differenti esperienze professionali, ha come obiettivo il monitoraggio dei pazienti con sintomatologia da “long-Covid”, cioè di quei soggetti che continuano ad avere sintomi anche dopo la negativizzazione al virus, per individuare un protocollo di cura. Ne abbiamo parlato con il Direttore generale dell’ASL NA 3 SUD, il dott. Gennaro Sosto.

- Vaccino e anticorpi monoclonali: quali diverse funzioni hanno?

“Il vaccino ha un’azione preventiva, non impedisce la contrazione del virus ma consente di evitare che si sviluppi una forma grave della malattia. Non è ancora provato scientificamente, ma pare che la trasmissione del SARS-CoV-2 possa comunque avvenire tra persone vaccinate, l’unica cosa certa è che, in caso di contrazione del virus, grazie al vaccino, gli effetti della malattia vengono abbattuti o diventano residuali. Questo spiega anche perché si stanno verificando casi in cui persone vaccinate risultano positive ma poi si negativizzano dopo poco, oppure si positivizzano ma con carica virale bassa. Altra cosa importante da dire è che ai soggetti che hanno contratto il virus non si inocula il vaccino perché l’organismo ha già sviluppato anticorpi in maniera naturale, la reazione immunitaria ha debellato il virus naturalmente: in questi casi bisogna aspettare un certo arco di tempo prima di inoculare il vaccino. L’anticorpo monoclonale, al contrario, è una terapia, agisce per contrastare gli effetti del virus, e, proprio perché è una cura, deve essere inoculato in una fase iniziale della malattia, quando il virus non ha ancora preso il sopravvento sull’organismo, quando non è stato ancora in grado di scatenare effetti gravi”.

- Cosa sono gli anticorpi monoclonali?

“Sono particolari tipi di anticorpi, frutto di una serie di studi partiti già all’inizio della prima ondata della pandemia. Si tratta di anticorpi naturali potenziati da un effetto farmacologico che sviluppano una reazione immunitaria fortificata e consentono all’organismo di debellare il virus. Abbiamo l’esempio di centinaia di migliaia di vittime che dimostrano che la risposta immunitaria soprattutto in soggetti fragili come gli immunodepressi non consente di sconfiggere il virus: con l’utilizzo degli anticorpi monoclonali si riesce a fortificare e potenziare la risposta immunitaria di questi soggetti che così riescono a debellare il virus”.

- Dopo quanti giorni dall’esordio dei sintomi vengono somministrati gli anticorpi monoclonali?

“Più che giorni parliamo di stato di salute del paziente. L’organismo nel quale vengono inoculati gli anticorpi monoclonali non deve essere già debilitato, il virus non deve avere già preso il sopravvento perché in tal caso la cura avrebbe un effetto residuale. Per questo la terapia si rivolge a un target di soggetti fragili”.

- Al Covid Hospital di Boscotrecase è attivo da metà aprile il centro di somministrazione degli anticorpi monoclonali per la cura della malattia da Covid-19. In che modo selezionate i pazienti?

“Sono i medici di medicina generale a selezionare i soggetti più fragili, quelli che rischiano un’evoluzione grave della malattia. Una volta individuati, iniziamo a monitorarli: la fase di monitoraggio è necessaria perché nel momento dell’inoculazione lo stato clinico del paziente non deve essere compromesso. Li monitoriamo con device e con le nostre squadre USCA per il tempo necessario di preparazione della terapia. A questo punto abbiamo due chances: l’inoculazione domiciliare, che è quella più frequente, o l’inoculazione in ambulatorio presso il Covid Hospital di Boscotrecase”.

- Come avviene l’inoculazione?

“Si tratta di un’infusione endovenosa che dura circa 60 minuti e viene effettuata in ambulatorio, in un ambiente protetto. Se si opta per l’inoculazione a domicilio, il team che sta provvedendo alla somministrazione è composto anche da un anestesista”.

- Come mai state preferendo la somministrazione a domicilio?

“Sono gli utenti che stanno preferendo questa opzione. Trattandosi generalmente di pazienti che oltre ad avere una fragilità hanno anche contratto il Covid, il trasporto in ambulatorio per l’inoculazione potrebbe destabilizzarli dal punto di vista psicologico. Per cui molti ci chiedono di poter ricevere la somministrazione a domicilio. Ed è stata questa ampia richiesta ad averci spinto a sperimentare a domicilio la somministrazione. Credo siamo i primi su scala nazionale ad aver accettato questa sfida”.

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