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Covid-19, cosa prevede il protocollo terapeutico per la cura domiciliare del paziente: risponde il medico di base

“Antinfiammatori e cortisonici nelle fasi iniziali della malattia, eparina a basso peso molecolare nelle fasi più avanzate, antibiotici solo per prevenire o curare eventuali complicanze batteriche”. L’intervista al dott. Giuseppe Clemente, medico di medicina generale specializzato in cardiologia e in otorinolaringoiatria

Un protocollo terapeutico, unico e riconosciuto a livello nazionale, per la cura domiciliare del paziente affetto da Covid-19. Il documento, dal titolo “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da Sars-Cov-2”, è stato approvato nel mese di novembre dal Comitato Tecnico Scientifico e si rivolge a tutti medici di base e pediatri di libera scelta che in collaborazione con le Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) seguono a domicilio i pazienti che hanno contratto il nuovo Coronavirus. Le linee guida – come ha dichiarato lo stesso CTS – servono a mettere ordine nel mare magnum di prescrizioni, spesso in contrasto tra loro, fatte sulle raccomandazioni delle singole Regioni. Il documento dà indicazioni riguardanti non solo i farmaci da utilizzare e quali parametri monitorare a distanza, ma anche i criteri per valutare se un paziente Covid può essere assistito a casa o deve essere ospedalizzato. Dal trattamento viene esclusa la clorochina o idrossiclorochina, farmaco osannato da Trump e somministrato soprattutto nella prima fase dell'emergenza: il suo utilizzo non solo non serve a contrastare l’infezione, ma può provocare – come ha dichiarato l’EMA (l'Agenzia Europea dei Medicinali) – seri effetti collaterali quali disturbi psichiatrici e comportamenti associati al suicidio. No anche alle combinazioni antivirali e agli antibiotici (a meno che la febbre non persista oltre le 72 ore o si sospetti anche un'infezione batterica). Sì ad antinfiammatori come paracetamolo o Fans in presenza di sintomi febbrili, e a corticosteroidi che, però, vanno usati solo se il quadro clinico non migliora entro le 72 ore e, soprattutto, se si verifica un peggioramento dei parametri dell'ossigeno. Le eparine a basso peso molecolare, invece, vanno somministrate solo nella fase più avanzata della malattia, quindi in soggetti con polmonite in atto e ipomobilità per prevenire il tromboembolismo venoso. Il dott. Giuseppe Clemente, medico di medicina generale specializzato in cardiologia e in otorinolaringoiatria, ci spiega nel dettaglio quali sono le raccomandazioni per la gestione domiciliare del paziente.

- Dott. Clemente, gli esperti del Cts hanno approvato, nel mese di novembre, le linee guida per la cura a casa dei pazienti Covid. Quali farmaci prevede la terapia domiciliare?

“Innanzitutto ci tengo a dire che i pazienti devono seguire la terapia solo dopo il consulto medico. Tornando alla sua domanda, va sottolineato che il Covid-19 è una infezione virale e non batterica. Per cui, mentre gli antibiotici agiscono contro le infezioni batteriche, sono inutili contro quelle virali. Possono essere usati solo per prevenire o curare eventuali sovrapposizioni o complicanze batteriche. Le linee guida, pertanto, possono essere solo una indicazione da seguire, ma non sono vangelo”.

- Quando vengono somministrati gli antinfiammatori?

“Si è in linea di massima d'accordo sulla somministrazione immediata di antinfiammatori, come la nimesulide, il celecoxib o anche la tachipirina, che però è più un antipiretico che un antinfiammatorio. Gli antinfiammatori servono a ridurre l'infiammazione che accompagna le prime fasi dell’infezione da Covid-19”.

- E il cortisone in quale fase della malattia viene utilizzato?

“I cortisonici sono largamente utilizzati nelle fasi iniziali, specie il desametasone. Ma alcuni obiettano, e credo con ragione, che elevati livelli di cortisonici riducano, specie nella prima settimana, le difese immunitarie contro il virus. Al desametasone o prednisone si aggiunge l'antibiotico, in particolare la azitromicina, utilizzato empiricamente in quanto, per le ragioni prima esposte, non ha alcuna azione antivirale. Si utilizzano anche preparati vitaminici come la vitamina d e la vitamina C, ma, anche in questo caso, però, non esistono studi certi sulla loro reale efficacia”.

- L’eparina quando viene somministrata?

“L'eparina a basso peso molecolare merita un discorso a parte. Questo presidio può essere molto utile, ma nelle fasi più avanzate della malattia per ridurre il rischio trombotico. Questo perché si è osservato che le polmoniti da Covid-19 si associano a microtrombosi e microembolie”.

- Perché l'idrossiclorochina è stata esclusa dalle linee guida?

“Perché l'idrossiclorochina è risultata poco efficace e soprattutto dannosa presentando importanti effetti collaterali che ne sconsigliano l'uso”.

- Le indicazioni per la cura domiciliare a quali casi si riferiscono?

“Possono essere curati a domicilio i pazienti paucisintomatici, ovvero quelli con sintomi lievi, i pazienti sintomatici senza difficoltà respiratorie, i pazienti con difficoltà respiratorie, anche con polmoniti che rispondano alla ossigenoterapia in maniera che la saturazione risalga a valori superiori a 93-94, altrimenti è indispensabile il supporto delle USCA”.

- Il documento del Cts sottolinea anche l'importanza di avere in casa un saturimetro. Quando i valori sono preoccupanti?

“Il saturimetro è uno strumento fondamentale da tenere in casa perchè consente di monitorare l'evoluzione della malattia e l'efficacia dell'ossigenoterapia. I valori sono preoccupanti quando inferiori a 92 in presenza di dispnea (affanno)”.

- Quali altri parametri vengono controllati?

“La febbre, la dispnea, la tosse, che possono essere sintomi di polmonite. Oltre alla misurazione della saturazione, le USCA possono fare a domicilio anche l'ecografia polmonare, utile nella diagnosi della polmonite da Covid-19”.

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