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Salute

Vaccini cubani per il Covid, nel team ricercatore del CNR di Pozzuoli: l'intervista

“Con l’Istituto Finlay dell’Avana abbiamo disegnato Soberana 1 e Soberana 2, due vaccini sub-unità contenenti un pezzetto della proteina Spike. Saranno pronti a marzo 2021”. L’intervista allo scienziato 35enne Fabrizio Chiodo

- Per conoscerne l’efficacia bisogna attendere la fase 3?

“Sì, per parlare di efficacia dobbiamo aspettare la fase 3. Quando abbiamo fatto i clinical trial per il vaccino contro lo penumococco o il menigococco avevamo già a disposizione quelli che vengono chiamati in letteratura scientifica “correlates of protection”, cioè parametri sulle caratteristiche degli anticorpi sviluppati che danno immediatamente una solida idea sull’efficacia del vaccino e che sono frutto di 15 anni di ricerche. Se io so come determinati anticorpi si comportano in laboratorio, non è necessaria la fase 3, già posso dire in fase 2 che quella formulazione proteggerà l’uomo. Con un virus che abbiamo conosciuto un anno fa, basta una fase 3 più “piccola” e non è necessario un gruppo di controllo (placebo)”.

- Se il vaccino dovesse dimostrarsi efficace, come avverrà la somministrazione a Cuba?

“Cuba sta portando avanti 4 strategie diverse per poi scegliere il prodotto più interessante anche in funzione delle diverse categorie della popolazione. L’obiettivo finale è comunque immunizzare tutta la popolazione. I due vaccini studiati dal Centro per l’Ingegneria Genetica e la Biotecnologia stanno iniziando ora la fase 1: uno viene somministrato per via nasale (per dare un’immunità mucosale forte), l’altro per via muscolare. Gli altri due, studiati dal Finlay, Soberana 1 e Soberana 2, hanno terminato da poco la fase 1-2. Siamo in attesa dei risultati per capire non solo la loro efficacia ma anche se possono essere utilizzati per target diversi (soggetti anziani, bambini, immunodepressi, ecc). Se si dimostreranno efficaci, bisognerà anche valutare con l’OMS la possibilità di distribuirli nei Paesi in via di sviluppo che ne hanno bisogno. Essendo Cuba un paese socialista, distribuirà queste piattaforme in modo no profit a chi ne ha più bisogno, come ha già fatto in passato”.

- Che contributo scientifico hai dato a questi due progetti di ricerca?

“Occupandomi di esperimenti molecolari sul sistema immune innato, mi sono dedicato al disegno della molecola. Ho fatto diversi esperimenti con la parte della proteina Spike utilizzata poi nel vaccino, per capire in che modo potevamo presentarla al sistema immunitario. Ho contribuito a suggerire la corretta formulazione. Il mio contributo iniziale si è limitato alla fase di disegno e sviluppo. Adesso mi sto occupando anche dell’analisi dei dati e della scrittura delle pubblicazioni. Le mie conoscenze molecolari, del sistema immune e della chimica, hanno dato i loro frutti”.

- Cuba come ha gestito la pandemia?

“Essendo Cuba uno dei Paesi al mondo con il più alto numero di medici per persona, è stato più semplice gestirla. La maggiore concentrazione della popolazione è localizzata all’Avana, dove è stato fatto uno screening a tappeto, tamponi casa per casa. I positivi venivano portati in location apposite e sottoposti a controllo fino a quando non risultavano negativi al tampone. A Cuba abitano 11 milioni di persone: i morti sono stati 140. La strategia di contenimento del contagio si è basta essenzialmente su: obbligo di mascherine, distanziamento sociale, scuola chiusa, alta concentrazione di medici pro-capite, una serie di presidi terapeutici (non vaccino) e blocco del turismo (molti casi erano importati). Inoltre, essendo stata potenziata già da un paio di anni la rete Internet, molti hanno potuto lavorare da casa. La gestione della pandemia è stata molto più semplice rispetto ad altri Paesi anche perché Cuba ha un bassa densità di popolazione ed è un’isola: dal momento in cui blocchi il turismo, eviti di importare nuovi casi. Casi che, però, ora stanno tornando perché l’isola ha riaperto i suoi confini”.

Cosa ne pensi della gestione italiana?

“Le scelte prese in Italia sono frutto del bilancio tra salute dei cittadini ed economia del Paese. L’Italia non è come Cuba, il Vietnam, la Cina o altri Paesi in cui la salute del cittadino è la priorità. Nei Paesi del G20 il modello economico ha dettato le regole per gestire la pandemia: prima un piccolo lockdown e poi la riapertura per dare ossigeno all’economia, un altro piccolo lockdown e poi nuovamente una riapertura. Con questo tipo di gestione erano prevedibili le diverse ondate: gli epidemiologi le avevano già annunciate. In Italia non puoi chiudere tutto perché non è tutto pubblico, bisogna fare i conti anche con il settore privato”.

- Perché abbiamo sentito parlare poco dei vaccini cubani?

“Si è parlato di più dei vaccini della Pfizer-BionTech, Moderna e AstraZeneca Oxford perché sono stati i primi a concludere la fase 3. Un altro motivo per cui si è parlato poco dei vaccini cubani è perché questi sono prodotti da un Paese socialista e finanziati totalmente dallo Stato. Evidentemente la stampa europea non gradisce far sapere alla società e al mondo che è possibile avere un vaccino totalmente pubblico e senza profitto. Comunque si sentirà parlare presto dei vaccini cubani, anche perché molti Paesi in via di sviluppo ne avranno bisogno. Solo i Paesi che se lo posso permettere potranno comprarli, come già ha fatto l’Europa con quello della Pfizer BioNTech. E ai Paesi poveri chi ci pensa? Qui entriamo in un discorso etico molto importante e su cui riflettere”.

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