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Coronavirus, perché si è spenta la musica sui balconi?

"Ascoltare e produrre musica non può diventare un'occupazione quotidiana da fare con la collettività, perderebbe il senso di rassicurazione e di spontaneità, diventando una routine". L’intervista doppia alle musicoterapiste Diana Facchini e Francesca Laccetti

Cantare per sentirsi uniti contro un nemico invisibile. Da Milano a Napoli, gli italiani hanno reagito con la musica all’emergenza Covid-19. Nel primo weekend di “quarantena” i balconi, le terrazze e le finestre di tutta Italia si sono trasformati in piccoli palcoscenici dove ballare e cantare. Un modo per esorcizzare l’isolamento “imposto” per contenere il contagio e portare un pò di allegria e divertimento in una situazione al limite del surreale. C’è chi ha intonato l’Inno nazionale, chi “Abbracciame” di Andrea Sannino, chi altre celebri canzoni. All’iniziativa partita dalla rete, hanno aderito anche numerosi cantanti, più e meno famosi, che hanno dato vita a vere e proprie forme di intrattenimento musicale sui social. Momenti di collettività e di unione, per affrontare insieme, seppur distanti, questo momento così difficile per tutti. Ma perché questo fenomeno è sfumato in così poco tempo? La musica sta continuando, seppure confinata nell'intimità domestica, ad offrirci un valido contributo per tenere a bada emozioni come la paura, l’angoscia e la tristezza? Lo abbiamo chiesto in una intervista doppia a Diana Facchini, musicologa, musicoterapista e direttrice dell’ISFOM (Istituto Formazione Musicoterapia) di Napoli, e Francesca Laccetti, psicologa, psicoterapeuta e musicoterapista ISFOM.

Da Milano a Napoli, tutti sui balconi e alle finestre per cantare e suonare insieme, seppur distanti. Gli italiani hanno reagito così all’emergenza Covid-19. Ma perché la musica?

FL. La musica è una reazione emotiva immediata e la più istintiva perché è una forma di comunicazione ed espressione appartenente a tutta l'umanità.

DF. L’uomo è innanzitutto un essere sonoro: contiene ‘universali sonori’ - archetipi direbbe Jung - che lo caratterizzano come specie: il battito cardiaco, il respiro, il ritmo dei passi, la voce (il cosiddetto ‘grido universale’); e poi i gusti personali musicali che si definiscono in base alla propria storia e generazione, alla propria emotività, istintività e conoscenza, alle proprie esperienze attive o recettive con la musica. Tutto si introietta e si mescola in modo consistente da diventare parte integrante della vita, tanto da non poterne fare a meno (a differenza delle altre arti che viviamo spesso con maggiore distacco). Per questo la musica diventa un’ottima compagna di vita, la utilizziamo costantemente nella nostra giornata; è tra le attività espressive più diffuse. Spesso ce ne serviamo per distrarci, per consolarci, per sperimentare sensazioni diverse, per emozionarci, per provare esperienze ludiche, di movimento, insomma, ci permette di stare bene, in questo senso diciamo ‘comunemente’ che è terapeutica. Ed è così che immediatamente ce ne siamo serviti in questa difficile circostanza: da Milano a Napoli, sui balconi e alle finestre per cantare e suonare insieme, per mantenere un con-tatto emotivo oltre che per esorcizzare la paura, il dolore, la disperazione. Un urlo collettivo di speranza ma anche di consapevolezza e di forza. Come l’azione che lo sciamano compie per indurre la comunità ad una energia collettiva e identificarsi rispetto ad un bisogno condiviso. In ogni città, dove esiste una forte identità culturale popolare musicale, come Napoli, le finestre si sono aperte, spalancate. Sciamani hanno proposto ed il gruppo ha risposto, recuperando gli archetipi della propria regionalità. A Napoli tammorre e tammurriate, slogan vocali con una canzone imperante ‘Abbracciame’ per rappresentare il contatto, esorcizzare, cementare il vincolo tra il dentro e il fuori, tra il sé e l’altro, e poi l’Inno nazionale per una risonanza sovra regionale, per superare le distanze geografiche e sospendere inutili campanilismi. Tutte proposte energetiche per il corpo e per l’anima. La musica che produciamo in terapia è quella che facciamo insieme all’utente a partire dai suoi bisogni espressivi, dalle sue modalità di comunicazione. L’utente non è passivo ma attivo nella relazione. Stiamo insieme a lui sonoramente a partire dalle sue possibilità. Può sembrare strano che un utente che magari non ha mai suonato uno strumento si attivi con il musicoterapista. In realtà accade proprio questo. Spesso un utente che non parla, o che presenta problemi sul piano cognitivo, o emotivo, produce sonorità e lo fa sostituendo perfettamente il piano verbale”.

Come mai questo fenomeno si è spento dopo una settimana?

FL. Si è spento il canto dai balconi perché questo periodo di isolamento e restrizioni altera talmente il nostro equilibrio, i nostri equilibri, che tutti viviamo emozioni alterne, sbalzi d'umore e facciamo fatica a organizzare un nuovo equilibrio nell'emergenza, anche sottoposti a continue informazioni, a nuove restrizioni e rinunce. Ansia, paura, sofferenza per chi si ammala, qualcosa di sconosciuto e che sfugge al controllo, mette in crisi le nostre sicurezze e quindi abbiamo bisogno di modificare continuamente il nostro modo di percepire e di adattarci. Ascoltare e produrre musica riporta subito alla relazione, alla comunicazione, ma non può diventare un'occupazione quotidiana da fare con la collettività dei balconi, perderebbe il senso di rassicurazione e di spontaneità, diventando una routine.

DF. Così si è spenta la nostra musica. Ci siamo uniformati alla sofferenza, alla malinconia, facendo entrare nelle nostre case i rintocchi delle chiese che ci ricordano che siamo in tempo di guerra, i suoni delle ambulanze che con apprensione rimandano immediatamente alla malattia. Abbiamo riconvertito i suoni in silenzio, un suono bianco, pregnante, assoluto che ci riporta ai suoni interni, all’ascolto più introspettivo. E, rispetto all’osservatorio delle musiche che circolano sulle chat di conoscenti ed amici, affiorano quelle più malinconiche, ci siamo identificati sonoramente con le musiche più sommesse ed intime dove emergono tonalità minori, ritmi blandi, strumenti evocativi”.

La musica continuerà a offrirci un valido contributo per tenere a bada le emozioni negative? Quali sono i generi da ascoltare?

"FL. L'ascolto di musica funziona sia da soli che in compagnia, nel rasserenare, rinforzare o scovare le nostre emozioni. Entrambi i modi vanno utilizzati, individualmente assolve a un bisogno di intimità con se stessi e coi propri vissuti, farlo in gruppo veicola maggiormente la soddisfazione del bisogno di condivisione e divertimento. Quali musiche ascoltare va lasciato alla scelta personale, ciascuno assecondando l'umore del momento o spingendo per reagire ad esso. E’ importante ascoltare quel che sentiamo di voler ascoltare in un dato momento. Servono entrambi gli stili, quello malinconico e quello allegro, perché è fondamentale il pensiero positivo rivolto al futuro e a un futuro sereno, ma è importante anche non negare le preoccupazioni, i dolori e i timori di questo periodo, che altrimenti nidificano in zone emotive che possono esplodere in futuro.

DF. Pertanto non vanno bandite musiche tristi, piuttosto lasciare che l’animo si affidi alla scelta che percepisce come efficace per sé. Questo è anche il lavoro che si attua in un laboratorio di musicoterapia, allorquando lasciamo che sia l’utente a scegliere il mood, ad esprimersi e ad esprimere le sue emozioni, e poi, possibilmente, trasformare quelle negative in elementi rassicuranti; ma senza sostituirci all’altro, piuttosto assecondandolo e facilitando l’introspezione, l’esternazione e la consapevolezza. Ecco, questo è un processo importante per ciascuno di noi, ora più che mai: lasciare che le emozioni affiorino, senza trattenerle. quindi accompagnare la nostra giornata con la musica non può che farci bene. Ciascuno sceglie la propria con la quale stare in sintonia. Una stessa musica può offrire all’individuo anche un contributo diverso. La stessa musica che ci rasserenava ieri, ora può non bastarci e ci porta a sensazioni opposte; infatti l’alchimia che si genera a partire dai suoni e si traduce in emozione a livello cerebrale, è fortemente legata al qui ed ora ed al vissuto personale".

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