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Coronavirus, lo psicologo: “Fiducia e oggettività per gestire la paura del contagio”

“La condizione a cui siamo costretti può essere un’occasione per riappropriarci di ritmi di vita più equilibrati, per fermarci e riscoprire noi stessi e il piacere delle piccole cose”. L’intervista allo psicologo clinico Mauro De Vito

Ad accomunare gli italiani in questo periodo difficile è un’unica emozione: la paura. La paura di contrarre il virus, la paura di essere infettati dall’altro, la paura di contagiare una persona cara. Siamo tutti sulla stessa barca, uniti nel combattere un solo nemico, sconosciuto e senza volto: il COVID-19. Perdere il controllo, farsi sopraffare dall’angoscia può generare il panico e gesti irrazionali. Pensiamo ai treni e agli autobus diretti a Sud presi d'assalto dopo la firma del decreto che aveva istituito la zona rossa in Lombardia e in altre 14 province del Centro-Nord; pensiamo ai supermercati assaltati dopo l'annuncio dell'estensione della zona rossa a tutta Italia; pensiamo all’uomo che, in attesa di fare il tampone all’ospedale Cotugno, si è tolto la mascherina e ha sputato in faccia a una dottoressa e a un infermiere. Tutti comportamenti irresponsabili generati dall’ansia e dal timore. Riuscire a mantenere la calma e la razionalità, nonostante le continue rassicurazioni dei medici, degli psicologi e delle Istituzioni, non è una cosa facile, per nessuno di noi. NapoliToday ha intervistato lo psicologo clinico Mauro De Vito, dottore di ricerca in bioingegneria e bioinformatica in ambito medico, per capire come affrontare il periodo di isolamento a cui siamo costretti per contenere il contagio e come gestire le emozioni negative che sono costantemente in agguato.

Un’emozione che ci accomuna tutti, in questi giorni difficili, è la paura del contagio. Come possiamo gestirla e fare in modo che non degeneri in panico?

La paura di per sé è un’emozione potente e utile, è quella che ha permesso alla specie umana di evolversi evitando i pericoli. E’ quindi funzionale alla sopravvivenza se proporzionata ai pericoli, mentre diventa un problema se ci impedisce di vivere. Oggi, molti pericoli non dipendono dalle nostre esperienze dirette. Ne veniamo a conoscenza perché sono descritti dai media e/o sono ingigantiti dai messaggi che circolano in rete. In questo modo la paura diventa eccessiva e si trasforma in panico, finendo per danneggiarci. Possiamo proteggerci da questa degenerazione attraverso due elementi strettamente correlati: i dati oggettivi e la fiducia. La percezione del pericolo non è oggettiva. Basta pensare alla paura passata degli attentati che di fatto mietevano meno vittime degli incidenti automobilistici, eppure sono più le persone che hanno paura degli attentati che dei viaggi in auto. I numeri e i dati sono quelli che ci aiutano a valutare in modo corretto la realtà: su circa 1 milione di napoletani sono circa 100 le persone ammalate. Questo significa che con i giusti comportamenti possiamo fermare il contagio che non ha raggiunto ancora, in questa area, proporzioni di alta entità. Allo stesso tempo abbiamo sicuramente bisogno di ritrovare la fiducia, la fiducia nel nostro sistema sanitario, la fiducia negli esperti che ci consigliano come evitare il propagarsi del virus, la fiducia nelle regole di prevenzione. La mancanza di fiducia genera panico e il panico genera comportamenti irrazionali. Quello che è avvenuto in seguito alla diffusione della notizia della chiusura della Lombardia è un esempio di come il panico scaturisca dalla mancanza di dati di realtà e di fiducia; una fuga che non ha tenuto conto delle conseguenze per gli altri (e neanche di quelle per i propri cari), scatenata dalla mancanza di fiducia nelle regole, nelle Istituzioni e nella società stessa”.

Le nuove disposizioni del governo ci invitano a rimanere a casa, salvo spostamenti per lavoro, per salute o per altre necessità. Come possiamo trascorrere il tempo in casa senza rischiare di cadere in psicosi o depressione?

“Oggi la nostra vita si svolge con ritmi frenetici, ci spostiamo velocemente da un posto all’altro facendoci fagocitare da situazioni, luoghi, incontri. È normale, quindi, un momento di sbandamento, essendo costretti a stare a casa privati della libertà a cui siamo abituati. Questa, però, può essere un’occasione per riappropriarci di ritmi di vita più equilibrati, di vivere nel tempo più che attraverso il tempo. Di fermarci e riscoprire il piacere di fare e vivere quelle piccole cose che non riusciamo mai a fare. È primavera, e, per chi ha dei balconi o un giardino, può essere l’occasione di prendersi cura delle proprie piante o piantarne di nuove, la loro fioritura sarà il simbolo di una vita che ci sembra ferma ma continua ad andare avanti. Sperimentiamo la preparazione di nuovi piatti, quelli magari più elaborati che non riusciamo a cucinare nella vita di tutti i giorni, leggiamo quei libri cha abbiamo sul comodino da mesi, ritinteggiamo la stanza che abbiamo in mente di rinnovare da tempo. I più sportivi che soffrono per la chiusura delle palestre, possono, grazie ai video on line, continuare i propri allenamenti. Prendiamoci cura di noi stessi facendo un bagno caldo e coccolandoci con oli essenziali e aromi con la musica che amiamo in sottofondo. Ritroviamoci. Oggi le coppie, le famiglie sono sempre di corsa. Le persone non hanno il tempo di guardarsi negli occhi, di raccontarsi. Perché non cogliere l’occasione per riunire la famiglia davanti a un gioco di società o a un’attività casalinga comune!? Chi ha figli può finalmente dedicare loro il proprio tempo raccontando storie o giocando insieme”.

Quali consigli può dare, invece, a chi ha contratto il virus ed è in quarantena in casa o in ospedale?

“Ritorniamo ai cardini che abbiamo citato precedentemente: dati di realtà e fiducia. Ci sono casi di decessi ma anche tanti casi di guarigioni, non tutti i contagiati vivono la stessa sintomatologia e non sempre questa è virulenta. Tutto il mondo è alla ricerca di una cura, di un vaccino. È proprio di questi giorni la notizia che una cura sperimentale a Napoli sta dando ottimi risultati. Non bisogna concentrarsi sulla morte - la paura atavica dell’essere umano - ma sulla vita. Anche in questo caso è importante essere parte attiva nel processo di guarigione: concentrarsi sulla vita significa anche, in questo caso, concentrarsi su di sé, su quello che ci può far star bene”.

Un consiglio anche ai genitori. Come possono spiegare ai loro bambini e ragazzi perché le loro abitudini sono cambiate?

“Ai bambini bisogna comunicare la verità attraverso metafore e storie che la rendano comprensibile, da un lato, ma che non li spaventino, dall’altro. Io racconterei la storia del piccolo mostriciattolo Coronavirus, che, come un gran pasticcione, saltella tra le persone provocando guai e malanni qua e là, ma che possiamo tenere alla larga seguendo le indicazioni che tutti conosciamo. Lo stesso uso di mascherine e guanti può essere per loro un divertimento, una sorta di costume, un nuovo gioco. “La vita è bella” di Benigni è un esempio straordinario di come anche un evento tragico può diventare ludico se siamo noi a raccontarlo nel giusto modo. In questo caso i nostri supereroi/salvatori saranno gli scienziati, che, mentre ci difendiamo con gli strumenti a nostra disposizione, stanno creando la pozione magica per rendere inoffensivo il piccolo mostriciattolo. I bambini sono molto più recettivi di quanto immaginiamo. Un bell’esempio gira in rete: quattro bambini che, sulla colonna sonora di una famosa canzone dei Ricchi e Poveri, cantano un testo che con ironia racconta la noia di stare a casa ma l’importanza di farlo per sconfiggere il virus. Per i più grandi il discorso è completamente diverso: spesso, soprattutto negli adolescenti, c’è una percezione falsata dei problemi e l’idea di essere invincibili. E’ quindi fondamentale dire le cose in modo estremamente diretto: stare a casa è necessario non solo per loro ma anche per chi è intorno a loro come genitori, nonni, amici. Fare esempi concreti di quello che può accadere e non minimizzare è l’unico modo per renderli responsabili”.

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