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Arteterapia, cos’è e come funziona? Ce ne parla l’esperta

"Si tratta di una disciplina che, attraverso l'utilizzo di differenti linguaggi artistici, mira al benessere globale della persona promuovendo l’espressione del proprio mondo interiore”. L’intervista alla dott.ssa Tiziana Taperino

Questa disciplina di quali arti si avvale?

"Come ti dicevo poco fa, la dicitura corretta è "arti – terapie" proprio in riferimento alle molteplici possibilità di scelta tra i vari linguaggi creativi. Ci sono colleghi che, come me, utilizzano prettamente il colore, la fotografia e il movimento, altri che lavorano utilizzando la musica e le canzoni, altri ancora attraverso la lettura e la scrittura. È una disciplina interessante e stimolante soprattutto per la possibilità di rinnovarsi e arricchirsi continuamente, senza chiudersi in un ambito troppo ristretto e precludersi la sperimentazione di nuove vie per entrare in contatto con l’altro".

Prendiamo ad esempio la fotografia, come viene utilizzata questa arte visiva ai fini terapeutici?

"La fotografia ha ampi margini di applicazione, seppure tra tutte le arti sia probabilmente quella meno diffusa e conosciuta in ambito terapeutico. In questo campo specifico viene fatta una distinzione ben precisa tra ciò che è fototerapia e ciò che invece viene definita come fotografia terapeutica. Nel primo caso ci si riferisce all’utilizzo delle immagini fotografiche nell’ambito del colloquio clinico, di consulenza o terapia psicologica. Nel caso invece della fotografia terapeutica, ci riferiamo a tutte quelle esperienze – individuali o di gruppo - in cui la fotografia viene proposta al di fuori di contesti strettamente terapeutici e di cura, conservando sempre però gli obiettivi di espressione, esplorazione e conoscenza di sé. Il lavoro con la fotografia è davvero ricco e pieno di possibilità, anche di integrazione con le altre arti. Le foto, che possono essere scattate attivamente oppure selezionate ed osservate, manipolate e trasformate, sono di supporto per mettere a fuoco delle situazioni, immortalare consapevolezze e affermare il proprio punto di vista. È lo strumento che prediligo per lavorare sulle narrazioni, spesso rigide e disfunzionali, che le persone fanno di sé e della propria storia. Inoltre, si tratta probabilmente del mezzo espressivo più familiare e diffuso al giorno d’oggi, e questo incide notevolmente sulla partecipazione e sulla fiducia delle persone nel lasciarsi andare ad una proposta inusuale".

Come viene strutturato un percorso arteterapeutico? Che ruolo ha il paziente in questo percorso? E’ un fruitore o un produttore dell’opera d’arte?

"Un percorso arteterapeutico può essere individuale o di gruppo e l’utenza a cui ci si rivolge è eterogenea: tutti - bambini, adulti, anziani, persone con deficit cognitivi o disturbi psichiatrici - possono praticarla, poiché non sono necessarie competenze specifiche. Il paziente, o il membro di un gruppo a seconda dei casi, può sperimentare entrambe le situazioni, e nella maggior parte dei casi questo avviene nella stessa situazione. Mi spiego, la proposta artistica può esser di tipo proiettivo e quindi si lavora insieme alla persona esplorando le risonanze emotive di una specifica opera, sia essa visiva ma anche, ad esempio, musicale o scritta. L’opera diviene quindi lo specchio di cui parlavamo prima, un canale attraverso il quale andare ad avviare un dialogo con la persona per rendere espliciti i suoi pensieri e le sue emozioni. Oppure, l’utente può essere coinvolto in una fase iniziale di produzione creativa, più o meno libera in base alla proposta e al percorso specifico, per poi divenire fruitore della sua stessa produzione e di quella degli eventuali compagni di gruppo. In questo caso si procede con la modalità riflessiva di cui ti dicevo prima, ponendo molta attenzione anche al vissuto legato alla fase del processo creativo".

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