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L'intervista / Bagnoli

Bagnoli 'meccanismo perverso' durato trent'anni: "Non va bonificata"

Carlo Iannello, professore di Diritto Pubblico alla Seconda Università di Napoli ed ex consigliere comunale, da sempre attento alle vicende del quartiere flegreo, commenta così la sentenza della Corte d'Appello a favore di quelli che erano i vertici di Bagnolifutura

Bagnoli e la sua riqualificazione sono un tema cittadino intramontabile: che ci sia una dichiarazione del sindaco, del ministro per il Sud, o ancora una sentenza come quella di pochi giorni fa (la Corte d'Appello ha assolto i vertici della Bagnolifutura a proposito della mancata bonifica) il quartiere di Napoli Ovest è sempre al centro di polemiche. Soprattutto perché nei fatti, dopo 30 anni, sembra ancora lontanissimo il giorno in cui l'area ex Italsider possa venire restituita in qualche modo alla cittadinanza.

Abbiamo discusso delle ultime novità con Carlo Iannello, professore associato di Istituzioni di Diritto Pubblico presso la Seconda Università di Napoli, ex consigliere comunale, da sempre attento alle vicende del quartiere flegreo.

Professor Iannello, qual è il suo commento alla recente sentenza della Corte d'Appello favorevole ai vertici di Bagnolifitura?
"Sarà possibile esprimersi con cognizione di causa una volta che verranno pubblicate le motivazioni, per ora possiamo soltanto formulare delle ipotesi. Una è quella che ho già letto sulle pagine del vostro giornale: dato che gli indagati erano accusati della mancata bonifica e che sono stati assolti perché 'il fatto non sussiste', allora vuol dire che la bonifica è avvenuta correttamente e quindi non si capisce perché non si abbattano i muri di cinta dell'area ex Italsider e la si restituisca alla cittadinanza".

L'altra ipotesi, quella più verosimile?
"L'altra ipotesi è che quel 'il fatto non sussiste' significhi semplicemente che gli amministratori non hanno commesso alcun reato, ma non che gli accertamenti fattuali emersi nel corso del processo di primo grado siano stati sconfessati. Semplicemente, quei comportamenti – la cui fondatezza non si discute – non integrano alcun reato".

Nessun reato, ma nessuna bonifica.
"In questo caso ci troveremmo di fronte ad una vicenda che assume contemporaneamente i caratteri della farsa e della tragedia. Vorrebbe dire che la mala gestio c'è stata. E del resto di mala gestio possiamo parlare a far data dal 1996, anno in cui viene istituita la Bagnoli Spa, che non ha fatto nulla, che precede il nulla della Bagnolifutura che precede il nulla del commissariamento. Ci troveremmo di fronte all'ennesima prova che Bagnoli è tenuta sotto sequestro non tanto dal giudice penale, ma - dal 1991 - dall'insipienza della classe politica e amministrativa locale e nazionale".

Un quartiere sotto sequestro. Bisognava fare diversamente?
"A Bagnoli, in oltre trent'anni, non si è riusciti a fare una banale opera di messa in sicurezza dei terreni, di quelle che in altre parti del mondo si fanno nel giro di qualche decina di mesi spendendo molto meno delle somme che sono state già spese".

Messa in sicurezza ha detto, non bonifica?
"Si dovrebbe fare una banale messa in sicurezza del sito. La parola bonifica, a proposito del quartiere flegreo, dovrebbe essere eliminata dal vocabolario".

Ci può spiegare la differenza?
"Il codice dell'ambiente prevede come equivalenti le operazioni di messa in sicurezza e le operazioni di bonifica. Solo che le operazioni di messa in sicurezza sono veloci e poco dispendiose, mentre quelle di bonifica sono costose e molto lunghe. Quindi sin dall'inizio si è scelta la strada più complessa. Non solo non si è risolto il problema, ma Bagnoli è diventata un'enorme voragine per l'erario pubblico".

Nel concreto cosa vuol dire? Vorrebbe ad esempio dire non rimuovere la colmata?
"Antonio Di Gennaro, Massimo Fagnano e Benedetto De Vivo sono tre professionalità accademiche che ci hanno spiegato come si fa la messa in sicurezza di Bagnoli sia della zona a terra sia della zona a mare. Si rende balneabile il sito e lo si rende fruibile a tutta la cittadinanza. Messa in sicurezza significa fare un capping di terreno sull'area. Poi, per quanto riguarda la zona a mare, non rimuovere i fondali, ma bloccare la migrazione degli inquinanti con delle tecniche moderne di copertura. E mettere in sicurezza la colmata non vuol dire non rimuoverla, anzi la sua rimozione è l'ultimo dei problemi, che potrebbe affrontare anche un ingegnere neolaureato".

Se ne parla da sempre come di un'opera mastodontica.
"Si tratta semplicemente di levare delle pietre. Rimuovere la colmata equivale a levare delle pietre, della loppa, cioè scarti industriali i cui metalli pesanti sono stati inertizzati dall'altoforno. La colmata non è un ordigno nucleare inesploso.
Il fatto che la classe dirigente che si è avvicendata nella gestione di Bagnoli la ritenga un'operazione complessa e ai limiti dell'inconcepibile ce la dice lunga sulla sua insipienza. Ma siamo nella città della speculazione edilizia e del sacco di Napoli: una classe dirigente che si è formata in questo contesto culturale non può concepire di rimuovere un manufatto che potrebbe essere profittevole. Così mistifica l’inconcepibilità culturale con una fantomatica impossibilità tecnica, assolutamente priva di ogni fondamento. Non è un caso che la colmata sia diventata il cardine della narrazione su Bagnoli. La classe dirigente di questa città, Laurina e post Laurina, ha consegnato a Napoli le piazze di cemento di cui si sta discutendo in questi giorni, la muraglia cinese di via Kagoshima, il palazzo Ottieri, il Centro Direzionale, la Linea Tranviaria Rapida che sono trent'anni – come Bagnoli – che assorbe finanziamenti ma che ancora deve essere utilizzata. Una classe dirigente che ha assolutamente dimenticato il valore della cultura e il valore della tutela delle bellezze naturali e del paesaggio, e che anzi si è strenuamente battuta per affermare antivalori ben rappresentati dalle realizzazioni che ho appena citato. Questa classe dirigente non può concepire di rimuovere la colmata e di restituire a Bagnoli la sua identità storica a culturale: quella dei bagni termali, da cui il nome Balneolum".

Nel passaggio dal concetto di bonifica a quello di messa in sicurezza, mi sembra di capire che c'è anche una questione relativa alla destinazione d'uso dei terreni.
"Guardi, io questo lo dicevo già da presidente della Commissione Urbanistica del Consiglio comunale, nel 2011. Bisogna modulare le destinazioni d'uso dei terreni in base alla situazione di fatto. L'operazione di bonifica che è stata fatta è partita da una situazione in cui i terreni erano già compatibili con una destinazione urbanistica di tipo commerciale, quindi terziario, alberghi, cinema, ristoranti. A quel punto sarebbe bastato rivedere opportunamente gli strumenti urbanistici in maniera tale da far coincidere le attività da far svolgere con quelle che si potevano già svolgere, indipendentemente dalla bonifica dei terreni.
Faccio un esempio, stanno rimuovendo in questi giorni l'amianto, che era seppellito sottoterra. Se l'amianto sta sottoterra, come giustamente ci ha spiegato il professor Benedetto De Vivo, non produce rischi per nessuno. Rimuovere l'amianto da sottoterra è un'operazione che non si comprende, a meno che lì non si debbano costruire degli appartamenti. Basterebbe fare un parco lì dove c'è dell'amianto sottoterra e non prevedere nessuna costruzione. Non è che bisogna costruire per forza in una zona dove c'è amianto, basta metterci del verde e l'amianto non darà fastidio a nessuno.
Mentre se tu levi l'amianto è chiaramente perché si deve costruire, ma avendo la possibilità di modulare la prescrizione urbanistica, perché non fare in modo che si vada il più velocemente possibile verso la fruibilità della zona? Perché non puntare al minore al minor costo per l'erario pubblico?".

Insomma, secondo lei è una favola quella della bonifica necessaria e difficile, è tutta narrazione quella costruita negli ultimi 30 anni intorno al quartiere?
"Più che una favola una narrazione che ha prodotto solo danni. I soldi già stanziati sono abbondantemente sufficienti per mettere in sicurezza due o tre Bagnoli, e per renderne balneabile il mare. Ma se dopo 30 anni di di sprechi, di studi e di immobilismo dobbiamo ancora affidare consulenze per studiare la questione, vuol dire che la classe dirigente non ha ancora capito cosa è accaduto. La trasformazione di una bonifica non necessaria in un perverso meccanismo di inconcludenza, un meccanismo volto a tenere tutto immobile. Cosa in cui si rivela, bisogna ammettere, di una micidiale e paradossale efficienza".

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