Comunali, la finta vittoria del Pd che continua a perdere voti
I Dem chiudono come primo partito della città, ma hanno dilapidato 30mila preferenze in dieci anni
Contenti, ma non felici. Il Pd è il primo partito nelle elezioni comunali di Napoli con il 12,2 per cento, eppure c'è da fare più di una riflessione in casa Dem. La prima è che, primato a parte, il Partico democratico è tutt'altro che trainante nella coalizione di centro-sinistra. Con sei consiglieri eletti, si troverà in una sorta di triumvirato composto anche dagli uomini di Manfredi sindaco e del Movimento 5 Stelle, entrambe le liste con cinque consiglieri.
Il Pd non sfonda, al massimo conserva la posizione di cinque anni fa. Nel 2016, con Valeria Valente candidata, la percentuale si era fermata a 11,63, appena uno 0,6 per cento in meno rispetto a oggi, e i consiglieri eletti furono sempre cinque. In termini assoluti, invece, si è assistito a una perdita di circa 4mila voti, passando dai 43.790 del 2016 ai 39.904 del 2021.
Ma è il confronto con il 2011 a dare ancora di più l'idea dello stato di salute del Pd. Dopo il pasticcio delle primarie e il commissariamento del partito, fu recuperato Mario Marcone come candidato sindaco di emergenza. I Dem non arrivarono neanche al ballottaggio (così come accadrà nel 2016), ma ottennero il 16 per cento delle preferenze, con sei consiglieri eletti. In termini assoluti, i voti furono oltre 68mila, cioé quasi 30mila in più rispetto a quelli odierni.
Certo, c'è l'astensionismo e tutti hanno perso qualcosa in termini assoluti. Ma il dato non può essere ignorato da un partito che, dai tempi del Pci, ha fatto della partecipazione e della base la sua forza e la sua filosofia. L'ultima riflessione da fare è sul confronto con il dato elettorale delle altre città. A Roma, il Pd si è attestato sul 16,4 per cento; a Milano ha sfiorato il 40 per cento; a Torino ha ottenuto il 28,6 per cento; a Bologna addirittura il 36,5. Numeri che rendono il Partito demorcatico napoletano il più debole tra le grandi città italiane.