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Gomorra 3, cosa è successo nei primi due episodi

Debutto per la terza stagione della serie tv su Sky Atlantic

“Il re è morto, viva il re!”: su Sky Atlantic ha finalmente debuttato la terza, attesissima stagione di Gomorra – La serie. Morto un re se ne fa un altro, e dopo la morte di Don Pietro, avvenuta per mano dell’Immortale, desideroso di vendetta, a prendere le redini è stato ovviamente Genny. Il nuovo sovrano di Napoli nord, però, ha dovuto fare i conti non solo con gli altri boss della città, ma anche, soprattutto, con Malammore, fedelissimo del padre: leggi la recensione del primo episodio di Gomorra 3.

LA TRAMA DELL'EPISODIO 1

Era l’uomo più potente di Napoli nord. Era l’uomo più temuto di Napoli nord. Era il re indiscusso di Napoli nord, e nonostante il carcere, la latitanza e un ritorno a casa contrassegnato da continui scontri, era riuscito a riconquistare il potere, e, soprattutto, a vendicare la morte dell’amatissima Imma, uccisa dall’infame traditore Ciro di Marzio. Era tutto questo, ma ora, all’inizio di Gomorra 3, non è più niente. Eppure la presenza di Don Pietro, magnificamente interpretato per due stagioni da Fortunato Cerlino (che prossimamente avremo comunque modo di vedere nella serie Britannia, sempre su Sky Atlantic), impregna tutto il primo episodio della terza stagione della serie.

A occuparsi del recupero del cadavere del boss è ovviamente Malammore, il suo fedelissimo vice, intenzionato a trovare “quella merda di Ciro di Marzio” e tutti i suoi uomini. Il personaggio di Fabio De Caro vuole sistemare la questione non solo per rendere giustizia al suo ex boss, ma anche per avere delle risposte precise per il suo nuovo boss, che si trova a Roma, in ospedale insieme alla moglie. Genny, infatti, è appena diventato padre del piccolo Pietro. Per un Savastano che muore ce n’è uno che nasce, ma intanto il peso dell’impero è tutto sulle spalle del personaggio di Salvatore Esposito, che tra la prima e la seconda stagione ha portato a compimento la sua evoluzione, e ora è pronto a comandare. Il cellulare di Genny squilla: è Ciro, che gli conferma di aver portato a termine la sua vendetta.

Mentre il corpo senza vita di Don Pietro viene portato in un luogo sicuro, un macello, Genny prende in braccio suo figlio e sorride ad Azzurra, che ricambia. Sembrano solo due ragazzi innamorati nel loro giorno più bello dopo il matrimonio, e in fondo, lontano da tutto il resto, lo sono. Il destino, però, ha già deciso per loro, per tutti e tre, ed è proprio vero che le colpe dei padri ricadono sui figli e sulle figlie.

A Napoli, Patrizia è furiosa. Pietro non è a casa, e non si trova: dove diavolo è? Il personaggio di Cristiana Dell’Anna esige spiegazioni dallo zio, e non gli crede quando lui le dice che è tutto a posto. Patrizia ha capito, Patrizia sa: Pietro è morto, l’hanno ucciso. Malammore si rende conto che minimizzare non serve, così le dice che sì, hanno sparato a Pietro, ma che lui è ancora vivo, nascosto in un posto segreto. In questo momento è tutto sulle spalle del vice del clan Savastano, sta a lui evitare lo scoppio della guerra per il potere.

A Roma, Genny comunica alla moglie che deve recarsi a Napoli perché non riesce a mettersi in contatto con suo padre. La farsa continua. Azzurra non fa domande: è pur sempre figlia di Giuseppe Avitabile, sa già tutto quello che deve sapere. A Napoli, Genny va subito a casa del padre, dove trova Patrizia, e mente anche a lei: finge di essere preoccupato, chiede come mai né lui né Malammore gli rispondono al telefono dal giorno prima, le intima di dirgli la verità. “Stai nascondendo qualcosa a me, che sono tuo figlio?”, le dice mentre guarda l’anello che lei porta all’anulare sinistro. Quanto era profondo il legame tra Patrizia e Don Pietro?

Malammore e i suoi uomini, intanto, sono alla ricerca dell’infame, e pare siano sulla pista giusta. Dopo aver carpito informazioni preziose da uno degli uomini di Ciro, arriva però una telefonata di Patrizia: Genny vuole vederlo, e vuole sapere che fine ha fatto suo padre. A questo punto, Malammore non può più mentire, e confessa: Don Pietro è morto. “Non dovevo stare a sentire tuo padre… Se fossi entrato con lui al cimitero, adesso sarebbe ancora vivo”, confessa il vice con un tono intriso di amarezza e senso di colpa, giurando che troverà e ucciderà l’Immortale.

Al macello, davanti al cadavere del padre, Genny non mostra nessun cedimento: la sua interpretazione del figlio furioso è perfetta, probabilmente perché nonostante tutto un fondo di verità c’è. Decidere di eliminare dai giochi l’ingombrante e ormai pericoloso genitore non dev’essere stato facile, ma era una cosa che andava fatta. Malammore, però, comincia ad avere qualche dubbio: d’altronde Pietro doveva incontrarsi proprio con Genny lì davanti alla tomba di famiglia… La risposta di Genny non tarda ad arrivare: “Lo sai come si dice, Malamò? Che il viceré prima o poi diventa il peggior nemico del re”. E Malammore: “si dice anche che al funerale del re l’unico che non piange è il figlio”. Sarà vero che “questo figlio le lacrime se le porta dentro”? Probabile, e comunque “adesso è questo figlio che comanda”, ed è evidente che questo figlio di Malammore non si fida, nonostante non l’abbia detto apertamente.

Mentre Patrizia sta scegliendo l’abito per il funerale, arriva Genny, che le dice di stare tranquilla, per lei ci sarà sempre posto. Lei, però, non lavora per il sistema: lei stava con Pietro e basta. Che Genny abbia stima di Patrizia è evidente, e a confermarlo è la sua decisione di affidare proprio a lei una sorta di confessione decisamente velata: “A uccidere mio padre non è stato Ciro di Marzio, è stato il veleno che tutti abbiamo dentro. Sappiamo che c’è, ma non sappiamo come buttarlo fuori”.

La processione per il funerale dell’ormai ex boss di Napoli nord si tiene a Scampia. In strada, davanti, dietro, attorno alla bara, c’è una folla di persone, a conferma del sostegno della gente al clan Savastano. Il discorso funebre di Malammore è pieno di sentimento: “Mia madre aveva 16 anni quando mi ha avuto. Mio padre non l’ho mai conosciuto. Sono figlio di uno sbaglio, figlio di un ‘malamore’. Io e Pietro ci conoscevamo fin da bambini. Eravamo come due fratelli, ma lui per me è stato come un padre. Diceva sempre: la vita nessuno ce la regala, dobbiamo prendercela. E abbiamo fatto così, sempre insieme. Ora però dobbiamo comportarci tutti bene, perché lui è qui, e vedrà ogni cosa, sempre!”. Un telo che cade e che rivela un murale su una facciata di un palazzo: Don Pietro sarà anche morto, ma sarà veramente sempre lì. Adesso, però, è tempo di tornare dall’amata Imma, insieme per l’eternità nella tomba di famiglia. L’ultimo saluto è quello di Patrizia, che prima di andarsene si sfila l’anello dall’anulare sinistro.

Dopo aver reso omaggio alla memoria di Don Pietro, c’è però bisogno di tornare in azione: a quanto pare gli uomini di Malammore hanno scoperto dove si nasconde Ciro di Marzio. Il viceré e il figlio del re, anzi, il nuovo re, si recano insieme al nascondiglio del traditore, ma prima di entrare nella casa abbandonata dove a quanto pare si trova l’Immortale, Genny chiarisce una cosa: sarà lui a sparare. Si tratta di una trappola: Genny e Ciro si erano messi d’accordo in precedenza, e la situazione si ribalta nel giro di pochissimo. Quando Malammore capisce di essere stato incastrato, è troppo tardi: davanti a lui si materializza il personaggio di Marco D’amore, che gli punta la pistola contro e preme il grilletto, vendicando la piccola Maria Rita.

Il piano di Genny ha funzionato alla perfezione, e a Ciro ormai non resta più niente da fare. Dopo averli visti nuovamente insieme in azione, i due si salutano all’aeroporto. “Dove andrai?”. “Non lo so. Sono stato anch’io a uccidere mia figlia. Devo pagare per quello che ho fatto.”

Per Genny, però, non è ancora tempo di fermarsi. Con la morte del padre potrebbe venire a crearsi un vuoto di potere che potrebbe distruggere gli equilibri della città intera. Gli altri boss – Don Aniello (Nello Mascia), socio in affari e amico di Giuseppe Avitabile, O’ Stregone (Carlo Cerciello), O’ Sciarmante (Pasquale Esposito), O’ Crezi (Carlo Caracciolo) e O’ Diplomato (Andrea Di Maria) – vogliono sapere se è tutto a posto, o se devono aspettarsi guerre per il potere. Senza Don Pietro, e con Genny a Roma, Secondigliano e Scampia rischiano infatti di diventare una bomba a orologeria, e la cosa alla fine danneggerebbe gli interessi di tutti. Genny li rassicura: “La guerra a casa mia è finita, e ora comando io. Noi non ci siamo mai immischiati nei fatti vostri, perché vi abbiamo sempre portato rispetto. E ora voi dovete fare lo stesso.”

Tutto a posto dunque? Parrebbe di sì. Genny torna a Roma e fa una sorpresa ad Azzurra, che è stata appena dimessa insieme al piccolo Pietro: una villa nuova di zecca e dal taglio ultramoderno. “Tu mi hai fatto questo principe, e ora io devo trattarlo come tale”, dice Genny alla moglie, spiegandole che è riuscito a mettere le mani su quella “reggia” grazie a un vecchio amico, Gegé (che ha studiato in Inghilterra ma che è di Secondigliano), che l’ha aiutato a gestire i suoi soldi e a investirli nel modo migliore. La sera, però, a casa Savastano giunge Tommaso Natale. Porta con sé una brutta notizia: un giudice troppo zelante si è fissato su Don Giuseppe, e a quanto pare ha intenzione di indagare ancora più a fondo non solo su quanto accaduto nella seconda stagione (la morte del funzionario avvenuta per mano di Alfredo Natale, uno degli uomini di Avitabile), ma anche su tutte le attività di famiglia. Sicuramente prima di un anno non si parlerà neanche dei domiciliari.

Il primo episodio della terza stagione si chiude con la confessione di Genny ad Azzurra. Dopo aver messo a dormire il piccolo Pietro, Gennaro, che ora sente su di sé tutta la responsabilità dell’essere diventato genitore, le dice la verità: “Non è vero che mio padre se n’è andato da Napoli…mio padre è morto. L’ho fatto uccidere io. Mio padre mi voleva sotto di sé a Secondigliano. Non avrebbe mai accettato qualcosa di diverso. Ultimamente era impazzito, vedeva morti ovunque. Anche noi eravamo in pericolo, e allora ho fatto l’unica cosa che potevo fare: ho protetto la mia famiglia".

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