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Giulia Annichiarico, la ricercatrice napoletana che studia i rapporti “lesbo” nelle scimmie

Una 28enne napoletana protagonista di un'importante ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Behaviour

Qualche giorno fa è stata pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Behaviour un’interessantissima ricerca che indaga la natura dei rapporti “lesbo” nei bonobo. Il primo autore di questa pubblicazione, o meglio autrice, è una ragazza napoletana  che abbiamo intervistato. Per chi non l’avesse mai sentito nominare, il bonobo, Pan paniscus, è una specie di primate non umano appartenente alla famiglia Hominidae. Insieme allo scimpanzé rappresenta la specie più vicina all’uomo. Condivide con noi infatti circa il 98% del genoma, cosa che lo rende un buon modello per studiare l’evoluzione del comportamento umano.

Rispetto agli scimpanzé i bonobo sono un po' meno conosciuti, probabilmente perché sono stati scoperti molto tardi (intorno al 1929) data la loro similarità fisica con lo scimpanzé. Infatti, inizialmente si pensava fossero una sottospecie di questo, ma successivamente è stato elevato a specie a sè. Il sesso in questa specie è spesso svincolato dalla riproduzione (infatti hanno interazioni sessuali anche durante periodi di non fertilità) ed assume invece una funzione sociale. In secondo luogo, a differenza ad esempio dello scimpanzé, nei bonobo non vi è una gerarchia lineare, ma i pattern di dominanza sono molto flessibili, il che porta ad una sorta di co-dominanza all’interno del gruppo. Nonostante non vi sia quindi una gerarchia ben definita un altro lato interessante è che in questa specie sembrano essere le femmine le più influenti all’interno del gruppo. Questo “potere” al femminile è dovuto probabilmente al fatto che in questa specie le femmine sono quelle che formano le più forti coalizioni, mentre i maschi rimangono spesso isolati.

Femmine di bonobo-2

Queste coalizioni tra femmine si sono probabilmente formate proprio come strategia per resistere agli attacchi dei maschi. Conosciamo meglio questo interessante studio e chi lo ha condotto. Ci parli di te?

"Sono Giulia Annicchiarico, ho 28 anni e sono laureata alla magistrale di scienze naturali alla Federico II di Napoli. Ho sempre avuto una grande passione per l’etologia, soprattutto per il comportamento dei primati. Motivata da questa passione decisi di contattare per la mia tesi magistrale la Prof.ssa Elisabetta Palagi, etologa, docente all’Unità di Etologia dell’Università di Pisa, la quale mi ha dato l’opportunità di partecipare a un progetto a lungo termine - che riguarda varie sfere del comportamento dei bonobo - su cui lei lavora da tempo. Il lavoro si è svolto in due parti: per prima cosa abbiamo raccolto i dati al Wilhelma zoo, che si trova a Stoccarda in Germania, per circa 4 mesi. Lo zoo ospita una colonia di 17 individui di bonobo che sono stati il nostro oggetto di studio. Poi ci siamo trasferite a Pisa per l’analisi dei dati. Il team di ricerca è composto da 4 persone, tutto al femminile, come i bonobo d’altronde: siamo io, la prof.ssa Elisabetta Palagi, la Dr. Giada Cordoni del Museo di Storia Naturale di Calci e Marta Bertini, allora studentessa come me e mia grande amica.

Ci parli dell’omosessualità nelle scimmie ed in particolare nei bonobo?

Prima di rispondere è doverosa una premessa: il sesso in questa specie non ha solo funzione riproduttiva, in quanto non avviene solo nel periodo di fertilità ma durante tutto l’anno ed è un comportamento molto frequente (molte volte al giorno!). Nel bonobo il comportamento sessuale assume un ruolo molto diverso: serve a ridurre la tensione sociale tra gli individui, infatti avviene in genere in contesti di alto stress come prima e durante la competizione per il cibo, favorendone la condivisione e dopo un conflitto la riconciliazione. Sembra infatti che il comportamento sessuale, definito anche socio-sessuale, agisca come una vera e propria “colla sociale” tra gli individui, riducendo l’ansia e promuovendo i legami sociali. Questo sembra essere importante soprattutto per le femmine che sono quelle che formano le coalizioni più forti e hanno bisogno di un nuovo mezzo per lo sviluppo e il mantenimento dei loro legami sociali. Infatti, nonostante il sesso in questa specie avviene in tutte le età e combinazioni, dato che il bisogno di una coesistenza pacifica non è limitato solo alle coppie adulte eterosessuali, è particolarmente frequente il comportamento omosessuale femminile. Il bonobo non è l’unica specie ad avere comportamenti omosessuali ma presenta una caratteristica unica: hanno infatti interazioni sessuali in posizione ventrale, ossia faccia a faccia, caratteristica che si pensava fosse esclusivamente umana. È infatti proprio su queste interazioni sessuali che ci siamo soffermate nel nostro lavoro.

Quali sono gli aspetti salienti della tua pubblicazione?

In questo lavoro abbiamo voluto indagare quale sia il ruolo del contatto visivo (eye-to-eye contact, ossia il guardarsi negli occhi) durante i contatti omosessuali femminili. Il contatto visivo nell’uomo è una predisposizione innata e un’importante forma di comunicazione non verbale coinvolta nello stabilire una connessione comunicativa ed emotiva tra i due individui interagenti. È stata ampiamente studiata nell’uomo in contesti affiliativi ma mai in contesto sessuale. Il bonobo rappresenta un buon modello per studiare l’eye- to-eye contact durante le interazioni sessuali. I risultati del nostro lavoro possono essere riassunti in due punti: il primo è che il contatto visivo è più frequente tra individui che hanno legami più deboli, ossia sono meno “amici”. Probabilmente infatti agisce come meccanismo compensativo per promuovere la relazione proprio tra chi è meno familiare, ossia laddove la qualità della relazione è più bassa. Se infatti due individui non si conoscono, hanno bisogno di un maggior scambio comunicativo per promuovere la loro relazione. Inoltre il comportamento sessuale avviene generalmente in contesto di alta tensione e il contatto visivo potrebbe servire per scambiarsi informazioni essenziali e favorire un’interazione rilassata. Il secondo è che le interazioni sessuali caratterizzate da almeno un contatto visivo tra i due soggetti sono quelle più durature. Questo vuol dire che il contatto visivo ha un’influenza positiva sul “successo” e quindi sula durata della performance sessuale e sembra quindi essere un efficace strumento comunicativo coinvolto nel promuovere la relazione e mantenere alta la motivazione. In conclusione il contatto visivo potrebbe essere un tratto evolutivo che è stato probabilmente selezionato positivamente proprio per permettere la coesione tra le femmine, che acquistano potere sociale attraverso i contatti sessuali.

Hai condotto questa ricerca all'estero? Questo periodo di studio lontana dal tuo paese lo hai vissuto come un’opportunità o una costrizione? Cosa ti auguri per il futuro?

In realtà ero talmente entusiasta di questo progetto che sicuramente l’ho visto più come un’opportunità. Inoltre per studiare i bonobo non avevo molta scelta. In Germania è stata la mia prima esperienza all’estero e anche la prima fuori casa quindi ero molto emozionata. Nonostante non sapessi la lingua, stare in Germania e confrontarmi con un paese diverso mi è piaciuto molto. Spero in futuro di poter continuare a lavorare su questi meravigliosi primati ma spero anche di riuscire a rimanere almeno di base in Italia. Ma chissà, si vedrà.

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